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Attualità

SCUOLA/2 IL TEMA DELL’AUTONOMIA

LUISA OPRANDI - 20/03/2015

autonomiaL’autonomia delle scuole, di stretta attualità benché siano passati quindici anni dall’entrata in vigore dello specifico Regolamento, ha avuto il merito di individuare la necessità di concreti legami tra le istituzioni scolastiche e il territorio, di fare coesistere nel piano di studi gli obiettivi nazionali e quelli territoriali e di esigenza di studenti e famiglie, ma ha arrancato, in tutto questo tempo, per trovare applicazione: scarse le risorse a disposizione degli istituti scolastici, vincolanti le strettoie delle ore cattedra assegnate a ciascun docente e conseguenti salti mortali per mettere in pratica la didattica dei percorsi personalizzati che la centralità dello studente richiede. Le prospettive della autonomia scolastica e le politiche di restringimento della cinghia, per risparmiare sul versante dell’istruzione, non si sono dunque incontrate, mettendo in second’ordine le potenzialità innovative che le scuole autonome avrebbero potuto stimolare e far crescere.

Per attivare reali e continuativi progetti di valorizzazione della diversità degli alunni, potenziando le eccellenze, supportando le esigenze di recupero o ampliando l’offerta formativa con progetti mirati a rispondere ai bisogni di studenti, famiglie e territorio, occorre infatti che ogni singolo istituto abbia a disposizione un organico “funzionale” alle esplicite necessità. Questo l’aspetto, a mio avviso, maggiormente incisivo del decreto governativo sulla scuola di questi ultimi giorni. Le risorse umane disponibili per le singole scuole possono così diventare una reale ricchezza professionale, culturale e formativa da impiegare in percorsi che caratterizzano le specifiche realtà dentro le quali le istituzioni scolastiche sono inserite.

Diventano quindi concretamente – e maggiormente praticabili di quanto non lo siano ora – la didattica laboratoriale, la costruzione di ambienti di apprendimento inclusivi, l’attività per gruppi di alunni o dedicata a singoli studenti per valorizzarne le potenzialità individuali e le diversità. Da che l’epoca degli stretti programmi ministeriali di riferimento è superata, per semplificare diciamo che nel piano di studi di una scuola esistono anzitutto degli obiettivi di competenza garantiti a livello nazionale e che individuano un profilo dello studente al termine di ogni ciclo dell’istruzione. È definito quindi quello che potremmo definire uno “zoccolo duro” di competenze alle quali si riferiscono tutte le scuole della penisola e che consolida l’esigenza di favorire l’acquisizione per ogni studente di competenze irrinunciabili, di apprendimento e di cittadinanza.

E poi c’è l’aspetto per così dire “caratterizzante”, che deriva dalla specificità del territorio di appartenenza della singola scuola e dalle esigenze di studenti e famiglie. L’autonomia valorizza questa diversità perché la scuola sia in grado di rispondere al bisogno formativo di tutti, garantendone il successo e le pari opportunità di costruzione del futuro. La disponibilità di un “organico funzionale”, cioè rispondente ai reali bisogni progettuali e curricolari delle singole istituzioni scolastiche, determina un considerevole e positivo cambiamento di prospettiva perché offre un respiro negli ultimi anni negato dal ridimensionamento di risorse economiche e, conseguentemente, anche di docenti da valorizzare, utilizzare, rendere operativi per affiancare gli alunni e realizzare gli obiettivi.

Il decreto recente va inoltre a insistere su un ulteriore aspetto strettamente legato alla valorizzazione delle risorse professionali e all’incentivazione economica del “merito” dei docenti. Letta in termini riduttivi e sintetici, la proposta ha ricalcato nell’opinione pubblica lo stereotipo della valutazione sommaria e lasciata a indici di riferimento unilaterali di dirigenti scolastici e non bene definiti “consigli di docenti”.

Interpretata in stretto rapporto alle modalità innovative della personalizzazione della didattica e alle esigenze di un nuovo modo di fare scuola, la valorizzazione del merito dei docenti assume il valore positivo di capacità all’interno delle singole istituzioni di creare dei percorsi dinamici e virtuosi dentro i quali ogni docente può mettere in gioco le proprie specifiche competenze, anche extraprofessionali, e la propria formazione pedagogica.

La scuola progetta, individua percorsi educativi e didattici mirati rispetto ai bisogni degli alunni, coinvolgendo i professionisti della didattica in forme partecipative e collaborative che verrebbero ulteriormente riconosciute anche a livello economico. Ogni scuola verrebbe chiamata a interpretare i dati relativi alla propria specifica fisionomia demografica e territoriale, a individuare i punti di forza che la caratterizzano, quelli di debolezza da migliorare e le risposte professionali da potenziare in relazione agli obiettivi posti.

Bene interpretata, dicevamo, la valorizzazione del merito dei docenti non andrebbe a coincidere esclusivamente con il computo di ore aggiuntive all’insegnamento a supporto dell’organizzazione, ma diventerebbe l’opportunità di incentivare le singole competenze messe in campo per potenziare l’acquisizione degli apprendimenti e per applicare didattiche innovative. Diventerebbe l’occasione per incentivare quella professionalità che già i docenti praticano, senza che però tale competenza sia attualmente riconosciuta non solo economicamente, ma anche socialmente.

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