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Storia

SILVIO PELLICO A VARESE

FERNANDO COVA - 30/01/2015

pellicoIl 10 settembre 1816 Silvio Pellico scrive da Varese a Quirina Mocenni Magiotti, amante del Foscolo a Firenze: “ Fra pochi giorni vo a Milano; l’ab. di Breme è di ritorno da Losanna, gli farò vedere la vostra lettera del 31, e s’egli avrà ricevuto il pacco di Ugo ve lo manderò subito, subito… Procurerò a Milano di trovare il tempo di farvi una nota esatta ed in regola dei libri di Ugo…”, la lista esatta non fu mai redatta.

Quirina Mocenni incontrò Ugo Foscolo a Firenze nell’ottobre del 1812 nelle sale dell’albergo delle Quattro Nazioni, dove il poeta alloggiava. Tra i due nacque rapidamente una relazione amorosa, che fu la più lunga e costante dello scrittore: il legame durò infatti dall’estate del 1812 all’autunno del 1813 e l’amore e l’amicizia della Mocenni non vennero mai meno. Il Foscolo la definiva la sua Donna Gentile e le dedicò anche una poesia.

All’inizio del 1816 con la complicità di Silvio Pellico acquistò, anonimamente per 1462 lire italiane i 444 volumi che Foscolo aveva lasciato a Milano, salvandoli dalla dispersione: la piccola biblioteca milanese di Foscolo restò in casa di Luigi Porro, dove Pellico risiedette fino al suo arresto, nel dicembre del 1820.

Il ricavato fu inviato, sempre anonimamente, al Foscolo. In occasione dell’acquisto dei libri foscoliani prese avvio il lungo carteggio tra Quirina e Pellico, che avrebbe fatto perno sulla comune amicizia per il Foscolo (come testimonia l’epiteto, «Amica del mio Amico», con cui si rivolge a lei nelle lettere). Questo scambio epistolare si interruppe solo con l’arresto e la prigionia del Pellico e fu pubblicato col titolo “ Lettere alla donna gentile”. La lista succitata si riferiva con molta probabilità a questo acquisto.

Mi domando come mai il Pellico scrivesse da Varese. In una lettera del 16 marzo 1816 confidava a Ugo Foscolo: “Ho venduto i miei giorni e l’ho riputata gran fortuna” in quanto aveva dovuto accettare l’impiego di segretario di Luigi Porro Lambertenghi e di precettore dei suoi due figli, Giacomino e Giulio. Considerava di ricevere un buon trattamento “tavolo, alloggio e mille lire italiane annue per tutta la mia vita”.

Porro Lambertenghi feudatario di Cassina Rizzardi ove allevava bachi da seta, fu il garante finanziario del Conciliatore del quale il Pellico era redattore con Ludovico di Breme. Fu deputato ai Comizi di Lione, poi al Corpo legislativo della Repubblica e del Regno d’Italia, dopo la caduta di Napoleone fu uno dei capi del liberalismo lombardo.

Si dedicò allo sviluppo dell’industria lombarda (introduzione di macchine a vapore nell’industria tessile; sviluppo dell’illuminazione a gas a Milano; navigazione a vapore sul Po; ecc.) sia alla promozione di varie iniziative di carattere economico-sociale. All’arresto del Pellico fuggì in Inghilterra (1822) e fu condannato a morte in contumacia dall’Austria.

L’attività di precettore del Pellico viene descritta da Stendhal con pungente malizia: “Siccome guadagna appena milleduecento franchi col suo insopportabile mestiere di precettore di bambini, non aveva né denaro né vanità sufficienti a far stampare la sua tragedia Francesca da Rimini. Gliene ha coperto le spese il signor Ludovico di Breme. Pellico mi ha fatto leggere i manoscritti di altre tragedie, che mi sembrano più tragiche e meno elegiache di Francesca”.

Sarebbe interessante approfondire la presenza di Pellico a Varese per comprendere se ha lasciato altri ricordi oltre a questo.

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