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In Confidenza

NEL REGNO PER INCLUSIONE

Don ERMINIO VILLA - 10/07/2015

Cristo e il buon ladrone

Gesù e il buon ladrone

Non finiremo mai di stupirci, contemplando il mistero della morte in croce di Gesù. Ogni confessionale ne espone l’immagine – più o meno artistica – per la fede e la devozione del penitente e del sacerdote.

Nel momento in cui Gesù muore, a parte la presenza di poche persone a lui care, è fatto oggetto di derisione da più parti.

Lo prendono in giro, scandalizzati, i devoti, le autorità religiose del suo tempo: che Dio è mai questo, che lascia morire il suo eletto?

Si scandalizzano di lui i soldati, gli uomini che credono nella logica della forza: se tu sei re, dai prova di quanto vali; salva te stesso!

Tutti possono vedere che è un re giustiziato, ma non vinto. Lo contraddistingue una corona di spine conficcata sul capo, ma anche questo fa capire che lui non è proprio re come gli altri: il suo è un regno fondato sull’amore, dove vale il servizio e conta l’umiltà.

È un re mite e forte, che anche di fronte al rifiuto non decide, di rimando, di rifiutare noi, perché per compiere la sua missione universale di salvezza resta fedele al mandato fino in fondo.

Gli si accostano per dargli da bere aceto: è il segno che tutti odiano quell’uomo, benché innocente. Se il vino nella Bibbia è il simbolo dell’amore, l’aceto è il suo contrario. Meriterebbero quindi una condanna a loro volta, definitiva ed esemplare… E invece no: quelli che sbagliano in modo grave hanno bisogno più di tutti di un… supplemento d’amore. Dio si gioca il tutto per tutto per riconquistarci.

Sul Calvario si confrontano due atteggiamenti opposti. Alcuni personaggi ai piedi della croce si rivolgono con disprezzo al Crocifisso: Se tu sei il Cristo, scendi dal patibolo. Gesù, invece, rivela la sua gloria rimanendo lì, sulla croce, come Agnello immolato. Con Lui si schiera inaspettatamente l’altro ladrone, che implicitamente confessa la regalità del giusto innocente ed implora…» (Benedetto XVI). Un malfattore, condannato come lui alla stessa pena, lo osserva con sguardo compassionevole, si direbbe anzi ammirato: è impressionato dal fatto che quell’uomo condivide la medesima passione per essere il più vicino possibile al dolore di ogni uomo.

E fa su di lui uno dei più begli apprezzamenti: non ha fatto nulla di male! Definizione nitida, semplice, perfetta. In lui non c’è traccia di colpa alcuna; nella vita ha fatto sempre, solo e a tutti del bene. Anche nell’agonia più atroce pensa, prega, perdona, in una parola: ama.

Viene spontaneo aggrapparsi a uno così: ricordati di me quando sarai nel tuo regno! In risposta riceve ben più di quello che ha chiesto: Gesù lo porta con sé, se lo carica sulle spalle come fa il pastore con la pecora perduta e poi ritrovata, perché vuole portare tutti nel suo regno.

Oggi sarai con me: mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusione, per separazioni, per respingimenti, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci, per recuperi.

Non ha nessun merito da vantare, ma Dio non guarda ai meriti, come non ha virtù da presentare, perché è un ladro, ma è cosciente del male fatto e cerca un po’ di comprensione; intuisce che quell’uomo – come tutti i papà e la mamme del mondo fanno con i loro figli – guarda alla povertà e viene incontro al bisogno. La sua è anche la nostra invocazione di aiuto!

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