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Pensare il Futuro

LA GRECITÀ CHE RIMANE

MARIO AGOSTINELLI - 31/07/2015

Del nostro presente stupisce la labilità della notizia e come ogni annuncio sposti e cancelli il dibattito che sembrava ancorato sul fatto appena precedente. La Grecia, la sofferenza del popolo, la tensione tra i suoi rappresentanti, la protervia della Germania sembrano già dissolti nell’agenda che ci propinano gli innumerevoli telegiornali che si alternano a tutte le ore del giorno. Eppure la tragedia di quel popolo non scomparirà né dalle nostre coscienze, né dal sogno infranto che l’Europa continua a suscitare nelle generazioni che la hanno abitata e che l’abiteranno. Piaccia o no, il referendum ha saldato un popolo con i suoi rappresentanti, l’uno e gli altri in dissenso con la punizione che Schauble voleva inferire al riparo dell’ignavia e dell’alzata di spalle di tutti i governi del continente.

Il risultato del referendum greco andrà valutato anche dopo queste roventi vacanze come momento importante, sul piano internazionale, di opposizione alle logiche monetariste che reggono l’Unione Europea e ispirano le imposizioni della trojka.

E tanto più positivamente quanto più l’elettorato greco, sfibrato da anni d’impoverimento complessivo e di feroce ingiustizia sociale, ha saputo reagire con grande orgoglio, confermando e allargando il consenso che, nelle elezioni di gennaio, aveva consentito di formare il governo di Syriza con l’intenzione di invertire il corso dell’ingiustizia sociale tollerata e sostenuta dalla pletora dei creditori intransigenti. Un fatto fondamentale che s’iscrive, all’interno di un quadro interno alla storia politica greca spesso dominato da autoritarismo e negazione della democrazia.

La logica ci indica che presto si dovrebbe riaprire il confronto a livello europeo: un confronto che rimane molto difficile verso un’Europa che rimane dominata dall’egemonia tedesca e dei banchieri, ma aperta a nuovi venti che proprio l’esperienza greca ha consentito di far sollevare.

È balzata all’attenzione non solo della sinistra, ma di tutti i cittadini del mondo, la durezza della gestione liberista del ciclo, della sua ferocia, dei suoi effetti disastrosi sulle condizioni materiali dei ceti subalterni in Europa e fuori d’Europa.

Questo fatto non deve essere dimenticato soffermandoci soltanto sull’esito immediato del referendum e sulle contraddizioni del rimpasto imposto a Tsipras, ma vedendo la prospettiva più generale delle esigenze di trasformazione radicale degli equilibri sociali e politici e della ripresa di una visione e di una pratica politica internazionalista, che è apparsa del tutto assente da parte di una sinistra europea e italiana, nonostante i pellegrinaggi turistico – politici dei parlamentari italiani.

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