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In Confidenza

SPERARE NELLA PROVVIDENZA

Don ERMINIO VILLA - 22/01/2016

provvidenzaLa vostra carità è segnata, deve essere segnata, dalla povertà. Per favore, non accumulate denaro. Ricevete quello che la Provvidenza vi manda, amministrate bene, questo sì, avete l’obbligo di amministrare bene, però date tutto a quelli che ne hanno bisogno. Vivete giorno per giorno della Provvidenza. Povertà attiva, prudente, perché sapete amministrare bene, sì. Però non ingrossate le casse, perché, nel fondo, quando ingrossiamo le casse, mettiamo la nostra speranza lì. E se voi mettete la speranza lì, perdete la cosa più genuina che è la speranza nella Provvidenza di Dio che sta venendo. È la cosa più genuina che vi ha dato il Fondatore”.

Meditando sulla lettera agli Ebrei, e sulla condivisione della prova, vi si coglie la condivisione della fatica a sperare.

Cristo condivide la nostra sofferenza che non è solo patimento, pena, limite della nostra condizione a volte segnata dalla malattia, dagli anni che avanzano, da desideri rimasti incompiuti… Sappiamo che la speranza è una virtù impegnativa al punto da dire che il desiderio, l’attesa, la speranza ad un certo punto si trasformano in un dovere, perché qualche volta la fatica a sperare diventa così forte da tentarci a rinunciarvi.

Noi condividiamo con tutte le donne e gli uomini del nostro tempo, con i giovani e gli anziani, con gli adulti e le famiglie, la fatica a sperare. Proprio a partire da qui possiamo diventare seminatori di speranza e di fiducia nella Provvidenza, introducendo in questa fatica la luce di Cristo.

Nel messaggio di questo anno speciale si invitano particolarmente gli uomini e le donne della vita consacrata a ritornare così profondamente a Cristo da diventare una luce di Cristo nella fatica della speranza.

Non abbiamo formule magiche per restituire speranza agli uomini, ma possiamo testimoniare giorno per giorno, nella condizione singolare di ciascuno, nelle nostre vite comunitarie la luce di Cristo che è la ragione della nostra speranza – non abbiamo dubbi su questo – una ragione capace di superare ogni delusione, ogni limite, anche quello della morte.

Questa condivisione in forma fraterna della fatica a sperare, che diventa premessa per una testimonianza di speranza credibile, si trasforma alla fine nell’annuncio di un amore più grande. Se il Concilio riconsegna alla Chiesa il dono della vita consacrata sotto il nome di “perfetta carità”, vogliamo raccogliere nell’anniversario del Concilio la consapevolezza di una chiamata ad un amore più grande.

Cosa vuol dire “un amore più grande”? Vuol dire che la consacrazione religiosa, i voti che la connotano, la generosità dei consacrati, la nostra gioia può diventare un autentico annuncio di Vangelo, un amore più grande, l’amore di Cristo.

Quindi in mezzo ai sospetti, in mezzo ai dubbi, in mezzo alle fatiche, in mezzo alle sconfitte, in mezzo alle tentazioni degli uomini e delle donne di rinunciare ad amare, tutti, giovani e anziani, siamo chiamati e chiamiamo a testimoniare questo amore più grande.

La nostra piccola fiamma della fede sia la fiamma di Cristo che noi vogliamo proteggere e alimentare con il Vangelo, perché così possa, a sua volta, accendere tante altre luci. E mentre noi custodiamo questa fiamma, possiamo vivere questa gioia di essere trasformati in Cristo stesso.

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