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Attualità

IL ROVESCIO CHE CI MANCA

FLAVIO VANETTI - 24/04/2015

stadioMi sono stufato. Che è più forte di mi sono stancato. Anzi, diciamo che può essere una civile ed educata sostituzione di mi sono rotto le…. Da troppo tempo, ormai, Varese finisce sui giornali solo per eventi negativi. Nel breve volgere di pochi giorni siamo stati di nuovo additati come nazisti, grazie al raduno dei nostalgici di Hitler, e soprattutto siamo entrati nelle pagine “nobili” dei giornali, a cominciare da quelle del “mio” Corriere della Sera, per la storiaccia dello stadio devastato.

Purtroppo questi sono gli scenari ideali per reiterare un’immagine trita e ritrita che accompagna la nostra città: Varese è la città estremista (di destra), dove albergano pure malnati senza scrupoli. Va ammesso che in questi anni non sono mancate pezze a supporto (dei malnati): soprattutto il tifo sportivo è stato spesso imbarazzante, con Daspo e figuracce ovunque, sia sul fronte del calcio sia su quello del basket. Ma a parte i luoghi comuni nauseanti – è da quando ho cominciato a fare questo mestiere, nel 1978 a La Prealpina, che sento parlare di una città antisemita e un po’ testa di cavolo, grazie al famoso episodio della gazzarra contro il Maccabi Tel Aviv –, il punto è un altro: manca il contraltare in positivo.

Già, perché se ci fosse un rovescio della medaglia che sormonta le negatività, ci sarebbe ben altra stampa. Invece la Varese di oggi è decadente, sfiorita, appassita, accidiosa, fastidiosa, senza coraggio e senza idee. Ha perso il tram su tutti i fronti: sul piano imprenditoriale, sul piano finanziario (ma i capitali importanti ci sono eccome: però nessuno pensa più in grande e li investe), sul piano ambientale (la Città Giardino ti accoglie con un vero e proprio “cesso”: le varie e impunite pattumiere ai lati del raccordo autostradale e lungo le trincee delle Ferrovie dello Stato), sul piano culturale (tornerà il Premio Chiara, per dirne una?), sul piano architettonico (stiamo buttando via il patrimonio del liberty e l’indecente situazione del Grand Hotel del Campo dei Fiori, con quanto gli fa da inglorioso contorno, è la fotografia di uno sfascio demenziale) e, ahimè, adesso anche sul piano sportivo, l’ultima bandiera che ci era rimasta.

Siamo diventati marginali e additati più che mai al ludibrio pubblico e nazionale, perché poi, si sa, gli eventi negativi hanno sempre un impatto superiore rispetto a quelli positivi (in questo caso, tornando alla vicenda dello stadio, penso alla bella dimostrazione di amicizia e solidarietà fornita dalle tifoserie del Varese e dell’Avellino il giorno dopo lo scempio dello stadio: se n’è parlato di meno dei danni dei vandali, il “buono” è sempre una coda perdente del “brutto”). Questo però è anche l’approdo inevitabile di tante gestioni senza capo e coda e di una classe politica che ha fallito in modo fragoroso. Però, e questo è perfino peggio, non sono così sicuro che ci sia alle porte un “nuovo” capace di riscattarci.

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