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Attualità

UN PARCO PER IL BICENTENARIO

DANIELE ZANZI - 15/01/2016

Quel che resta della “Rotonda” in cima a viale Aguggiari

Quel che resta della “Rotonda” in cima a viale Aguggiari

La nostra amministrazione comunale sta giustamente programmando per il 2016 grandi eventi e celebrazioni per ricordare il bicentenario dell’elevazione di Varese al rango di Città. Il 6 luglio del 1816 l’imperatore Francesco II d’Asburgo concesse infatti all’allora borgo di Varese l’agognato titolo di “Città”.

Finalmente dunque i varesini si svincolavano da Como che aveva sempre avuto un ruolo di predominio amministrativo, politico, giuridico e religioso nell’area prealpina.

Come sempre accade in ogni epoca, è uso approfittare di eventi e di onorificenze per mettere in cantiere nuove opere pubbliche e nuove infrastrutture.

Così si pensò che, per celebrare il prestigioso titolo ottenuto, Varese dovesse finalmente dotarsi di un nuovo e distintivo giardino pubblico. Ad onore del vero, pochi mesi prima, nel gennaio 1816, era stato inaugurato il primo pubblico giardino, frutto però di una regalia privata; il conte Vincenzo Dandolo aveva infatti donato alla cittadinanza un viale di platani, da lui messi a dimora a contorno delle sue proprietà.

Il Comune di Varese si ritrovò dunque inaspettato proprietario di un “pubblico passeggio” con il vincolo che gli amministratori provvedessero però nei secoli alla sua integrale conservazione e manutenzione, andando a sostituire le eventuali fallanze o morie con esemplari della stessa specie.

Come poi la volontà del conte veneziano sia stata onorata dai nostri amministratori nel corso dei decenni è evidente a chiunque passeggi nell’attuale Via Dandolo dove, caso unico nella panoramica del paesaggio italiano, hanno trovato spazio, in un incongruo abbinamento, un filare di platani, per altro massacrati, e un filare di bagolari.

Secondo le mode dei tempi a fine Settecento – inizio Ottocento, più che di veri e propri parchi, si privilegiava la costruzione delle cosiddette “passeggiate”, ovverossia filari di alberi sotto cui i cittadini avessero l’agio di camminare all’ombra e di sedersi sulle pubbliche panchine.

I parchi erano per i pochi, nobili o borghesi, che potevano permetterseli per il loro privato uso e godimento.

Allora, come oggi, le opere pubbliche erano pensate e inaugurate in occasione di eventi speciali come appunto l’elevazione di un borgo al rango nobile di città. Così il Consiglio Comunale nel gennaio del 1817 pensò di razionalizzare ed abbellire l’insieme dei tortuosi sentieri che portavano dal centro città verso il Sacro Monte.

Nello spazio di pochi mesi nacque un unico lungo viale rettilineo che dall’attuale Piazza Beccaria (allora Piazza del Cappello) portava su verso il Comune di Sant’Ambrogio Olona. Furono, non senza polemiche e conflitti d’interesse, espropriati numerosi terreni a notabili e nobili locali;

il nuovo viale fu abbellito con panchine, due marciapiedi e un quadruplice filare verde costituito da 161 esemplari di alberi definiti allora “esotici”, che altro non erano che platani ispanici, essenze allora quasi sconosciute nelle nostre terre e la cui massiva introduzione nelle città europee si deve a Napoleone Bonaparte che vedeva in tale specie un simbolo di possanza e robustezza.

L’esborso per il solo arredo vegetale fu notevole per l’epoca: quasi 1200 lire!

Varese poteva così dotarsi di un collegamento moderno verso la cima di Santa Maria del Monte e del primo giardino pubblico a passeggio costruito interamente ex novo su proposta municipale.

Al giardino venne dato nome di “La Rotonda” dallo slargo circolare, tutt’ora esistente e – ahimè oggi ridotto a parcheggio per auto e a centro di raccolta per l’immondizia differenziata – posto alla sommità del tratto di maggiore pendenza.

Oggi il passeggio pubblico comunale de “La Rotonda” è indecorosamente scomparso: ne resta la desolata testimonianza in un unico maltrattato filare di platani che cerca di sopravvivere con affanno sul lato destro del viale.

Varese dunque al principio del XIX secolo, non ancora investita della nomea di “Città Giardino”, e pur già allora dotata di un consistente patrimonio verde privato (Palazzo Estense, Villa Recalcati a Casbeno, le ville sei e settecentesche sul colle di Biumo Superiore,Villa De Cristoforis a Bosto e molte altre) pensava di celebrare la sua elevazione al rango di città con l’apertura di un pubblico giardino per il godimento e lo svago dei propri cittadini. Non palazzi, concerti, eventi, ma un giardino a imperitura memoria e fasto!

Segno di un destino e di un DNA già precostituito? E che nel corso del XIX secolo e nei primi anni del XX avrebbe poi avuto la sua epifania con la costruzione di centinaia di nuove abitazioni, parchi e giardini portando Varese a livelli di vera eccellenza ambientale?

Di fatto i nostri trisavoli costruirono lì un giardino pubblico destinando fondi e idee urbanistiche e sociali al passo coi tempi nuovi. E la Rotonda rimane nella storia varesina come uno dei pochi giardini pubblici creati ex novo. La politica fu poi quella di acquistare parchi prestigiosi privati ed aprirli al pubblico.

Una politica forse giusta, vista la quantità e la qualità del patrimonio ambientale che altrimenti sarebbe andato incontro alla speculazione o all’abbandono.

Non sarebbe ora però bello e interessante che, per le annunciate celebrazioni del duecentesimo della Città di Varese, si rinnovasse questa tradizione ? Cioè progettare e mettere in cantiere la nascita di un nuovo parco pubblico; che non potrà essere, come qualcuno potrebbe proporre, una rielaborazione artefatta dello storico passeggio de “La Rotonda”; impossibile: i tempi, le mode, gli spazi sono mutati.

E non potrà essere di certo un “bosco urbano” come proposto nel progetto vincente del masterplan di Piazza Repubblica; lì, viste le solette, gli spazi e i carichi potranno trovare posto al massimo solo aiuole con petunie, rampicanti e qualche arbusto; alberi di prima grandezza, impossibile!

Il parco del bicentenario merita di essere affidato ad un concorso di idee di paesaggisti e non già ad un ufficio tecnico comunale, per quanto qualificato e competente; potrebbe essere una grande occasione per rinverdire l’ormai sbiadita immagine di una città che ama ormai solo definirsi “giardino”, ma che sta facendo di tutto per perdere questa sua peculiarità tanto faticosamente guadagnata.

Qualche idea in proposito, per il Parco del bicentenario, l’avrei …

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