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In Confidenza

UNA GUIDA SEDUCENTE

Don ERMINIO VILLA - 29/05/2015

Il Buon Pastore nei mosaici di Galla Placidia a Ravenna

Il Buon Pastore nei mosaici di Galla Placidia a Ravenna

Tra le immagini più affascinanti usate da Gesù e riproposte dallo stile di papa Francesco, che la porta impressa anche sulla croce pettorale, c’è quella del pastore, contrapposta a quella del mercenario.

Gesù la usa per farsi conoscere per quel che è, rivelando cosa lo muove dentro, come intende il suo ministero, che cosa si aspetta da noi… E il papa la ripropone non solo per chiederci di aiutarlo a vivere bene la missione che gli è stata affidata, ma per fare la nostra parte, che è quella di essere “un solo gregge e un solo pastore”, che – a buon conto – è Cristo!

Il nostro non è un Dio dai recinti chiusi, perché “spinge fuori” le pecore, in spazi aperti: infatti ama i liberi pascoli, predilige le periferie, il suo campo è il mondo… “La Chiesa – ci ha insegnato san Giovanni XXIII con la parola e con l’esempio – può avere molti nemici, ma essa non è nemica di nessuno. Perché la Chiesa ama gli uomini”.

Non è un pastore di retroguardia, anche se va anche in fondo alla fila per recuperare chi sta indietro; sa stare anche in mezzo al gruppo, per tenerlo unito e farlo procedere compatto; ma di norma fa da apripista, occupa la prima posizione, così cerca strade sicure e indica il cammino, si fa vedere come punto di riferimento per chi lo segue, imposta un’andatura che sia accettabile da tutti.

È un pastore di futuro, che seduce con la sua dolcezza e forza, sa dare fiducia e sicurezza, e affascina col suo esempio, ammirato da tutti.

Con la seconda immagine della porta, Cristo si presenta come la soglia spalancata che immette nella terra dell’amore leale, più forte della morte e di tutte le prigioni. Tutti coloro che riconoscono i propri falli e accolgono il suo perdono, sperimentano la sua salvezza.

La sua gioia è “garantire vita in abbondanza”: la frase che… rimette in piedi chi è caduto, sazia chi ha fame, guarisce chi è malato, consola chi è afflitto, ridà il gusto di vivere a chi nel frattempo ha perso ogni speranza.

Le misure dell’amore di Dio sono sempre esagerate! Non si limita al minimo indispensabile, alla misura dello stretto necessario; ma garantisce una vita esuberante, magnifica, eccessiva, ricca di amore, finalmente libera, sicuramente pacificata.

Questo è il Dio in cui crediamo, che Gesù ci ha fatto conoscere di persona: pane per cinquemila persone, pelle di primavera per dieci lebbrosi, pietra rotolata via per Lazzaro, cento fratelli per chi ha lasciato la casa, perdono per settanta volte sette, vaso di nardo per trecento denari…

Cristo non è venuto a pretendere, ma ad offrire, non chiede nulla e dona tutto. La sua vocazione – riproposta a chi vuol essere suo discepolo – è di essere nella vita “datori di vita”.

“Se lasceremo morire il gratuito, se rinunceremo alla forza generatrice dell’inutile, se ascolteremo unicamente questo mortifero canto delle sirene che ci spinge a rincorrere il guadagno, saremo solo in grado di produrre una collettività malata e smemorata che, smarrita, finirà per perdere il senso di se stessa e della vita” (Nuccio Ordine).

Ecco perché è necessario per noi cambiare il riferimento di fondo della nostra fede: non è il peccato dell’uomo il movente della storia di Dio con noi, ma l’offerta di “più vita”.

 

 

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