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Parole

ELIMINARE IL SUPERFLUO

MARGHERITA GIROMINI - 13/11/2015

casaDISPOSOFOBIA, disturbo da accumulo o accumulo o accaparramento compulsivo, caratterizzato dal bisogno ossessivo di acquisire, spesso senza utilizzare, una quantità di beni eccessiva. Il termine, letteralmente, significa “paura di buttare”, dall’inglese “to dispose”, “gettare”, “buttare”, “disfarsi (di qualcosa)”, seguito dal suffissoide “fobia”, in greco “panico”, “paura”.

Chi di noi, individui dell’Occidente, non si riconosce affetto perlomeno dal desiderio di accumulo? Per onestà, mi dichiaro io, in prima persona, affetta da questa patologia.

Quando ho letto di un libro che aveva venduto qualche milione di copie nel mondo, scritto da una giovane giapponese, la trentenne Maria Kondo, mi sono affrettata a visionarlo in libreria. Ma non l’ho comperato. Non che la sola visione del libro abbia innescato in me il desiderio di cambiare, no, solo mi sono detta che lo sapevo da me, senza possedere (acquistare, acquisire, accumulare, appunto!) il manuale del perfetto disposofobico, che se avessi voluto, ci sarei potuta arrivare da sola, al percorso di rigenerazione personale che segue il rifiuto dell’accumulo.

Dunque Maria Kondo scrive “Il magico potere del riordino”. Non parla solo di rimettere tutto in ordine, ma anche, e soprattutto, di disfarsi di ciò che non ci serve davvero; descrive le nostre case stracolme di oggetti inutili. Di appartamenti, piccoli o grandi, non cambia la sostanza, pieni di tutto.

Si inizia a conservare tutto: i vestiti di quando eravamo più sottili, quella sciarpa comperata nel grande magazzino di allora ai tempi dell’Università e una quantità di oggetti da cui non possiamo separarci perché sono legati a un certo periodo della nostra vita.

Non ho ancora letto il libro di Maria, non per snobismo intellettuale. Voglio leggerlo dopo, quando avrò avuto il coraggio, tutto il coraggio necessario per:

  • svuotare cantina e garage degli scatoloni di libri che non consulterò mai più, in quanto legati alla professione della mia vita, che non potranno servire né a me né ad alcuno perché, nel frattempo, la società si è evoluta. Anche se è passato poco tempo il mondo corre. Nessuna biblioteca che si rispetti accetterà mai l’omaggio di libri che hanno trascorso qualche anno in un locale inadatto, perdendo lucentezza e profumo. La carta di cui sono fatti quei libri ritroverà una nuova vita solo nel riciclo, salvando qualche albero da morte sicura.
  • regalare i doppioni e i “triploni” di cappotti giacche maglioni e altri capi di abbigliamento, recenti e meno recenti, ma non consunti, che affollano gli armadi in attesa che le tarme facciano il loro lavoro. Proprio ora che non passa mese senza la richiesta di abiti in buono stato per diverse categorie di persone, non ultimi i profughi.
  • buttare senza pietà (e sempre nel cassonetto della carta!) i ritagli di giornale, di quotidiani e riviste specializzate, conservati in cartellette trasparenti suddivisi a suo tempo per tematiche che ora ho persino scordato, perché “potrebbero servire” per un ipotetico articolo. Pile di ritagli che non consulterò mai più. Questo è un atto che procurerà dolore, lo sento, dovrò disfarmi di opinioni di esperti di valore e dei risultati di ricerche importanti (un anno fa, due?), di quel sapere che allora non ho approfondito per mancanza di tempo, mi pare, e il cui approfondimento ho rimandato a un futuro che è già trascorso.
  • eliminare oggetti e oggettini acquistati durante i viaggi, quanti ricordi! E che fare delle foto che stanno, senza vita, chiuse in una cartella del PC? Stampare, stamparle, ma scegliendo quelle indispensabili!
  • eliminare anche i souvenir ricevuti da viaggiatori così gentili da aver pensato a me durante le scorribande lontano da casa.

Solo “dopo” leggerò il libro di Maria Kondo, andando a prenderlo in prestito alla Biblioteca Civica. Per curiosità, per un confronto. Per vedere se c’è scritto, nel bestseller della giovane e brillante giapponese, della quantità di sofferenza che questo riordino provoca a chi decide che per stare meglio, per rinnovarsi, si può cominciare a togliere il superfluo, tutto il superfluo. Ma prima di tutto quello materiale.

Prometto a me stessa che nel corso dei mesi da qui alla fine dell’anno solare farò questo esercizio di ristrutturazione che parte sì dall’esterno ma per arrivare dentro, nella mente e nel cuore.

Il possesso di tante cose inutili, che ancora mi circondano, mi avverte che vivo di eccessi. Mi mostra come si riempia il vuoto con tanti “pieni” privi di un vero significato. Segnala al mio inconscio che sto dissipando del tempo in azioni inutili: ritagliare, accumulare, acquistare. Lo avverte: con o senza il libro di Maria Kondo, urge un cambiamento.

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