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Politica

PERCHÉ LE PRIMARIE

GIUSEPPE ADAMOLI - 19/02/2015

primarieLe primarie in Italia, diversi anni fa, sono state sperimentate ed attuate nel centrosinistra e mai prese seriamente in considerazione nel centrodestra. Può apparire strano che una prassi totalmente americana abbia avuto questo seguito politico unilaterale ma non così tanto.

La primarie sono state una delle risposte alla crisi dei partiti degli anni Novanta. Crisi del modello tradizionale che sopravviveva nelle forze confluite nel centrosinistra mentre sull’altro versante dominavano già i partiti carismatici di Berlusconi e di Bossi.

Ai partiti della prima Repubblica, o a ciò che di essi rimaneva, non era stato sufficiente cambiare nome o fare lifting. La generosità, la fedeltà, la passione di un enorme numero di iscritti e militanti, peraltro declinante, non bastavano più. Per recuperare la fiducia dei cittadini bisognava cambiare la vecchia politica ideologica (risultato perseguito a strappi e con fatica) ma anche aprire nuovi canali di partecipazione al di fuori delle sezioni e dei circoli.

Le feroci polemiche intorno alle primarie in Liguria, e in altre città e regioni, sul rispetto delle regole (in parte vaghe e imprecise) stanno mettendo in discussione questo strumento. Un errore se accadesse davvero. È però indispensabile regolamentarle in modo più stringente e trasparente per evitare inquinamenti purtroppo possibili.

Sarebbe molto utile se la nuova legge elettorale (Italicum) introducesse le primarie, sia pure lasciandole facoltative, e disciplinasse le regole obbligatorie per chi le tenesse. La pregiudiziale contraria di una parte importante dei partiti che hanno fin qui votato l’Italicum (Forza Italia e centristi) ha impedito il raggiungimento di questo risultato ed è un vero peccato.

Le primarie hanno funzionato bene per la leadership del PD, per la designazione del candidato premier, per le città. Meno bene per le regionali. La spiegazione è semplice. Per le competizioni nazionali, la posta in palio, i candidati, i progetti sono conosciuti attraverso giornali e Tv. Nelle città la mobilitazione è forte, spontanea, informata. Per le Regioni è diverso e più complicato. Se attuarle o no per il candidato presidente delle Regioni dovrà essere oggetto di profonda riflessione.

Primarie di partito o di coalizione? Ecco un altro dilemma che sempre scatena forti controversie. Per le elezioni nazionali l’Italicum potrebbe il problema se il premio di maggioranza sarà alla lista e non alla coalizione. In questo caso le primarie riguarderanno soltanto la lista, sia per il vertice sia, eventualmente, per i parlamentari.

Per le città il problema dovrebbe essere di facile soluzione. Se ci sarà una coalizione (fra partiti o fra partiti e liste civiche) è giusto che tutta la coalizione partecipi alle primarie per il candidato sindaco con i propri rappresentanti (chi ha più filo tesserà più tela), altrimenti avremmo figli e figliastri. Questa scelta comporta che le decisioni sui candidati, sui progetti, sulle alleanze siano prese alcuni mesi prima delle votazioni ufficiali. È un fatto molto positivo che giova alla chiarezza delle elezioni amministrative.

Se a Milano, Varese, Busto, Gallarate la lista, o la coalizione, trova un candidato unitariamente accettato, le primarie potrebbero essere considerate superflue. Altrimenti sono il modo più democratico per sciogliere i nodi. Il vincitore sarà il candidato di tutti e a nessuno sarà poi concesso di non riconoscerlo e non sostenerlo.

 

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