Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Noterelle

ABELE CONTRO ABELE

EMILIO CORBETTA - 30/04/2015

caino e abeleAbbiamo celebrato il 25 Aprile. Momento di festa, ma maggiormente momento di riflessione, partendo dalle parole semplici, ma appunto per quello molto profonde, di don Paolo, che ha celebrato la messa in ricordo e in suffragio delle vittime di quella guerra, ma anche di tutte le guerre e di tutte le stragi che avvengono ancora ai nostri giorni. Il pensiero non poteva non correre al dramma della nostra umanità simboleggiato con efficacia nella Bibbia dall’icona di Abele e Caino, l’uno simbolo della dolcezza, della mansuetudine innata nell’uomo, l’altro invece simbolo della violenza pure questa innata nell’uomo.

È il dramma del contrasto sempre presente nell’umanità, cantato oltre che nella Bibbia anche nelle letterature di tutte le civiltà: la pace e la guerra. La prima desiderata per una vita positiva, la seconda ammantata e ricoperta di immagini di gloria per i violenti vincitori, ma portatrice di tanto e immenso dolore per i poveri vinti.
Il dramma si è ripetuto negli eventi di settanta anni fa, che si stanno ricordando ora: noi ci siamo liberati da Caino che uccide, ma egli continua altrove a uccidere ai nostri giorni, sia nel modo tradizionale di armi rivolte contro inerti e indifesi, sia sfruttando i fratelli poveri, perseguitati dalle guerre, dalla miseria, dalle carestie buttandoli su barconi insicuri dove spesso, troppo spesso trovano la morte.

Nell’ultimo conflitto tuttavia si è vissuto non solo il dramma di Caino e Abele, ma il dramma di Abele contro Abele.

In effetti nel secolo scorso Abele ha perso la libertà. Non ha avuto possibilità di scelta. Si è trovato un fucile tra le mani e ha dovuto marciare incontro alla morte con quella maledetta arma come difesa-offesa. Nessun’altra possibilità di scelta. (Non c’era l’obiezione di coscienza). Un rifiuto era la morte, un addio alla vita, agli affetti lontani mai più rivisti, al sole splendente, al profumo dei fiori, ai baci dell’amata. Quanti italiani in Grecia hanno fatto questa fine: il rifiuto d’essere Caino, il proclamarsi Abele.

Ripeto: Abele contro Abele. Un dramma ben disegnato da De André nella canzone del povero Piero, che per un attimo di ripensamento alla vista del nemico viene freddato dal panico reattivo dell’altro. Ma anche un fante canadese, superstite dello sbarco di Anzio, in una recente trasmissione tv, confessava che mai più ha potuto dimenticare e mai dimenticherà lo sguardo disperato, stupito, pieno di rimpianto, del coetaneo tedesco, che si era improvvisamente trovato di fronte e a cui lui aveva sparato per primo. Sì, il canadese è tornato nella sua fredda terra, alle sue immense pianure, alle sue infinite serate segnate da splendidi tramonti e dalle brevi notti, ma con una vita inesorabilmente segnata da quello sguardo. Uno sguardo inevitabilmente diventato vera preghiera, rimpianto, dolore.

Povero Abele, trascinato in un perverso vortice da scelte errate di politici paranoici, convinti che Caino ha sempre ragione, che Caino sempre trionfa. Dramma veramente instancabile che tormenta la vita di noi tutti, anche se cerchiamo di chiudere gli occhi di fronte alla violenza spesso nascosta subdolamente nelle righe dei numeri, dei grafici dell’economia odierna. Violenza più evidente nelle parole populistiche di pseudopolitici, nascosta sotto le spoglie di auto difesa, ma che stimola la paura dei deboli e quindi diventa metodica di strategia politica.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login