Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

STAMPA/3 CICORIA E TACCUINO

SERGIO REDAELLI - 06/11/2015

tattoChi era nella vita privata Giulio Tatto, il primo “giornalista” della storia di Varese (1540-1620) inconsapevolmente destinato a diventare famoso? Quali idee politiche aveva? Era credente? Come diventò cronista del suo tempo? Ce lo racconta lo studioso di storia dei dialetti Paolo A. Faré, milanese di nascita ma con origini in Valceresio (la famiglia paterna è di Cantello, quella materna, i Bittinelli, stanno a Induno da molte generazioni) e curatore del libro “La Cronaca varesina di Giulio Tatto” (Nicolini, 2001) che si può rintracciare nei magazzini della Società Storica Varesina e della Famiglia Bosina.

Farè ha ripubblicato nel 2001 il manoscritto di Giulio Tatto che Leopoldo Giampaolo aveva già dato alle stampe nel 1954 per conto della Società Storica Varesina; ma lo ha pubblicato integralmente senza i tagli e le omissioni che Giampaolo aveva operato per rendere meno ostica la lettura. L’originale del Tatto, conservato nella Biblioteca civica di Varese, è, infatti, un indigesto registro dei prezzi praticati al mercato di Varese dall’agosto del 1525 al 10 febbraio del 1620 per il frumento, la segale, il miglio e il vino, composto di molti fascicoli cuciti insieme e protetti da una copertina foderata con pergamena.

È un libro contabile che Giulio, forse per noia, cominciò ad arricchire prima con annotazioni di carattere meteorologico, poi con notizie personali (la nascita del primo figlio) e della vita quotidiana raccolte ovunque, al mercato e per strada. Le notizie passavano rapidamente di bocca in bocca tra viaggiatori, cavallanti, mercanti e pellegrini che entravano in città ed egli era lesto a raccogliere l’eco di una rissa scoppiata a Pavia, la notizia della morte del papa, della nomina di un cardinale, di pestilenze, carestie e guerre. “Leggendo il manoscritto traspaiono alcuni aspetti della sua natura”, annota Faré che del seicentesco estensore ha studiato la vita, le abitudini e il ruolo sociale.

E ce ne fa un ritratto vivace: “A noi – scrive – sembra di vederlo, il nostro autore, passeggiare fra le vie del borgo, conversare con questo e con quello, raccogliere le voci che vengono da vicino e da lontano, aggirarsi fra le bancarelle del mercato settimanale, scrutare il cielo per indovinarne le intenzioni e poi, tornato a casa, scrivere brevi cenni di tutto su un brogliaccio e quindi, di tanto in tanto, aprire il grande volume finito nelle nostre mani per riportarvi le cose “de importanza” senza curare lo stile, come la mente e il cuore gli dettavano”.

Tatto era un nobile di Varese e abitava con la famiglia e la madre nella squadra di San Giovanni in un edificio affacciato sulla via delle processioni, vicino all’attuale Arco Mera. Sposato con Maddalena Galbiati e padre di due figli, a trentanove anni è tra i maggiorenti chiamati a decidere la ricostruzione della basilica di San Vittore e uno dei quattro reggenti del borgo. È devoto, segue con cura le manifestazioni religiose e compie con scrupolo i doveri civili. Possiede un terreno a Casbeno e s’interessa alle coltivazioni, un “casbenat” insomma, proprietario terriero in quello che forse era già allora il regno del lattughino e della cicoria.

È un “bendidio” destinato ai mercati rionali ed egli, capace di distinguere l’indivia dalla scarola e di far di conto, è incaricato dai reggenti di Varese di prendere nota dei prezzi. Ha qualche superstizione: “Ascolta i predicatori che si alternano nelle chiese di Varese, conosce sacerdoti e monaci, giudica gli uomini dalla loro pietà religiosa…”, ma è preso da un riverente timore quando la natura esce dalle sue leggi abituali. Lo impauriscono la vite e i gelsi che germogliano in gennaio per un’insolita ondata di bel tempo, le allodole che cantano in inverno come se fosse primavera, la neve che cade a luglio, i tuoni e le tempeste.

Confida nei proverbi dei vecchi, crede nelle streghe, rabbrividisce quando vede passare una cometa e controlla che la coda sia corta. Scrive con la naturalezza della lingua parlata, un bizzarro italiano fiorito di voci assorbite dal lessico del tempo. Annota Faré: “La cronaca diventa così una preziosa testimonianza del linguaggio locale cinquecentesco, l’eco di un parlare andato in disuso o scomparso”; ma Giulio ha il senso della notizia ed è pronto a raccogliere le curiosità di un padre che si fa frate alla morte della moglie seguendo l’esempio dei tre figli, di tre sorelle che si sposano lo stesso giorno contro la volontà paterna, della ricca famiglia Biumi che ha quattro dottori e un frate letterato in casa, ottimo predicatore ma affetto da podagra, la malattia dei poveri.

Tatto era stato preceduto nell’incarico di segnare i prezzi al mercato da Pietro Maria Castiglioni di Masnago e dal figlio di costui, Battista. Dopo aver raccolto nel proprio libro le medie riportate dai due Castiglioni, inizia il suo paziente lavoro nel 1560 e lo continuò fino alla morte, quando aveva ottant’anni. Al suo manoscritto attinse Giovanni Antonio Adamollo per redigere la propria “Cronaca”, che fu poi completata da Luigi Grossi e pubblicata nel 1931 da Angelo Mantegazza integrandola con estratti della storia varesina settecentesca di Vincenzo Marliani. È , dunque, una lunga catena di contributi che ci consentono, oggi, di conoscere fatti ed avvenimenti di una Varese lontana nel tempo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login