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Cultura

RUPNIK/1 ARTE E SPIRITUALITÀ

EDOARDO ZIN - 03/04/2015

rupnikIl nuovo battistero della comunità pastorale Sant’Eusebio – inaugurato nella chiesa di Casciago domenica 22 marzo – coniuga teologia e liturgia, intreccia arte e spiritualità, fonde insieme uomo e cosmo, invita persona e comunità a ritrovarsi nelle celebrazioni per ripartire da lì e camminare con tutti gli uomini lungo la strada di ogni giorno.

Lo spazio liturgico occupa il transetto di destra della chiesa neo-romanica. È lì che Padre Marko Rupnik, il celebre gesuita sloveno che ha fondato il “Centro Aletti” di Roma, dove, con il suo cenacolo di collaboratori, consacrati e laici, è impegnato a gettare un ponte tra occidente e oriente, ha ideato il grande mosaico che ricopre il catino, l’abside e le pareti laterali del transetto destro, ricavato demolendo un tramezzo che lo separava dalla navata centrale.

Il pavimento, collocato in uno spazio circolare, che esprime il mondo divino entro cui il battezzando accede, è bianco, attraversato da due croci dorate che si intersecano. Nel punto della loro confluenza s’innalza il fonte a forma di calice.

Il catecumeno che viene immerso nel fonte, imputato di tante colpe commesse con la sua libertà e la sua volontà, ne riemerge ricco di grazia. Entra nel fonte morto come Cristo nel sepolcro e ne esce vivo, come il Risorto nella Pasqua, realizzando in maniera piena, chiara ed efficace i frutti della redenzione. È peculiare dei fratelli orientali accostare il battesimo al ministero pasquale di Cristo, alla sua morte e alla sua resurrezione. Ogni uomo con la discesa nel mondo della morte, sperimentata nel peccato, “risorge” alla vita che non avrà fine con il battesimo.

Nell’acqua, lo Spirito invisibile si mescola con l’acqua visibile, distrugge l’uomo vecchio, riveste il cristiano di Cristo e lo rende uomo nuovo, conforme a Lui, il nuovo Adamo. Nel grande mosaico che riveste la parete, l’abside, il catino e il soffitto del transetto “si legge” (il mosaico è un’icona!) la discesa di Gesù agli inferi dov’è calato – nel tempo che intercorre tra la sua morte e la sua resurrezione – per proclamare la salvezza. “Cristo – scrive Pietro nella sua prima lettera – patì una volta per sempre i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio, messo a morte nella carne, ma reso vivente nello Spirito; e nello Spirito andò a portare l’annuncio della salvezza agli spiriti in prigione”.

Dal Padre, raffigurato Pantocratore come nelle antiche chiese bizantine (e che noi possiamo ammirare anche in Santa Maria foras portas a Castelseprio) discende il Figlio per salvare Adamo e Eva che rappresentano l’umanità intera con tutte le sue colpe.

Cristo raggiunge il primo uomo e la prima donna là dove non c’è speranza, ma solo disperazione: è il segno evidente che non c’è alcuna situazione umana che possa essere salvata dalle energie del Risorto.

Cristo ha i piedi e le mani trafitte; da una di esse, Eva si lascia teneramente trasportare; il volto di Cristo è simile a quello di Adamo perché l’umanità è stata creata con l’immagine divina e votata ad una relazione interpersonale. Adamo è scoraggiato, abbattuto, avvilito, ma ha grande desiderio di risollevarsi e tende la mano al Salvatore per poter rinascere. Cristo si fa incontro all’umanità intera, parla con essa e la libera. L’uomo moderno, che conosce il male e non può rimuoverlo né negarlo, debole e glorioso al tempo stesso, capace di infamie e di erosimi, si riconosce in loro.

Cristo, mandato dal Padre a salvare l’umanità, è ricoperto da un mantello bianco che racchiude come “grappolo legato alla vite” l’immagine dei santi titolari delle quattro parrocchie che fanno capo alla comunità pastorale: Martino (Barasso), Agostino e Monica (Casciago), Ippolito e Cassiano (Luvinate), Ambrogio (Morosolo). Ad essi si unisce il vescovo Eusebio a cui è dedicata l’intera comunità pastorale.

I santi sono posti tra Cristo e il Padre, procedono fra loro due e diventano gli intercessori (= da “inter-cedere”) fra l’unico santo (Cristo) e il Padre.

Il volto del Pantocratore parla (“Io sono la vita”) e da lui si diffondono raggi di luce che giungono a comporre una tenera mano da cui si diffonde la luce che illumina il fonte: è la mano di Dio Padre, non ferita come quella del Figlio, ma tenera, fatta di affetto, di finezza, di dolcezza, di intensità. È la mano che ci ricorda che “siamo opera delle sue mani”. È la mano che non lascia cadere l’uomo fuori dalle sue palme.

Il sublime poema teologico è espresso da elementi artistici necessari per creare una bellezza che non sa di sfarzo. È opera sacra, creazione dell’uomo: di Marko Rupnik, della sua équipe, degli architetti, di tutte le maestranze.

Contemplando il mosaico, sbocciano nell’animo del fruitore i colori, impasti naturali o chimici: l’oro – altro richiamo dell’arte bizantina! – che esprime la santità e la fedeltà di Dio perché è il materiale più luminoso e più duraturo che esista e nel contempo il dono più prezioso che le creature donano al loro creatore; il bianco, assenza di colore, esprime lo Spirito; il nero richiama la notte del male, dei drammi che nascondono i misteriosi inediti della storia dell’umanità; il rosso, colore del sangue, il più intenso dei colori, indica la divinità e il blu, complementare del rosso, l’umanità. Gli occhi dei personaggi sono di un nero profondo: quelli di Cristo mirano all’anima, vanno direttamente al cuore, quelli di Adamo e di Eva contemplano la gloria della salvezza.

Il colore è espresso dal cosmo intero: il marmo del fonte è di materiale solido come il grembo della chiesa e proviene dalla Macedonia, le vetrate da Zagabria, fino ai ciottoli marroni che riempiono il fondale degli inferi, raccolti nel vicino lido della Schiranna.

Nel battistero troverà posto il Cero pasquale; è già stata predisposta nella parete una cavità dove saranno conservati i vasi con gli olii sacri. Don Norberto, il parroco, è intenzionato ad ascoltare le confessioni in un angolo del battistero, quasi ad indicare che esso è il luogo privilegiato per la seconda nascita, l’oasi in cui, scavando nella profondità del cuore e della verità, il peccatore va a cercare il perdono, il posto della sosta per rimettersi in piedi dopo la caduta e del riposo per chi ha fatto un lungo cammino di conversione.

Karl Kraus, lo scrittore tedesco tagliente e ironico, nei suoi scritti ha detto: Arte è ciò che il mondo diventerà, non ciò che il mondo è. Dal battistero di Casciago usciranno donne e uomini fedeli al battesimo ricevuto e si faranno annunciatori della Parola, missionari di carità, animatori di speranza.

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