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Sport

DOPING, REALTÀ E FANTASIA

ETTORE PAGANI - 24/07/2015

froomeGrande veramente Froome, figlio di Albione, con un solo scatto ha – sostanzialmente – risolto il Tour de France. Uno scatto ed il conseguente abbandono per KO degli avversari più qualificati.

Sul podio, dunque, Froome, al quale, per personale parere di chi scrive, l’Oscar della simpatia non potrebbe mai essere assegnato.

Non solo per essersi mostrato poco cortese con il comportamento verbale verso Vincenzo Nibali con quella dichiarazione apertamente diretta al nostro campione laddove lo definiva già fuori dal Tour alla sua prima battuta non convincente.

Dichiarazione antipatica: va detto, senza mezzi termini, purtroppo, azzeccata in pieno.

Tornando a Froome, il suo scatto ha impressionato tutti al punto di non essere stati in pochi a dichiarare che prima di lui simili non se ne erano visti se non quello di un certo Marco Pantani seguìto, peraltro, da scarsa fortuna.

Per il vero qualcosa di simile nei tempi abbastanza recenti si era notato: quello di Ricò che non lasciò neppure il tempo al telecronista di paragonare a due ali le sue braccia alzate verso il cielo – per vederle afflosciarsi tipo Icaro a seguito della squalifica del corridore per doping.

Quanto al doping, un po’ curiosa è parsa l’opinione di qualche commentatore che ha sostenuto come illogiche possano apparire le visite ai corridori per gli accertamenti antidoping nelle ore più strane.

Senza pensare che a chi ha sostenuto questo parere sia passato lontanamente per la testa l’idea che le visite al riguardo venissero preannunciate con raccomandata con ricevuta di ritorno o anche semplicemente per e-mail la tesi pare, comunque, strana. Che l’imprevedibilità degli accertamenti debba essere a dir poco necessaria è pacifico. Ma neanche è accettabile che si sollevi anche una lieve voce di critica sulle modalità di esecuzione. Semmai si potrebbe richiedere – se possibile – un’accentuazione degli interventi! Non certo una tendenza a diminuire.

A meno che non si voglia ulteriormente dar posto alla considerazione dell’ineluttabilità del fenomeno chiaramente folle ma che, più passa il tempo, e più lascia la sensazione di avere un seguito non indifferente con tanti saluti al ciclismo come sport che era considerato il più sano più bello nel mondo.

E questo senza nulla togliere per altri versi ad uomini che combattono sui pedali pronti a rialzarsi dopo cadute a continuare le tappe, più o meno incerottati. Pensare che questi siano semi eroi è giusto. Pensarli dopati è disastroso.

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