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Attualità

DOPO I GIORNI DELLA MEMORIA

MARGHERITA GIROMINI - 13/02/2015

memoriaC’è qualche legame tra gli incontri della settimana dedicata alla Memoria della Shoah (ormai un solo giorno è insufficiente a contenere le tante iniziative in campo) e gli episodi di vandalismo dei ragazzi che una decina di giorni fa hanno rovinato una carrozza di Trenord? Apparentemente tra i due eventi non esiste altro nesso che non sia l’età dei soggetti considerati.

I fatti. Mercoledì 28 gennaio accompagno a Luino Stella Bolaffi, ebrea torinese ma varesina d’adozione, psicanalista, autrice di un libro sulla sua infanzia di bambina ebrea in fuga dai nazifascisti. Al Teatro Sociale ci aspettano duecentocinquanta studenti del biennio del liceo scientifico Sereni: sono riuniti per commemorare la Shoah, aiutati dalla testimonianza di Stella, figlia del partigiano Giulio e nipote di Alberto, il fondatore dell’impero filatelico Bolaffi. I ragazzi si mostrano interessati, seguono con il respiro sospeso le vicende degli anni di guerra dopo l’8 settembre, quando lei e il fratellino Alberto fuggono da Torino perché ricercati dai nazifascisti in quanto ebrei oltre che rei di risultare in possesso della cittadinanza inglese, elemento per un ulteriore accanimento da parte dei repubblichini. L’autrice legge stralci del suo libro dove si narra di rifugi come quello di Anna Frank, di pasti a base di erbe di montagna, di un’infanzia senza scuola e di momenti di terrore, in un contesto di privazioni e di stenti.

Non si nota un solo ragazzo disattento. Quando è il momento degli interventi dal pubblico, numerosi sono coloro che chiedono la parola. Domande pertinenti, che dimostrano sensibilità e partecipazione. Un ragazzo chiede a Stella come abbia potuto vivere segregata dieci giorni in un rifugio segreto, senza parlare e senza muoversi, e quale fede l’abbia sostenuta in quelle ore. Il flusso delle domande si interrompe solo quando si fa tardi, mentre numerosi ragazzi si affollano a comperare il libro.

28 gennaio, stesso giorno: un gruppo di giovani vandali distrugge un vagone delle Nord tra Cittiglio e Laveno. Gli esecutori dell’azione sono coetanei dei ragazzi che ascoltavano Stella Bolaffi con il fiato sospeso. Magari anche questi sono bravi ragazzi, giovani apparentemente tranquilli a casa come a scuola. Che, un giorno qualunque, protetti dal branco, dopo qualche birra di troppo, decidono (immagino senza lunghe riflessioni) di esercitarsi nella bravata del giorno. Distruggere un intero vagone: diecimila euro di danni. L’impresa viene filmata da un viaggiatore-spettatore, il video approda su You Tube e i vandali vengono riconosciuti. Il resto lo abbiamo letto sui giornali. I ragazzi si dicono dispiaciuti, danno la colpa all’alcol in eccesso.

Mi colpiscono l’atteggiamento di irresponsabilità e l’inconsapevolezza del proprio agire. Eppure… hanno la medesima età dei compagni del liceo Sereni, di coloro che sedevano composti a teatro per imparare una lezione di storia dalla viva voce di una testimone diretto.

Che cosa divide gli uni dagli altri? Una diversa educazione? La famiglia? La scuola? Le esperienze di vita? Difficile individuare una causa ben precisa. Sappiamo che tanti istituti superiori hanno dedicato ampio spazio alle iniziative sulla Memoria. Anche i ragazzi del treno avranno avuto l’opportunità di commemorare a scuola la giornata della Memoria, guidati dai professori e stimolati dalle diverse proposte: conferenze, film, testimonianze, visite guidate. Poi sono tornati a casa in treno insieme agli amici della propria e di altre scuole. Ma la lezione appresa a scuola, come si è collegata alla vita reale, alla richiesta di essere cittadini corretti?

È vero che da giovanissimi si può deviare dai comportamenti corretti in un tempo anche molto breve, spesso senza una ragione apparente, talvolta perché trascinati dalle circostanze, in altri casi attratti dalla facilità con cui si può delinquere e “farla franca”. E dichiarare candidamente che non si intendeva fare del male a nessuno né danneggiare alcunché.

Pensiamoci, parliamone, aiutiamo i ragazzi a capire se stessi e a interpretare la realtà. Tocca a noi educatori individuare i percorsi più efficaci. Per loro e per noi.

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