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Attualità

SCUOLA/1 L’IMPORTANZA DELL’AGGETTIVO

MARGHERITA GIROMINI - 20/03/2015

buona-scuolaNella struttura della frase la lingua italiana prevede che gli elementi informativi, per esempio quelli di un nome, siano collocati a destra del nome stesso. Di norma avremmo dunque, a destra del nome “scuola”, l’aggettivo “buona”, e quindi la scuola buona. In questo caso saremmo di fronte a una posizione “normale” dell’aggettivo in una sequenza, ci spiega l’Accademia della Crusca, “informativamente neutra”.

In linea generale, un aggettivo che sta a destra gode di maggiore oggettività, come il cielo azzurro (quello della Lombardia manzoniana – aggettivo “manzoniano” a destra). Un aggettivo spostato a sinistra, invece, denota una maggiore soggettività. Un uomo buono è oggettivamente una persona riconosciuta portatrice di bontà, mentre un buon uomo è una persona che io ritengo, per mia esperienza, una persona con caratteristiche in qualche modo legate al concetto di bontà.

Gli aggettivi qualificativi “non verificabili secondo un criterio assoluto”, risultano pertanto suscettibili di un atteggiamento valutativo da parte del parlante – il documento governativo –. Sono del tipo, sempre ad esempio: bello, buono, alto, basso, vecchio, giovane. Abbiamo scelto aggettivi di uso comune, come comune, cioè poco ricercato, è per l’appunto l’aggettivo “buono”.

 Facciamo l’esercizio di provare a delineare le differenze, linguisticamente parlando, tra una “scuola buona” e una “buona scuola”. Con riferimento, è evidente, al progetto renziano di riforma dell’istituzione educativa che accoglie i nostri bambini, i ragazzi, i giovani adulti per un lungo periodo di tempo, in media dai tre ai diciotto anni, definita appunto “La buona scuola”. Quando si parla di una scuola BUONA, si insiste sull’aspetto fisico, materiale, reale di tale ente. Significa che stiamo parlando di una scuola efficiente ed efficace, che esprime competenze, professionalità, strutture oggettivamente e visivamente BUONE.

Una BUONA scuola sarebbe quella delle intenzioni, buona in senso traslato, e cioè una scuola che vorrebbe possedere le caratteristiche di cui sopra, ma non le possiede ancora.

Dalla riflessione linguistica a quella politica. Staremo a vedere se le intenzioni della BUONA scuola sono davvero intenzioni BUONE. È una strategia buona, ad esempio, attribuire ai dirigenti scolastici il potere – grande – (aggettivo posposto quindi materialmente grande) di scegliere gli insegnanti? Funzionerà e saprà migliorare il nostro sistema educativo pubblico?

Gli anni a venire ci diranno se i docenti appartenenti a quel 5% meritevole dell’aumento di stipendio sono davvero “bravi”, perché individuati come tali dal proprio dirigente, mentre l’altro 95% resterà nel limbo a sentirsi meno bravo degli altri. Auguriamoci che alla Camera e al Senato si avviino tanto una buona discussione quanto una discussione buona, che sia allo stesso tempo serena e democratica, aggettivi che possiamo collocare davanti o dopo il sostantivo “discussione”.

Ne abbiamo bisogno, dal momento che in gioco c’è il futuro, senza aggettivi, delle prossime generazioni.

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