Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Pensare il Futuro

CLIMA, ACCORDO IN BIANCO

MARIO AGOSTINELLI - 18/12/2015

cop21Abbiamo un accordo sul clima. E ora cosa succede? A questa semplice domanda che in molti si stanno ponendo all’indomani della Cop21 non c’è risposta. Già perché da oggi al 2023, saranno ben poche le cose che accadranno sul fronte delle emissioni climalteranti.

E dopo, tutto sarà demandato alla “buona volontà” degli Stati circa l’ulteriore diminuzione delle emissioni di ognuno, con la consapevolezza che se non riusciranno a centrare l’obiettivo che si sono dati non ci saranno conseguenze al di là della pacca sulla spalla.

Il documento d’altro canto un punto lo fissa. Quello cioè di contenere l’aumento della temperatura media della Terra a fine secolo «molto al di sotto» dei 2°C – oggi siamo già a quota +1°C – tendendo a raggiungere i 1,5°C. Tutto qui. Questa è la confezione di un “successo” che è stato pensato fin dall’inizio come un’abile operazione di marketing climatico, per offrire una narrazione all’opinione pubblica mondiale positiva e d’attenzione rispetto le questioni climatiche senza intaccare per nulla gli scenari economici ed energetici odierni e anche per i prossimi decenni.

Gli obbiettivi volontari dei singoli paesi in materia di riduzione della CO2 presentati sono già stati giudicati insufficienti dalla comunità scientifica poiché punterebbero a una temperatura di 3°C. Parigi è quindi la chiusura di ciclo nel quale si è provato per ben due decenni ad affrontare i cambiamenti climatici: ancora una volta nessuna azione e solo promesse.

Venerdì 4 dicembre, due giorni prima del round decisivo del vertice parigino, l’Opec ha deciso di non diminuire la produzione petrolifera con il risultato di aver fatto sprofondare il prezzo del barile a 38 dollari, dando un segnale chiaro circa il fatto che il petrolio è abbondante e può diminuire di prezzo. Come se le fonti fossili stessero mettendo a punto l’arsenale contro le rinnovabili, che nell’accordo di Parigi non vengono più citate come fornitrici del 100% di energia elettrica neppure entro la fine del secolo.

Il mondo della politica ambientale e sociale oggi è di fronte alla necessità di dettare l’agenda del clima avendo come referenti non i notabili dei governi, ma i cittadini. Oggi è possibile perché l’informazione riesce a valicare i confini e perché la prossima generazione sta già rispondendo alla chiamata nei fatti, sostituendo la logica del possesso con quella dell’accesso.

La mia opinione sull’accordo di Parigi sembrerà forse in buona parte controcorrente, ma credo che alla prova dei fatti occorrerà colmare il vuoto tra il dire e il fare. Il rischio che si corre se si evocano e amplificano solo le buone intenzioni di cui l’accordo è infarcito, è quello di limitarsi esclusivamente al “fascino intellettuale” della battaglia per il clima. Così facendo, si corre contemporaneamente il rischio di sottovalutare, se non rimuovere, i conflitti necessari per cambiare strutturalmente il modo di produrre e consumare. E di sottovalutare il fatto che alla Cop 21 non si sono trovate né una soluzione temporale né una assunzione di responsabilità storiche, che mettessero finalmente le ali alla giustizia climatica e alla giustizia sociale.

 

 

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login