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Attualità

PIAZZA REPUBBLICA E LE ARCHISTAR

OVIDIO CAZZOLA - 24/04/2015

A giugno la demolizione dei gradoni

A giugno la demolizione dei gradoni

Potrebbe essere la politica dell’annuncio, potrebbe essere una convinzione. Piazza delle Repubblica torna in evidenza nel dibattito locale. Un progetto dignitoso realizzato alcuni anni fa, si è rivelato corresponsabile di presenze, comportamenti che richiedono una visibilità diversa dei suoi spazi.

La vita cittadina in questo luogo non è attirata, in attesa anche del ruolo che si vuole assegnare alla ex caserma.

Sono evidentemente problemi preliminari che vanno affrontati e che nessun bando di architettura potrebbe risolvere convenientemente. Perché la città è un luogo di relazioni che si riflettono, dovrebbero riflettersi, con delicatezza nella ‘scena’ urbana.

L’attività immobiliare varesina ne ha combinate di tutti i colori nei due decenni successivi all’ultimo dopoguerra. L’affare ha avuto la prevalenza sul senso della misura e sul rispetto della storia. Ora vanno di moda le cosiddette archistar che sarebbero ispirate da chissà quale celeste illuminazione. La loro opera diffusa nel mondo dimostra una cosa soprattutto: il bisogno di esibire le loro pensate all’ammirazione della gente.

Ma che cosa conoscono le archistar dei bisogni profondi di una città? Ignoranza, esibizione e fuga.

La qualità del progetto è sempre assolutamente importante, ma si deve fondare sui problemi reali che deve risolvere. A giugno saranno demoliti i ‘gradoni’, entro fine mese saranno pubblicati i ‘bandi’ per la caserma e per il teatro. Poi la fase esecutiva.

Bisognerebbe che la città potesse essere informata su quanto i ‘bandi’ chiederanno ai potenziali progettisti. Ossia sul ruolo che la città intende assegnare, con maggiore consapevolezza rispetto ai mesi passati, alla piazza.

Cominciamo dalla caserma. Dal 1866 a non molti anni fa è stata sede di presenze militari. È stata confermata la sua valenza storica e la necessità della sua conservazione. Questo non esclude, nell’ambito di una corretta progettazione di riuso gli adattamenti necessari per nuove funzioni. Ma queste funzioni non sono state ancora individuate.

Credo sia da scartare l’ipotesi del trasferimento in questo edificio della biblioteca civica che verrebbe allontanata irragionevolmente dalla Città studi. Ma occorre assegnarle un ruolo di frequente uso pubblico, condizione necessaria per la rivitalizzazione della piazza. Aprendo verso lo spazio pubblico un porticato che rispetti l’architettura originaria dell’edificio. I problemi da affrontare per la caserma sono molto semplici e non si capisce perché si dovrebbe pubblicare un ‘bando europeo’ con chiamata di archistar. Forse non abbiamo architetti in Varese in grado di progettare il recupero e riuso della caserma?

Più complessa è la questione ‘teatro’. Perché non si è voluto finora avviare un discorso che interessa tutta l’area varesina prealpina sulle prospettive strategiche che si potrebbero ormai, necessariamente, delineare. La crisi alberghiera dell’area si connette con una rinnovata capacità di attrazione e di accoglienza che si è assopita con la prima guerra mondiale. La nostra bellezza è sempre presente, attonita. Ma le Amministrazioni pubbliche non avvertono ancora. Si parla ancora una volta di teatro come se ne sarebbe parlato nel Sette-Ottocento. Ma oggi sono le attività congressuali che attirano.

Como nella sua limitata struttura congressuale di Cernobbio è l’unica offerta scomodamente presente nell’area prealpina. Eppure è a Cernobbio che lo studio Ambrosetti riscuote ogni anno importanti presenze e attenzione. Possibile che l’insufficienza evidente delle Ville Ponti non ispiri la necessità di una riflessione al riguardo? Che senso ha pubblicare un ’bando europeo’ per un nuovo teatro in piazza della Repubblica quando non si è ancora a sufficienza riflettuto sulla rilevanza strategica che per la nostra area prealpina avrebbe un adeguato Centro Congressuale, come i redattori del PRG degli anni ’90 raccomandavano? Ma la rilevanza degli annunci è allora prevalentemente politica o culturale?

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