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Donne

DEVOTA DELLA SANTA UMILTÀ

LUISA NEGRI - 15/01/2016

caterina e giuliana

Le Beate Caterina e Giuliana

Proponiamo da questo numero una serie di racconti tratti dal volume “Il grembiule di castagne” (Comune di Varese, 2001) dedicati a figure femminili della storia di Varese. Le immaginarie testimonianze sono offerte ora in forma di narrazione autobiografica, ora dalla viva voce di altre donne che ne hanno condiviso l’esistenza.

Questo primo ritratto è dedicato alla beata Giuliana Puricelli da Verghera ( 1427-1501) che fu, con la beata Caterina Moriggi e Benedetta Biumi, tra le prime romite del monastero di Santa Maria del Monte.

Le citazioni in corsivo riportate nel racconto sono tratte dal volume di Lativa (marzo 1983) “Mirabile Ydio ne li Sancti Soy”.

Ho avuto Giuliana come la più cara tra le sorelle. Per quanto le abbia amate tutte, da lei m’è arrivato un esempio ineguagliabile. Potrebbe essere la maggior familiarità con chi ho condiviso, oltre che una vita, anche la cella, a suggerirmi sentimenti che non ho mai voluto manifestare. Non intendevo significare una preferenza, che non ho mai favorito nei fatti, perché non si addice a chi ha scelto di amare Iddio sopra ogni cosa indicare predilezione alcuna verso una delle sue creature, anche se esemplare per santità. Ma poiché ora il nostro padre devotissimo, Arciprete Gasparino de Porris, vuole che io manifesti a lui qualche cosa del profitto spirituale della nostra sorella, è giunto il momento che io racconti estesamente, nei limiti della mia modesta scrittura, tanto luminoso esempio di virtù. Dirò all’Arciprete, quando sarò pronta per farlo, che io scrivo non già per mia presunzione, ma per obbligo grande che ho verso questa devotissima e mansueta Suor Giuliana, che diceva di se stessa di aver studiato nel libro dell’umiltà e della carità. Raccontando di lei so che dovrò ripercorrere dentro di me anche la mia vita, che seppur principiata in modo tanto diverso, ha finito per congiungersi a quella di Giuliana e delle altre sorelle. E dovrò sicuramente interrogarmi, e sapermi dare risposte.

Credo che in me e in Giuliana, fin dall’infanzia, qualche particolare segno ci differenziasse rispetto alle altre fanciulle. Noi stesse ci sentivamo diverse dai nostri fratelli, dalle persone che ci vivevano al fianco. La mia era una famiglia nobile e conosciuta, quella di Giuliana era povera e modesta. Ma entrambe ci distinguevamo per l’atteggiamento esteriore, che denotava riservatezza, amore per il silenzio, attenzione per le bellezze del creato. A me piaceva la musica, più che il baccano sfrenato dei giochi, e amavo lo studio, la lettura, il ricamo, la gentilezza dei gesti espressa nella danza. Giuliana prediligeva il lavoro. Fin dalla più tenera età fu importantissimo per lei tenere le mani e la mente sempre impegnati in qualche occupazione. Sfuggiva e temeva l’ozio, adorava le preghiere, che mai si stancava di recitare, sceglieva l’obbedienza come risposta alle crudeltà paterne. Era figliuola di un rozzo contadino che dimorava in un’abitazione tra Busto e Gallarate e non voleva in alcun modo che ella andasse a servire Dio, né conservasse la verginità, e per questo le procurò grandissimi affanni, molestie e tribolazioni.

La mia decisione fu invece scelta coerente di una personalità contemplativa, non portata alle nozze con un uomo, ma a diventare piuttosto sposa di Cristo. Sento l’ardore per l’unione con Lui tanto intenso come mi è parso esserlo anche in Caterina. Il desiderio di congiungermi al mio amato sposo mi sfinisce, e mi sorprendo a volte in estatica contemplazione del suo corpo offeso e piagato.

Giuliana prediligeva come ho detto l’umiltà e i sacrifizi. Digiunava a pane e acqua per tutta la Quaresima e, nonostante la debolezza fisica, non si stancava mai di lavorare, attendendo alle più pesanti e umili incombenze. La tenacia di Giuliana nella virtù faceva crescere nel padre il desiderio di maritarla e di sottometterla ai suoi voleri e alle voglie di un marito. Fu il prudente rifiuto di lei a suscitare l’ira definitiva di quel crudele genitore. Che la chiuse per lunghi giorni in una stanza, prendendola a insulti e a schiaffi.

Ma poiché i voleri di nostro signore non possono essere contrastati da volontà umana alcuna, avvenne finalmente quell’incontro che Giuliana si aspettava da tempo. Grazie alla complicità di un fratello, ispirato da Dio, fu accompagnata a Madonna Santa Maria del Monte, dove conobbe Caterina. Domandato a lei consiglio sulla scelta da operare, si sentì rispondere: “Figliola mia, non è il consiglio umano di maggior autorità di quello dettato dallo Spirito Santo; bisogna che tutti quelli che desiderano servire a cristo Re di Gloria si preparino alle tentazioni della carne, del mondo e del malignissimo demonio, non per acconsentirle, ma per poterle superare. Questo avverrà se ogni cosa che vi accadrà di fare o di patire, tutto sarà a lode di Gesù Cristo, il quale verrà in voi a combattere contro le tentazioni: e così sostenendole virilmente con buona pazienza conseguirete la corona trionfante della gloria e la celeste palma della vittoria. E voglio che sappiate, dolce figliuola mia, che non c’è donna di tanto ingegno, né capacità, che possa intendere una minima parte di quelle cose che Dio ha preparato a quelli che lo amano”.

