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Cara Varese

IL CAMPANILISMO CON BUSTO

PIERFAUSTO VEDANI - 28/01/2012

Con garbo estremo, ma con fermezza il sindaco di Busto Farioli è intervenuto nel derby tra i colonnelli della Lega Maroni e Reguzzoni. Non lo ha fatto per seminare ulteriore zizzania, ma per evidenziare che una infelice allusione di Maroni nei confronti del rivale, mai direttamente nominato e definito con tono di dispregio “Uno di Busto Arsizio,“ non poteva essere accettata da una comunità oggi vincente su parecchi fronti: bon ton generale pur nei vivaci confronti politici, notevoli traguardi in ambito sociale e culturale, sviluppo costante che ha fatto di Busto la prima città del Varesotto.

Il sindaco ha ricordato grandi protagonisti di una storia della quale “uno di Busto”, sia di lontane origini, sia immigrato tranquillamente integrato, può e deve essere fiero per il contributo dato alla sua città.

L’intervento di Farioli è stato di rara diplomazia e nel segno della signorilità sempre manifestata nel privato e nella vita pubblica, ma inevitabilmente ha fatto riaffiorare un problema di fondo ancora insoluto: Il Varesotto, nato dal punto di vista amministrativo nel 1927, ricorda per non pochi aspetti altre province italiane nelle quali ci sono ampi fossati, se non addirittura vere trincee, lievitati per ragioni linguistiche o per atavico amor di campanile.

Sono convinto che se ci fossero rapporti più stretti tra le comunità della nostra provincia oggi in Italia saremmo al vertice, invece eccoci alla giusta lamentela di Farioli e allo scivolone maroniano che però deve restare un caso isolato se non si vuole ritornare a un passato fatto a volte di beghe da condominio. Un passato contrastato da uomini di buona volontà e da un ampio fronte del lavoro che ha sempre operato per il comune progresso. Battaglie d’avanguardia sono state combattute anche dall’informazione. La Prealpina, prima guidata da una maggioranza di azionisti varesini e poi da uno straordinario imprenditore bustocco, Stefano Ferrario, ha sempre teso alla collaborazione tra realtà diverse grazie anche al direttore Mario Lodi e al condirettore Nino Miglierina, cognato di Stefano Ferrario. Stima e affetto reciproci cementarono l’azione politica dei direttori che in più occasioni evitarono scontri anche istituzionali tra Varese e Busto, sempre gelose delle proprie prerogative. Il giornale seppe avviare e far progredire una cultura del rispetto che merita oggi di essere ricordata. e che continua grazie agli eredi Ferrario che hanno pure garantito la loro presenza nel quotidiano. Il che significa difesa certa di identità e interessi delle nostre comunità. Che dovrebbero tendersi la mano se non altro per conoscersi meglio.

 

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