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Cultura

LA SCUOLA DEL FUTURO

FELICE MAGNANI - 27/02/2015

scuolaLa scuola è uno straordinario bacino di sviluppo educativo e formativo, è il luogo in cui la Costituzione italiana si realizza attraverso una graduale acquisizione di sollecitazioni culturali che hanno come obiettivo finale la creazione di una identità libera, consapevole, individuale e sociale, capace di saper riconoscere autonomamente il senso vero e profondo dei diritti e dei doveri che governano la condizione umana. A scuola l’individuo diventa persona, cittadino, capace d’interagire con quella società che lo accoglie, proponendogli un’infinita serie di proposte esistenziali.

È in questa ascesa che si formano la coscienza individuale e quella collettiva, capaci di approdare in uno spazio sempre più allargato della dimensione umana.

Se molto tempo fa la scuola era all’interno di un contenitore che ne circoscriveva i confini, oggi ha assunto una valenza molto più ampia, dove il particolare esiste e si rafforza in una prospettiva educativa che si muove tra usi e costumi molto diversi e lontani tra loro. La scuola assorbe, riceve e rielabora una somma di culture che cercano spazi di convivenza dedicati al confronto, al dialogo, alla mediazione, alla capacità di unire e di rielaborare senza costringere alcuno a perdere la propria identità, la capacità di diventare soggetto di progresso collettivo. La scuola non può chiudersi, essere di natura suppletiva, assistenziale, deve avere la capacità di agire, di consolidare e potenziare una dimensione più grande della dignità umana, dove i soggettivismi rimangono, ma come fautori di coscienza universale e dove le materie d’insegnamento diventano realmente il volano di una nuova civiltà, la civiltà di uomini e donne che vivono e operano con ampi spazi di relazione e di comprensioni condivise.

È anche per questo che s’impone d’ investigare le caratterizzazioni degli autori e delle discipline, la loro proprietà di costruire mondi più articolati, fondati su forme cognitive, educative e legislative di ampio respiro. I tempi moderni impongono la necessità di rivedere la scuola e i suoi contenuti, le sue finalità, le sue modalità attuative, la sua capacità di saper corrispondere in modo adeguato ai diritti e ai doveri di tutti i cittadini. A fronte di una cultura dell’arretramento o dei particolarismi coercitivi, si profila quella della valorizzazione dell’uomo e della donna in una dimensione dove si richiedono spazi più ampi da corrispondere ai bisogni formativi ed educativi delle persone. Si chiede quindi un passo avanti nell’analisi e nella rielaborazione, nella capacità di saper evincere da ciascuno ciò che aiuta e serve per sentirsi capito, integrato e realizzato.

Due sono le possibilità: rinchiudersi o aprirsi, esercitare una cultura del rilancio e della proiezione o una cultura del riformismo nazionale vecchio stampo, basato sull’introduzione di qualche novità che dia l’apparenza del nuovo. Rimanere appollaiati o cercare di trasformare la bellezza in un rafforzamento cosmico della civiltà dell’amore educativo. È in questo conflitto di sistemi e idee a confronto che la scuola deve trovare risposte unitarie, perché la realtà abbia una rappresentanza sicura, in una condizione rassicurante per coloro che la ricevono. Dunque non si tratta di sminuire o peggio ancora abolire autori o discipline della cultura nazionale, ma di dimostrare quanto importante sia tutto ciò nel quadro di una spinta intellettuale che va oltre i localismi. Il problema è come corrispondere a un modello educativo e culturale che rifletta la lenta ma inesorabile trasformazione dei massimi sistemi nazionali in proiezioni sovranazionali.

Come dovrebbe essere la scuola del futuro? Somma di entità diverse ma subordinate o entità libere a confronto che valorizzino ampi spazi di crescita comune?

È ancora possibile nella condizione odierna parlare di primati o di subordinazioni, di culture avanzate o di culture retrograde, di discipline primarie o di discipline secondarie? È ancora umanamente ammissibile che nel mondo ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B? Cittadini che hanno tutto ed altri che non hanno niente? Fermo restando che la cultura, anche quella scolastica abbia un punto di aggregazione e uno di rilancio, un punto di arrivo e uno di partenza.

È umanamente accettabile che la cultura resti paralizzata in élite che ne facciano uso personale, senza corrispondere la dimensione di una cultura dell’ emancipazione dell’essere umano, fuori dagli schemi di una valutazione economico/finanziaria che trasforma gli esseri umani in prodotti da comprare e da vendere? Quale deve essere il principio informativo di una scuola del rilancio?

La scuola come l’abbiamo vissuta è stata in molti casi vittima di eccessi di subalternità umane e culturali vincolati alla politica di turno, alla classe sociale, al potere, ha risentito di strumenti e metodi strettamente legati ad una visione “autoritaria” della condizione umana. In alcuni casi ci siamo resi conto di quanto fosse parziale il concetto di cultura sociale, la forza sociale stessa della cultura, lasciata in molti casi alla mercé di rappresentanti impegnati in una visione del tutto personalistica. Una scuola che ha risentito moltissimo di fonti che hanno promosso valori di “classe”, fuori da quella visione social popolare tipica della filosofia delle cose umane. In molti casi si è anteposto il privato al pubblico, rafforzando divisionismi e frazionamenti imposti alla vocazione umana del conoscere e del sapere. Da una parte i fautori di una cultura fortemente attrezzata per la formazione del potere, dall’altra percorsi studiati per mantenere il popolo in una sorta di limbo mediatico. Le riforme non sono mai state all’interno di una visione veramente democratica della cultura societaria.

La scuola chiede di diventare realmente il luogo dell’evoluzione umana, dello studio, della ricerca, del corpo e della mente, della promozione sociale, chiede soprattutto d’ interpretare il senso democratico di una storia che l’ha vista per troppo tempo ancorata a differenze e diversità. In questo suo nuovo percorso chiede di poter fruire di luoghi dove la cultura sia anche spazio, ambiente, psicologia applicata, luogo ideale in cui diventi possibile trasferire a tutti i grandi valori che sono stati alla base della nostra credibilità culturale nel mondo in un ambito direttamente proporzionale alla vocazione cognitiva del nostro paese in rapporto ad un nuovo e più ampio impegno sul fronte del diritto privato e di quello pubblico.

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