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Attualità

MATTARELLA/4 IL CUORE, GLI IDEALI

EDOARDO ZIN - 06/02/2015

Mattarella nel 1991 alla Settimana Sociale dell’Azione Cattolica

Mattarella nel 1991 alla Settimana Sociale dell’Azione Cattolica

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito al degrado della politica e alla conseguente sua crisi, che si manifesta nel distacco dei cittadini dalla cosa pubblica e dall’insorgere dell’antipolitica. Alla base di questo deterioramento ci sarebbe la cosiddetta crisi delle ideologie: chi guardava al sole dell’avvenire ha constatato che il marxismo storico è fallito; a destra, chi sognava l’originario appello liberista berlusconiano è rimasto deluso dalla mancanza di una vera cultura politica espressa da un’accozzaglia composta di cortigiani fedeli, ma non pensanti.

Tutto ciò ha contribuito a creare una classe dirigente che ha demolito la capacità di ragionare con mitezza e inabile a mettersi in relazione con ambienti e persone decisivi per far circolare idee. Essa ha creato, oltre ai danni sociali che sono sotto gli occhi di tutti, una prassi politica capace solo di risolvere problemi non con idee, ma con posizioni di potere da conquistare in nome non del bene comune, ma in quello del consenso da trovare con ogni mezzo.

L’elezione di Sergio Mattarella a nuovo Presidente della Repubblica ci fa ben sperare nell’inizio di una nuova stagione politica. Chi ha conosciuto negli anni giovanili Sergio Mattarella sa che sarà capace di riscattare il Parlamento dall’opacità che lo ha ultimamente minacciato e che solo la sapienza di Giorgio Napolitano ha reso meno fosca.

Sergio Mattarella, quando militava nelle file del movimento studenti dell’Azione Cattolica romana e nella FUCI, dimostrava di possedere una rara cultura che lo portava a lunghe discussioni fondate sul confronto non per imporre le proprie idee, ma per convincere. Sapeva distinguere, aveva una logica analitica e il gusto della classificazione delle idee, ma non degli amici. Durante i dibattiti ascoltava attentamente, non interrompeva mai, alla fine esprimeva il suo pensiero che sintetizzava con quello degli altri.

Questa passione la trasferì in politica dapprima nella DC, successivamente nel PPI, nella Margherita e quindi nel PD, restando sempre fermo nei principi essenziali della sua cultura politica. Si confrontava con gli avversari anche all’interno del suo stesso partito, ma non li considerava nemici e non li demonizzò mai. Non ha trasformato il suo piano ideale in lotta d’interessi, di contrapposizioni e di posizioni personalistiche.

Questo alto senso della politica come disinteressato servizio al bene comune e come spazio intessuto con la vita dell’uomo lo guidò durante il suo servizio “ministeriale” alla Pubblica Istruzione (memorabile l’organizzazione degli stati generali dell’istruzione da lui voluti!), alla Difesa, alla vice-presidenza del Consiglio. Sempre ha umanizzato il potere per renderlo strumento al servizio della comunità.

Accanto ad una profonda coscienza morale, ha una rara competenza, un forte senso delle sue responsabilità. La competenza gli deriva dai suoi studi dove ha ricercato la novità e l’aggiornamento. Il senso delle istituzioni gli viene dall’esperienza vissuta nei numerosi impegni politici, ma la coscienza morale gli scaturisce anche dalla formazione ricevuta in età giovanile nelle file dell’Azione Cattolica “che ha segnato – come egli disse pochi anni fa – il mio senso di vita e la mia fisionomia come persona”. Un uomo integrale, dunque, direbbe Maritain.

Un tempo, i partiti avevano le loro scuole (i comunisti alle Frattocchie, i democristiani alla Camilluccia), ma gli allievi provenivano dall’impegno nelle organizzazioni giovanili e dalla pratica amministrativa o sindacale o professionale. Oggi non è più così. Anche un movimento d’ispirazione ecclesiale nato anche per formare e selezionare una classe dirigente ha interrotto il suo generoso fine perché, in diverse occasioni, sono subentrate in esso persone non molto brillanti per competenza e in alcuni casi persino coinvolte in reati personali e collettivi di notevole gravità, con il relativo scandalo creato nelle comunità di origine.

Ci fa piacere che, per la prima volta nella storia repubblicana, i giornali non si siano sbizzarriti a scrivere che, dopo un laico, al Quirinale doveva andare un cattolico: significa che l’Italia ormai è diventata matura e ha abbattuto storici steccati.

Ci fa ancora più piacere che Sergio Mattarella non sia etichettato come “cattolico”. Egli è un laico cristiano, credente, che non ostenta la sua fede, ma che aiuterà il Paese con la sua autorevolezza intrisa di carità. Prenderà le distanze da quanti lo solleciteranno a concedere favoritismi. Non dedicherà la propria esistenza al male, ma si adopererà per la giustizia usando le armi della Costituzione e della prudenza.

Siamo lieti, infine, che il partito di maggioranza relativa abbia espresso una persona che è manifestazione di una delle sue due “anime”: quella popolare solidaristica cristiana. I media inseriranno Sergio Mattarella nel catalogo della gente che non sa sorridere. Dopo l’abbuffata di barzellette raccontate anche in Consiglio dei Ministri, di pacche sulle spalle, di ostentate strette di mano e di baci alle vecchiette, anche questo atteggiamento concorrerà a ridare autorevolezza e sicurezza alle istituzioni. Lo classificheranno tra i “visi pallidi”, dimenticando che ad accendere le passioni non sono le lampade abbronzanti, ma gli ideali racchiusi nel cuore. Ci sarà chi lo proscriverà come un antipatico e cavilloso leguleio: sono coloro che confondono il rigore con la faciloneria.

Il nuovo Presidente della Repubblica sarà senz’altro all’altezza dei tempi: s’impegnerà per allontanare la partigianeria e unire l’Italia, inserendola con maggior prestigio nella storia e nel mondo d’oggi. Sarà la rinascita non solo del Paese, ma della Politica.

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