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Editoriale

DEVOZIONI

don ERNESTO MANDELLI - 22/05/2015

resurrezione“Tu non devi prostrarti a un altro dio, perché il Signore è un Dio geloso” (Es.34,14).

Il Dio di Israele è un Dio geloso. Si è impegnato per una alleanza unica e irrevocabile con il suo popolo, a partire da Abramo, Isacco e Giacobbe. Sul monte Sinai ha dato a Mosè “le dieci parole dell’alleanza”, codice di fedeltà per il popolo. In questa alleanza Dio è sempre stato un amante geloso del suo popolo, rimanendo fedele all’alleanza. La stessa cosa non ha fatto il popolo di Israele. Più volte questo popolo eletto ha dimenticato il suo Dio e ha ceduto al richiamo degli idoli, dimenticando “che gli idei di tutti i popoli sono un nulla, il Signore invece ha formato i cieli” (1Cr.14,24).

Perché è forte e avvincente la tentazione degli idoli? Mentre gli idoli si possono vedere e toccare, perché costruiti dalle mani dell’uomo, il Dio che ha fatto il cielo e la terra è un Dio che non si vede, ma solo un Dio che parla. Certamente è più facile per l’uomo credere a qualcosa che cade sotto i propri sensi, tanto più se opera sua. I Profeti hanno sempre denunciato tutti i tentativi idolatrici di privilegiare le divinità di Canaan o di mescolarli con la fede dei Padri. Le divinità pagane offrivano la seduzione di garantire la fertilità della terra e di comandare alle forze della natura, mentre la fede di Abramo chiedeva fiducia in Dio e abbandono alla sua volontà.

La tentazione di anteporre alla vera fede altre esperienze religiose, ritenute più emozionanti ed avvincenti, è sempre stata presente nei tempi passati e lo è anche ai nostri giorni.

La fede cristiana è fondata su un fatto straordinario: la risurrezione di Gesù da morte. Più volte i suoi discepoli, donne e uomini, l’hanno visto e riconosciuto, lo hanno annunciato e hanno testimoniato con la vita che Gesù è il Messia (il Cristo), il Signore. Questa è la fede conservata dalla Chiesa per secoli e arrivata fino a noi. Attualmente è possibile costatare che la fede di molti cristiani nel Risorto si è alquanto affievolita. Infatti non è facile trovare persone che si appassionano parlando della morte e della risurrezione di Gesù. Non è l’argomento forte che sostiene le discussioni di carattere esistenziale tra cristiani, non suscita particolari convinzioni ed entusiasmi. Non è vissuto come il fatto illuminante la propria esistenza, ma appare velato da perplessità.

Al contrario è più facile trovare persone che con grande trasporto vivono altre esperienze religiose, alle quali si aggrappano con entusiasmo nella speranza di sentirsi appagati. Così sono vissute le devozioni verso alcuni Santi, ai quali si attribuiscono onori particolari. Allo stesso modo si va verso luoghi di presunte apparizioni, quasi che il mondo dell’aldilà si sia fatto in qualche modo presente. Ancora attirano interesse certi personaggi che si propongono come guaritori e sono ritenuti dotati di poteri miracolosi. La curiosità e l’emotività hanno spazi molto ampi. Non mancano forme di esaltazione, perché sono esperienze che danno soddisfazione ai sensi, “si sente, si tocca, si vede qualcosa”.

Siamo lontani dalla fede richiesta a Tommaso da Gesù stesso, che ha proclamato “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Gv.20,29).

Non possono non preoccupare queste forme devozionali, le quali proprio perché suscitano un forte coinvolgimento emotivo mettono in disparte la risurrezione di Gesù, che non cade sotto i nostri sensi, e inoltre non sono in grado di offrire risposte solide alle domande esistenziali (senso della vita, il dolore, la morte, il futuro..) che invece il cristiano trova nella vicenda di Gesù, dalla sua nascita alla sua morte e risurrezione.

Forse noi cattolici stiamo pagando la scarsa conoscenza, se non ignoranza, della Bibbia, alla quale ci stiamo lentamente avvicinando dopo il Concilio Vaticano II; anche se non è ancora coscienza consolidata nel popolo cristiano o almeno in una sua buona parte.

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