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In Confidenza

TESTIMONIARE LA GIOIA

Don ERMINIO VILLA - 02/10/2015

vitaconsacrataIl comune denominatore dell’“anno della vita consacrata” sta nella gioia di una vita radicalmente evangelica, la gioia della vita fraterna che è fatta anche di perdono, la gioia della missione.

Questo “anno di grazia” sia la conferma di uno stile tipico dei religiosi: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia». Siamo tutti chiamati, infatti, a mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle nostre comunità alimenta la nostra gioia; che il nostro dono totale nel servizio della Chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e dà pienezza alla nostra vita.

Tra i consacrati e le consacrate non si devono vedere volti tristi, persone scontente e insoddisfatte, perché “una sequela triste è una triste sequela”. Come tutti gli altri uomini e donne, anche noi proviamo difficoltà, le notti dello spirito, le delusioni, le malattie, il declino delle forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo dovremmo trovare la “perfetta letizia“, imparare a riconoscere il volto di Cristo che si è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la gioia di saperci simili a Lui che, per amore nostro, non ha ricusato di subire la croce.

In una società che ostenta il culto dell’efficienza, del salutismo, del successo e che marginalizza i poveri ed esclude i “perdenti”, possiamo testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità delle parole della Scrittura: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10).

Possiamo ben applicare alla vita consacrata quanto è scritto nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, citando un’omelia di Benedetto XVI: «La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione» (n. 14). Sì, la vita consacrata non cresce se organizziamo delle belle campagne vocazionali, ma se le giovani e i giovani che ci incontrano si sentono attratti da noi, se ci vedono uomini e donne felici!

Ugualmente la sua efficacia apostolica non dipende dall’efficienza e dalla potenza dei suoi mezzi. È la vita che deve parlare, una vita dalla quale traspare la gioia e la bellezza di vivere il Vangelo e di seguire Cristo.

Ci sarà festa e voglia di celebrare la vita consacrata se ravviviamo la gioiosa coscienza del valore che essa rappresenta per noi personalmente e per la missione della Chiesa. Sta a noi vivere anche la crisi di queste vocazioni come un’occasione favorevole per la crescita in autenticità, con la certezza che la vita consacrata non potrà mai sparire nella Chiesa, poiché «è stata voluta dallo stesso Gesù come parte irremovibile della sua Chiesa». “Ciò che si deve evitare è la vera sconfitta della vita consacrata, che non sta nel declino numerico, ma nel venir meno dell’adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione” (vedi Vita consecrata, 63).

La risposta non può essere che «il rilancio spirituale, che aiuta a passare nel concreto della vita il senso evangelico e spirituale della consacrazione battesimale e della sua nuova e speciale consacrazione. La vita spirituale dev’essere dunque al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata, in modo che ogni Istituto e ogni comunità si presentino come scuole di vera spiritualità evangelica» (Rinnovamento della Catechesi, 20; cf. Vita consecrata, 93).

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