Poi Caterina incitò la giovane a pregare e riflettere sulla sua scelta. Dopo la preghiera la giovane le espose le pene e le umiliazioni inflittele dal padre. E poiché le battaglie da lei sostenute apparvero a Caterina simili a quelle sopportate da Santa Giuliana, la scelta, fatta per amore di Dio, fu allora che fosse accolta per sempre tra le sorelle con quel nome. Giuliana progrediva nella via della purezza e della devozione, e ogni giorno chiedeva a Caterina come potesse migliorare il suo amore per il diletto sposo Gesù Cristo. “Figliuola mia – fu la risposta di Caterina – due sono le città che sempre durano, cioè Babilonia, che significa confusione del fuoco eterno, e Gerusalemme, che significa visione di pace nella vita beata. In Babilonia regna quell’insaziabile omicida che è Satana, sotto il quale tutti gli scellerati peccatori sono torturati e tormentati. Lì si va per la via della superbia, che è radice di ogni male. In Gerusalemme regna Cristo Gesù, re piissimo, sotto il quale tutti gli uomini e le donne virtuose sono in tal modo rallegrati con il godimento divino ed eterno che -come inebriati dallo spirito divino e di tanto diletto e piacere – non possono pensare, né fare, né parlare d’altro se non dell’amore del Signore e re benignissimo, Cristo Gesù. E a questa felice patria questi tali sono giunti per la via contraria, quella cioè della santa umiltà alla quale, figliuola mia, nostro Signore ci chiama, dicendo: venite a me che sono umile e mansueto di cuore. Questa è dunque la via per la quale voi dovete progredire e camminare”.

Fu dopo queste parole che la sua vita cominciò ad effondere il profumo soavissimo di una grande e profonda umiltà. Io, che trascorrevo con lei tanta parte del giorno e della notte, ebbi modo per molti anni di osservare da vicino quell’esempio di obbedienza e di devozione, di sacrificio e di laboriosità al quale sempre si accompagnava una sommessa, ininterrotta preghiera. Non dirò delle pene che infliggeva al suo corpo, cingendosi la magra persona con il supplizio del cilicio. La sua morte mi gettò nello sconforto al punto che arrivai a chiedere a Dio di prendermi, come la mia sorella, nella Sua grande luce, perché potessi essere unita a Lui per sempre. Sarei rimasta in quello sconforto per troppo lungo tempo, se a sorreggermi non fosse intervenuto l’amore dell’amatissimo mio sposo, che mi mise davanti coi fatti il segno indubbio della santità maturata da Giuliana nella sua lunga vita. Dal corpo benedetto di lei, mentre veniva seppellita, uscì una fragranza soavissima e in seguito alcune persone ricevettero grandissime grazie, guarigioni e conforti, per merito suo e per bontà di Dio.

Ora, a quei due fatti, se ne aggiunge ancora uno: la richiesta della testimonianza della sua santità.

Qualcuno, che mi ha chiamata testimone privilegiata del mistero di una vita votata, a Cristo e da Lui grandemente prediletta e ricambiata coi segni della sua amorosa presenza, vuole che sia io a garantire con il sigillo autentico delle mie parole il cammino di santità di Giuliana.

Vedo dunque, in questo pur umile e succinto racconto che mi accingo a compiere, un segno in più della giusta scelta da me operata: nella mia vita offerta al Signore, nelle fatiche, nelle privazioni e mortificazioni cui volentieri mi sono sottoposta per amore del mio sposo, e che mi hanno portata con le altre sorelle – Caterina,Giuliana, Paola e Francesca – a combattere la mia imperfezione.

Comprendo ancor meglio le mortificazioni di Giuliana, le voglie di preghiera nell’orto, le sue mani arrossate dal lavoro, le piaghe delle carni sue e di Caterina. Intendo fino in fondo le sue notti consumate nella preghiera a ringraziare la divina bontà per la creazione, per la redenzione, e per la vocazione religiosa, alla quale, per sua pietà, Dio l’aveva chiamata come a porto quietissimo, a paradiso ridente e a via certissima di salvezza.

Negli anni trascorsi a Santa Madonna Maria del Monte ho imparato ad amare il mio sposo Gesù Cristo sopra ogni cosa. Nei primi tempi mi sentivo ardere per Lui come in un rogo, anima e corpo. Ma temevo gli affanni della carne e del mondo: temevo il silenzio di questo luogo solitario nel quale s’effondeva la preghiera, temevo le minacce dei temporali che s’abbattono nei giorni bui di tempesta, le malattie affrontate senza l’aiuto di chi ci poteva curare, le lunghissime veglie, i troppo brevi riposi sui giacigli di foglie, i lunghi digiuni, lo scherno e le menzogne dei detrattori.

Ho appreso poi, con la penitenza, l’obbedienza, la preghiera a spogliarmi del mio io, per la gloria di Dio Padre.

Oggi so con certezza che la mia vita dev’essere qui, per tutti gli anni che Lui vorrà, anche tra le mortificazioni, le rinunce e le fatiche più pesanti, perché sia in me, nella mia ormai serena anima, umile specchio della sua grandezza. Affinché sia di Lui massima gloria.

É giunta dunque l’ora di impugnare la penna per rendere alla mia diletta sorella la giusta testimonianza.

Padre nostro devotissimo, la vostra indegna figlia spirituale Suor Benedetta Biumi con umile devozione è pronta a ricordare per voi, a gloria di Dio, la santa memoria della devotissima Suor Giuliana, vostra avvocata e mia…”

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