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Cara Varese

I SCARP DEL TENIS

PIERFAUSTO VEDANI - 08/05/2015

circoloL’alta marea dell’indignazione ha di nuovo isolato Villa Tamagno dal contesto ospedaliero e cittadino. A provocarla le manovre dei proconsoli della sanità lombarda attuate per scippare al Cral del “Circolo” gestione e proventi del bar del monoblocco.

Il Cral, fondato nel 1945, ha numerosissimi soci, tutti dipendenti o ex dell’ospedale e, al pari degli altri ottantamila in Italia, è autorizzato a un’attività di puro volontariato prevista dallo statuto dei lavoratori. Il nostro, pagando l’affitto del locale all’azienda ospedaliera, gestisce il bar e con i proventi finanzia iniziative socioculturali tipiche di una istituzione dopolavoristica

Il rapporto dei dipendenti con il “Circolo” è sempre stato molto sentito e teso a una collaborazione concreta, a rinnovare la saldezza di un legame che non si spezza nemmeno alla fine del rapporto di lavoro.

Non è un caso allora che la prima donazione ricevuta dalla fondazione “Il Circolo della Bontà” sia stata proprio quella del Cral: venticinquemila euro per contribuire a riaccendere l’attenzione di Varese nei confronti di una fondamentale realtà incredibilmente trascurata da quando la gestione della sanità è passata alla regione.

Una seconda donazione, altrettanto importante per consistenza e sensibilità sociale, è stata fatta dal Cral per la biblioteca del “Circolo”, aperta nella hall del monoblocco come servizio ai degenti, ai loro familiari, e ai dipendenti ma che ha attirato l’attenzione anche degli abitanti della zona in cui sorge l’ospedale nuovo.

Il tentativo di “esproprio” ai danni del Cral non è altro che una caccia al quattrino senza rispetto per storia, tradizioni, sensibilità di una esemplare comunità di lavoratori e pure di una città che ha perso le capacità assistenziali di notevole rilievo proprio negli anni in cui Formigoni e fratelli di fede sbandieravano come modello la loro sanità.

L’inadeguatezza del sistema sanitario cittadino e dell’intero Nord Ovest della provincia è ufficialmente accertata da un paio di decenni, ma non è stata riconosciuta dai nuovi angeli dell’amore per il prossimo che ancora oggi ricorrono a fantaprogetti, a balle spaziali e promesse ridicole per poi alla fine non risolvere un problema drammatico, che la nostra gente continua a pagare.

Non c’è limite al depotenziamento, al lavoro di lima e martello su una sanità già malridotta: lo conferma pure il tentativo rozzo di vuotare le cassette della solidarietà. Siamo ai scarp del tenis se si insiste contro il Cral anche dopo che la giustizia amministrativa del Lazio in un caso analogo si è già espressa a favore dei lavoratori.

 Secondo voci che circolano negli ambienti amministrativi dell’ ospedale l’assalto sarebbe stato richiesto dai revisori del bilancio dell’azienda sanitaria. Sarà, resta il fatto che per decenni veri assi varesini della gestione delle imprese e poi anche califfi della mano pubblica in sanità, come il sempre rimpianto Walter Bergamaschi, hanno costantemente rispettato una situazione prevista dallo statuto dei lavoratori e al Circolo largamente benemerita per presenza e operatività.

Nulla di personale, e non da oggi, nei confronti degli inviati della sanità regionale. Tanto più che in questi anni di pesante crisi del loro ospedale i varesini hanno capito che le responsabilità di macroscopici disservizi non sono imputabili a scelte degli esecutori di ordini, ma a quelle dei mandanti, di coloro ai quali la politica ha affidato la gestione della grande sanità.

Il problema non è solo varesino. Ogni regione ha il suo clan sanitario, un mix di natura scientifica, amministrativa, politica e di matrice variabile: bianca, rossa, azzurra, verde, con meriti, intelligenze, sensibilità, cultura, pregiudizi, schemi, paraocchi, presunzioni ed errori, tipici di ogni comunità. Si hanno risultanti accettabili là dove c’è vera partecipazione e l’arroganza non trova spazio.

Essere o fare “azienda” oggi nel pianeta più delicato e prezioso,quello della salute- dove dolore, speranza, vita e morte sono immanenti -è impossibile se si guarda solo ai numeri e con la convinzione che la burocrazia e i suoi bilanci siano i soli pilastri dell’efficienza.

È gravissimo che a negare alla sanità varesina adeguate disponibilità siano stati anche politici di casa nostra, tanto più che li attendevamo come portatori di ben altri messaggi e sensibilità.

Oggi a costoro fa comodo che sia sotto tiro sempre il sindaco per altre situazioni di relativa importanza: hanno infatti la possibilità di defilarsi, ma tra le macerie di quella che era una Varese eccellente per cure e assistenza ai cittadini finalmente stanno spuntando documenti molto interessanti. In un contesto giudiziario sarebbero pesanti prove d’accusa. Raccontano infatti come sulla base di analisi e di richieste, pienamente soddisfatte dai responsabili varesini, che cosa doveva e poteva essere il nuovo ospedale.

Come lo ritroviamo oggi fanno finta di non saperlo o non vederlo solo gli alfieri della nuova era sanitaria. Arrivederci alle prossime elezioni.

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