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Cultura

RAGION CRITICA DELLA MORALITA’ BORGHESE

LIVIO GHIRINGHELLI - 02/10/2015

AdornoEsponente tra i più significativi della Scuola di Francoforte, Theodor Wiesengrund Adorno (1903-1969) è stato un severo critico del mondo impersonale contemporaneo fondato sulla mercificazione, sullo scientismo, sulla soverchiante industria culturale, in cui l’uomo finisce schiavo dei suoi prodotti. La società capitalistica occidentale sacrifica il particolare, l’individuale; l’alienazione di una società massificata rivela ingannevole l’assunto dell’autonomia del soggetto, sì che attraverso gli strumenti della psicanalisi e del marxismo Adorno procede a demistificarne l’illusione e il dinamismo. Lo stesso Illuminismo si è dimostrato incapace d’evitarne i movimenti regressivi rispetto agli ideali di progresso e alla potenza liberatrice della ragione. Questa doveva sottrarre l’uomo alla sudditanza nei confronti della natura e permettere almeno teoricamente di raggiungere traguardi come la giustizia, l’uguaglianza, la democrazia, il benessere, mentre invece si è ridotta a ragione strumentale, che privilegia i mezzi e non i fini. Ecco invece una giustizia economico-sociale solo di facciata e l’abuso delle risorse naturali. Il sistema di Marx da aperto e dialettico si è arreso al dogmatismo della Russia sovietica.

Rispetto alla dialettica hegeliana che accanto alla tesi e all’antitesi introduce il terzo momento della sintesi Adorno si pronuncia per una dialettica diadica, che si nega la sintesi e dichiara inammissibile la decisione; preferire uno dei due poli alternativi è scorretto sia logicamente che eticamente. Tutto si equivale in un teso equilibrio; il pensiero dialettico, che incorpora la contestazione di se stesso, procede per continue obiezioni in uno scavo insaziabile. Il logos con la sua portentosa produttività e duttilità si fa difensore di qualunque causa; c’è la massima disponibilità ad ascoltare e vagliare le posizioni ( come è proprio del saggista filosofico). Senza escludere preferenze e idiosincrasie, che non evitano ad Adorno d’essere al fondo un polemista irriducibile e temibile.

La ratio occidentale doveva far approdare l’uomo dalla concezione magico-mitica della realtà alla lucidità e precisione dell’approccio logico-scientifico, al trionfo del diritto; è purtroppo sfociata nell’impresa abominevole dell’Olocausto e nella barbarie sovietica (regimi totalitari) e si è distinta per l’esaltazione di figure come quella d’Ulisse, primo soggetto moderno, abile opportunista e impostore, capace di reprimere con violenza i suoi desideri più viscerali, precursore dei manager più spregiudicati. La ragione strumentale dell’Occidente si caratterizza per la fedeltà al dato empirico e l’aderenza ai fatti, con le diligenti operazioni di classificazione dell’esistente, per lo scollamento dalla materia da conoscere con tutte le operazioni di catalogazione, per la ratio aggressiva e predatoria, che si prolunga nel suo braccio tecnico. L’uomo non violenta solo la natura esterna, ma anche la natura a lui interna, prende le misure degli enti per asservirli. La ragione sostanziale invece tiene vivo il rapporto con la sostanza, come oggetto della conoscenza, ma soprattutto come senso, come fine. La realtà deve essere messa costantemente a confronto con il concetto, sinché giunga finalmente ad essere alla sua altezza.

In Tre studi su Hegel Adorno gli imputa che dopo aver dato tale dignità all’Oggetto da identificarlo con il Soggetto, ha poi ritenuto di veder realizzato il concetto (l’idea di un assetto socio-politico razionale e giusto) nello Stato prussiano definito concrezione dello Spirito in terra. La società occidentale è caduta nel volgare way of life capitalistico onnipervasivo: trionfo della quantità sulla qualità, dell’economico, del denaro, col feticismo delle merci. Il valore di scambio ha avuto il sopravvento sul valore d’uso. Si sentono chiamare le persone materiale o capitale umano. Tutto e tutti hanno un prezzo. In questo quadro anche l’intellettuale è solo un ingranaggio dell’industria culturale, sottostà al dogma della mercificazione universale. Si constati anche l’asetticità anonima della distribuzione di massa nei supermercati. Trionfano i mezzi di comunicazione di massa, si assiste al fenomeno della moda. Il mondo è un enorme mercato. La società è diventata un blocco sinistro nemico delle sue parti. Si attua una quantificazione che astrae dalle differenze qualitative, livellando così tutto.

