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Parole

SCUOLA, MA QUALE SCANDALO

MARGHERITA GIROMINI - 23/10/2015

GENDER (termine anglosassone assente dai classici dizionari di italiano), la cui traduzione nell’italiano “genere”, e la relativa spiegazione, sono reperibili nel dizionario di filosofia della Treccani.

Il termine è stato introdotto nel contesto delle scienze umane e sociali per designare i complessi modi in cui le differenze tra i sessi acquistano significato e condizionano l’organizzazione della vita sociale. Così il gender è divenuto una categoria di analisi e di interpretazione dei ruoli maschili e femminili, applicabile quindi a donne e uomini, tenuto conto del peso delle differenze di ceto, di cultura, di gruppo sociale, di religione, di orientamento ideologico.

Ma oggi siamo in presenza di un allarme su quella che, pomposamente, viene definita la teoria del gender che starebbe per scuotere le fondamenta della famiglia su cui poggia la società.

Dall’inizio delle lezioni di quest’anno l’Italia è percorsa da nord a sud da iniziative, incontri, dibattiti, articoli pro e contro. Si trovano coinvolti, loro malgrado, in questa quasi surreale questione della teoria del gender, coloro che a diverso titolo sono soggetti attivi nei processi educativi.

La domanda legittima è la seguente: ma che cosa è mai stato detto o scritto nei testi del Ministero sulla Buona Scuola, per scatenare le polemiche a cui assistiamo e il proliferare di proclami incomprensibili ai più?

Il Ministero si è sentito costretto a rispondere, a chiarire e persino a minacciare querele nei confronti di chi, male interpretando l’indicazione di educare bambini e bambine alle pari opportunità, ha insinuato e prefigurato scenari di spinta educazione sessuale con relativo traviamento delle giovani generazioni.

La parola gender oggi corre inarrestabile sul web e sui social network (basta digitare la parola su Google).

Si ottiene, al momento, un solo risultato: confondere, turbare, suggerire attentati all’equilibrio dei nostri bambini che verrebbero portati verso scelte di vita dissipata.

Gender dovrebbe, in modo oscuro e subdolo, insinuare l’incertezza di genere: sono, sarò un adulto maschio? Sono, sarò una femmina ? Rischio di essere qualcuno di diverso: un omosessuale, un trans gender?

La scuola del gender, sempre a detta dei detrattori, potrebbe nutrire i bambini sin dalle prime classi con biblioteche di classe piene di libri che mascherano il vero interesse di editori, autori e insegnanti corruttori, tutti coalizzati per ottenere il medesimo risultato, cioè la confusione dell’identità sessuale e, di conseguenza, la tendenza ad una pericolosa promiscuità.

Ma come siamo arrivati fin qui? “Cui prodest” direbbero i nostri antenati latini?

Anche il nostro storico giornale locale si è occupato di “gender” pubblicando per giorni consecutivi paginate di interviste ad allarmati rappresentanti di associazioni nate a tutela dell’integrità della famiglia e dei sessi. Con qualche parere, in un magro trafiletto laterale, di chi sostiene che sia in atto una vera montatura.

Proviamo a mettere ordine partendo dall’inizio.

Le polemiche sui libri gender nelle scuole sono iniziate in giugno quando il neo sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, mise all’indice i testi nei nidi e nelle scuole d’infanzia, in cui comparivano due genitori dello stesso sesso, volumi quindi in cui si affacciava il concetto di famiglia gender. Tra i titoli si trovano opere di autori come Leo Lionni con “Piccolo blu e piccolo giallo”, Mario Ramos con “Il segreto di Lu”, Sandro Natalini con il suo “In famiglia”. Che tali testi possano traviare le giovani menti è tutto da provare. Tanto è vero che alcuni giovani ciellini, al Meeting di Rimini, quando è stata sottoposta loro la lettura di alcuni dei 49 testi messi all’indice, non ci hanno trovato nulla di pericoloso né scandaloso.

Basterebbe leggere con attenzione il testo della Buona Scuola nella parte riguardante l’educazione alla parità dei sessi, recante indicazioni sulla necessità di superare gli stereotipi maschio/femmina, per accorgersi che non esiste alcun rischio di contaminazione delle giovani menti.

L’ideologia del gender è stata gonfiata ad arte: per taluni politici si è rivelata un efficace mezzo per contestare la Buona Scuola del governo, per altri, un fuoco da accendere e da alimentare all’interno delle associazioni ultraconservatrici che si occupano di salvaguardare l’integrità della famiglia.

L’Ordine degli Psicologi ha sostenuto la Ministra Giannini e condannato il clima “avvelenato, inaccettabile e vergognoso” che si è creato intorno ad un tema ormai accettato nelle diverse realtà scolastiche europee, quello dello studio delle problematiche della famiglia, della coppia, delle condizioni di emancipazione della donna, dei diritti di uomini e donne nella società civile.

Lasciatemi suggerire una visita alla Libreria di Varese che ha avuto il coraggio (il coraggio?) di esporre in vetrina i libretti incriminati. Leggiamoli e poi parliamone.

Un altro giro si impone, questa volta virtuale: sul sito della gazzetta Ufficiale, si può prendere visione dell’ incriminato comma 16 della legge 107 sulla Buona Scuola.

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