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Chiesa

IL PAPA E GLI AMERICANI

LIVIO GHIRINGHELLI - 29/05/2015

Giovanni Paolo II con Bush nel 2003

Giovanni Paolo II con Bush nel 2003

Papa Francesco sarà negli Stati Uniti il prossimo settembre in visita ai cattolici nordamericani. Secondo i sondaggi recenti raccoglie in USA consensi entusiastici per la sua azione pastorale e i tratti schietti e generosi del carattere, dello stile. Tra i cattolici che frequentano la Messa regolarmente, la percentuale dei favori ascende al 95%; al 70% se ci si riferisce alla popolazione adulta a prescindere dalla fede; dati positivi ben superiori a quelli fatti registrare ai tempi dello stesso Giovanni Paolo II. Si tratta però di un Paese in cui l’istanza di riportare i poveri all’interno delle comunità riveste i caratteri dell’urgenza; larghe sacche d’indigenza anche estrema si riscontrano tuttora con pronunciate discriminazioni razziali; i sussidi federali non sono assistenza sociale, ma sussidi alle imprese. Bisogna rovesciare i tagli draconiani subiti dal sistema di welfare. L’individuo e il mercato non bastano da soli ad assicurare la giustizia, piuttosto accentuano le divaricazioni e gli squilibri sociali a dismisura. Qui la cultura dello scarto ha un deciso sopravvento. Una grande economia idolatrica sacrifica l’uomo ai piedi del denaro e della speculazione grazie al tipo di cultura che vi domina. Si ritiene largamente che un po’ di carità condita di buoni sentimenti basti a risolvere problemi drammatici all’insegna del conservatorismo compassionevole.

Il cattolicesimo repubblicano a stelle e strisce si connota col pensiero di Michael Novak e George Weigel e l’Acton Institute è propugnatore instancabile del neoliberismo economico. Il concetto di speculazione è giustificato dalla necessità di prevedere la realtà per un uso migliore delle risorse. Un ruolo di spicco è esercitato dal sacerdote Martin Rhonheimer e dall’Opus Dei con stabile corrispondenza colla Pontificia Università della Santa Croce in Roma. Il welfare è ritenuto più che altro un limite allo sviluppo della libera impresa.

Quello che conta è il comportamento retto dell’individuo, emerge la figura del capitalista orientato verso principi cristiani; è il privato con finalità etiche ad essere il vero motore della società. La sussidiarietà è intesa come strumento che sostituisce lo Stato. Ma è proprio il mito della ricaduta favorevole del profitto ad essere stigmatizzato nell’Evangelii Gaudium. Il pragmatismo emergenziale non risolve le cause strutturali della disuguaglianza (vedi il videomessaggio per Expo 2015). L’opzione preferenziale per i poveri è chiaramente emersa nell’incontro tra Francesco e l’anziano teologo peruviano Gustavo Gutierrez. Sono idee condivise con il cardinale tedesco Reinhard Marx, capo del Consiglio per l’economia. L’occhio è rivolto soprattutto al capitalismo finanziario, che ha determinato una crisi catastrofica, un capitalismo da casinò. Nell’Evangelii Gaudium si depreca il feticismo del denaro, la dittatura di un’economia senza volto. In questo sistema l’uomo diventa un ingranaggio senza personalità, strumentalizzato dalla pubblicità, che induce bisogni sempre più superficiali con produzione incredibile di rifiuti (quando a troppi manca il necessario). Gli esclusi diventano rifiuti, avanzi (Evang. G. 53). Onde l’imperativo di porre un freno colla frugalità alla hybris, alla passione smodata per il potere e la ricchezza. L’illimitatezza del prodotto distrugge le risorse. Con la secolarizzazione la mentalità si è fatta individualista, indifferente ed egoista (Evang.G. 208).

Negli USA i poveri, che erano al centro dell’azione politica e dell’attenzione pubblica negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, ora sono relegati in un angolo del dibattito. La libertà di mercato è un imperativo categorico, anziché essere concepita come una libertà strumentale nella prospettiva del bene comune. Deve essere governata dalla società e dalla politica. Populorum Progressio n. 3 : si leva il grido dei popoli della fame che interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus già precisava che la libertà in campo economico è da inquadrare in un solido contesto giuridico al servizio della libertà umana integrale(n.42). Il n.28 della Sollicitudo rei socialis (1987) evidenzia che lo sviluppo autentico non va confuso né con il mito del progresso indefinito, né con una semplice espansione della ricchezza materiale e denuncia forme di ipersviluppo dei paesi ricchi (n.37). E Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n.35) considerava la giustizia distributiva e la giustizia sociale quali complementi della giustizia commutativa tipica dei mercati. È tutto un messaggio che si sviluppa coerente nel tempo.

Sono strutture di peccato la logica dei blocchi o un ordine pervertito dal desiderio di profitto e dalla sete di potere a qualsiasi prezzo. L’esito dei meccanismi di mercato non può essere giudicato come arbitro etico del merito, dello sforzo, del talento. Come si può ritenere il livello di disuguaglianza economica indice di funzionamento naturale di un sistema economico sano ? Perché giudicare la produzione della ricchezza essenzialmente e solo come un’impresa individuale?

Le parole di Papa Francesco sul sistema economico, pronunciate con pacatezza e serenità di spirito evangelica, ma ferme e trancianti, come si potranno conciliare con la visione dei grandi finanzieri negli USA e con quella dei vescovi in ottimi rapporti con quei finanzieri? Vedi le interpretazioni della Catholic University of America, l’Università dei vescovi americani a Washington DC e i milioni di dollari versati alla School of business dell’Università per un progetto destinato a sviluppare corsi sull’etica in business. La capacità di interpretazione non può indurre neppure minimamente a falsificare l’autenticità del magistero della Chiesa.

 

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