Mentre per Hegel la contraddizione con l’assoluta centralità del suo ruolo costituisce il motore stesso del divenire, per Adorno ormai è un effetto distorsivo che il logos causa con la sua tracotanza, gemito di dolore dell’oggetto che protesta affermando la sua irriducibile non-identità. Onde la dialettica diadica di Adorno con l’imprescindibilità dell’autoriflessione che relativizza.

Per quanto concerne l’extraconcettuale tre sono le figure che si impongono: l’individuo, l’arte, l’oggetto. Al primo è sostanzialmente consacrato il capolavoro del 1951: Minima moralia.Meditazioni della vita offesa. Qui la memorabile frase: il tutto è il falso (di contro a Hegel). Il vero è il tutto. Adorno riabilita dell’individuo-uomo il corredo corporeo-sensoriale-passionale rispetto al Soggetto trascendentale; rivendica il diritto al piacere, coglie nell’angoscia, nella protesta, nella residua speranza dell’uomo contemporaneo espresse da pochi grandi artisti anomali, quali Schoenberg, Kafka, Beckett risultati più incisivi di fronte ai professionisti dell’engagement. Del primo valorizza di contro a Stravinskij la rivoluzionaria musica atonale o dodecafonica, del secondo l’innovazione nei romanzi e racconti dominati dall’assurdo e dal mostruoso, del terzo nei drammi teatrali il paesaggio da day after di un mondo stravolto e desertificato. Adorno sottolinea il pregio e la forza di contestazione tipica dell’arte, che è polemica nei confronti della cattiva realtà sociale e congiunge al valore conoscitivo la provocazione utopica. La musica è l’avversaria del destino (da intendere come legge inesorabile del tempus edax).

L’oggetto è per antonomasia il capro espiatorio della ratio di Adorno: c’è un sentimento di colpa nei suoi confronti, la ricerca di un’espiazione da parte del soggetto-uomo, il rinvio prioritario al sensibile, al materiale, alla natura, la grande assente dalle analisi di Kierkegaard. L’uomo è tanto più libero quando agisce impulsivamente sull’onda delle sue emozioni, ponendosi all’unisono colle cose e gli enti naturali desiderando un avvicinamento totale.

Nato da famiglia borghese a Francoforte sul Meno Theodor W. Adorno gode di un’infanzia e adolescenza serene, risulta il migliore studente del suo corso al Ginnasio Kaiser Wilhelm e si iscrive alla Facoltà di Filosofia, Psicologia e Sociologia della Università locale. Collaterale è un profondo studio della musica. Conosce Max Horkeimer e Hans Cornelius, neokantiano di orientamento psicologistico. Nel 1924 si laurea col secondo grazie a una tesi sulla Fenomenologia di Husserl. Nel 1925 si trasferisce a Vienna per studiare composizione musicale e ne ritorna nel 1928. Consegue nel 1931 la licenza all’insegnamento universitario grazie a un lavoro su Kierkegaard (Kierkegaard e la costruzione dell’estetico). Del 1932 è lo scritto Sulla situazione sociale della musica. Coll’avvento del nazismo esula ad Oxford e quindi stabilmente a New York nel 1938, divenendo fino al 1941 incaricato della direzione della sezione musicale della radio presso l’Università di Princeton.

Tra il 1942 e il 1944 elabora in California con l’amico Horkeimer, che ha trasferito in America l’Istituto per la ricerca sociale, la Dialettica dell’Illuminismo. Pubblica nel 1949 la Filosofia della musica moderna. Nello stesso anno ritorna a Francoforte e vi è nominato professore associato; riapre con Horkeimer l’Istituto. Del 1951 è la prima edizione tedesca dei Minima moralia. Ha pubblicato nel 1950 La personalità autoritaria (l’antisemitismo vi è indagato in termini psicoanalitici). Nel 1958 sostituisce Horkheimer alla guida dell’Istituto per la ricerca sociale. In occasione del Congresso sociologico di Tübingen del 1961 prende posizione contro il razionalismo critico di Karl Popper (la sociologia non è una scienza rigorosa, preliminarmente definita e dogmatica). Nel corso del 1968 Adorno comincia a sviluppare le sue polemiche contro il movimento studentesco. Nel 1970 esce postuma la sua Teoria estetica, per cui l’arte è una tensione utopica verso l’Altro, senza esplicito riferimento al cielo o a Dio. Vanno menzionate altresì le Note per la letteratura (1958-61) e la Dialettica negativa del 1966.

L’opera poliedrica di Adorno si segnala per l’oculatezza speculativa e critica, l’originalità dell’interpretazione, la continuità e coerenza degli sviluppi, l’osmosi delle argomentazioni, la fluidificazione dei compartimenti stagni. Soprattutto per l’essere un potente antidoto alle fanatizzazioni.

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