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Opinioni

TRA COSCIENZA E VERITÀ

LIVIO GHIRINGHELLI - 28/01/2012

Libertà di coscienza e libertà di espressione religiosa si pongono nel mondo contemporaneo come temi e diritti di stringente attualità. Le autorità civili non hanno competenza alcuna nell’emettere giudizi teologici e il cittadino deve godere di completa immunità di fronte alle coercizioni del pubblico potere nella sua professione e pratica religiosa. Sono diritti che si fondano sulla legge di natura. Già Pio XI (Mit brennender Sorge, AAS (Acta Apostolicae Sedis) 29, 1937, p.160) asseriva: “L’uomo religioso ha un diritto inalienabile a professare la sua fede e ad esercitarla nelle forme che le sono proprie. Leggi che impediscono o rendono difficile la professione e la pratica di questa fede sono in contraddizione col diritto di natura”.
Nella concezione di Pio XII la società e lo Stato devono essere costruiti, dalla base al vertice, sulla persona umana e dalla persona umana, tra i cui diritti fondamentali sta quello al culto privato e pubblico di Dio, che comprende anche l’azione religiosa di carattere caritativo (Radiomessaggio del 24 dicembre 1942, AAS. 35, 1943, p.19).
Per Giovanni XXIII verità, giustizia e amore fanno stabile la società, ma la libertà è il dinamismo del progresso sociale. Infine la Dichiarazione sulla libertà religiosa del Concilio Vaticano II nel pluralismo religioso.
Qui si introduce il criterio della tolleranza, che non si rivela come semplice atteggiamento pratico di clemenza, bensì come valore morale da promuovere per se stesso. È rispetto per la persona nelle sue convinzioni e nell’espressione esterna di esse. E non è neppure irenismo, che si preoccupa unicamente di non contraddire, quanto piuttosto è un invito a cercare la verità con la testimonianza della parola e dell’esempio, la conversazione, la discussione, con un sano impegno per le proprie convinzioni. L’intolleranza nasce invece da una concezione semplicistica della verità.
Nella storia della Chiesa tra Ottocento e Novecento si è sviluppato il fenomeno del modernismo, che poneva l’accento sull’aspetto interno, soggettivo e non sull’aspetto concettuale o razionale della fede. In rilievo il valore dell’esperienza religiosa, momento conoscitivo non intellettuale. Contatto mistico con la Divinità, che non possiede momenti di rappresentazione racchiusa in concetti definiti, conoscenza profetica, i cui elementi sono desunti dalla cultura e dal modo di pensare contemporanei al profeta. Senza esperienza personale non ci sarebbe fede. La Rivelazione non discenderebbe da fuori, ma verrebbe ispirata nell’anima dallo Spirito di Dio, al punto che le espressioni di fede si manterrebbero meramente simboliche. Questo il quadro schematico. Tra positivismo dogmatizzante e dogmatismo religioso il problema della verità va affrontato in termini polidimensionali. La realtà ha una base ontologica, indubbiamente, ma rimane velata; nella continuità della ricerca un’interpretazione che si sviluppa, mantenendosi fermo il nucleo originario. Fiera fu l’avversione ai tempi di Pio X e scandalose certe forme di aggressione. Indi la presa di posizione dell’Humani Generis contro il relativismo dogmatico.
Occorre però fare le seguenti osservazioni: il dogma va reinterpretato nel senso di purificarne linguaggio e concetti; dalle categorie fisicistiche è opportuno passare alle categorie esistenziali, al fine di esprimere il significato fondamentale in modo sempre più efficace; il rivestimento di una verità non appartiene esso pure all’essenza del dogma; d’altra parte non si può ridurre tutto alla storia, dimenticando le essenze immutabili e i principi assoluti. Ampio comunque lo spazio per la coscienza individuale nella libertà di ricerca (corrispettiva della dignità della persona umana).
Benedetto XV nel novembre del 1914 fin dalla sua prima enciclica protestò contro la campagna antimodernistica di sospetti e delazioni. Pio XII nell’enciclica Divino Afflante Spiritu del 1943 dichiara: “I nostri tempi hanno proposto molte questioni , che hanno bisogno di nuove ricerche e di nuove indagini e sono di stimolo efficace allo studio operoso dell’esegeta d’oggi”. Poiché va tenuto presente “che fra i molti elementi proposti nei libri sacri, legali, storici , sapienziali e profetici pochi solamente sono quelli il cui senso sia stato dichiarato dall’autorità della Chiesa e non sono più numerosi quelli intorno ai quali sia unanime il pensiero dei Padri”. Si tengano i cattolici lontani da quello zelo non abbastanza prudente, per cui si ritiene che tutto ciò che è nuovo per questa sola ragione debba essere combattuto o guardato con sospetto.
Per concludere: i dati rivelati sono intangibili, ma determinate opinioni non appartengono alla Rivelazione; sono il risultato della coscienza umana in un dato stadio del suo sviluppo.

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