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Pensare il Futuro

ECONOMIA E POVERTÀ

MARIO AGOSTINELLI - 12/02/2016

c02Nonostante la mobilitazione promossa e l’impegno diretto del Papa in consessi internazionali, la Laudato Si’ non è ancora riuscita a trasmettere l’indicazione per una trasformazione economica che affronti la povertà globale, lo sviluppo pulito, il disaccoppiamento delle emissioni che alterano il clima dall’economia, il passaggio ad un’energia di pace. La dimostrazione è avvenuta alla Conferenza Cop 21 di Parigi, i cui risultati sono apparsi timidi e distanti nei fatti dalla determinazione dell’Enciclica.

L’obiettivo principale della decarbonizzazione dell’economia, è stato rimosso nel documento conclusivo. Da esso risulta che il picco di emissione di CO2 può essere di qualsiasi grandezza, con un periodo di tempo indefinito perché si realizzi, con un annullamento rimandato a fine secolo (non si menziona neanche una volta che i combustibili fossili abbiano termine!). Risulta evidente la resistenza delle industrie del settore fossile e di quelle altamente energivore. Una opposizione che si ritrova più volte anche quando i paesi ricchi devono prendere impegni per i paesi in via di sviluppo. Ce se ne fa una ragione quando si considera che, secondo un’analisi congiunta dell’Istituto per lo Sviluppo Internazionale e dell’ODI, solo i paesi del G20, le prime 20 economie, canalizzano ogni anno 450 miliardi di dollari di fondi pubblici sotto forma di sussidi alle compagnie petrolifere. Durante la legislatura 2013-2014, le compagnie petrolifere USA hanno contribuito con 326 milioni di dollari ai membri del Congresso degli Stati Uniti per finanziare le loro campagne elettorali e per influenzarne le decisioni. Tra i favori ricevuti in cambio per lo stesso periodo, il Congresso ha fornito sussidi alle compagnie petrolifere per 34 miliardi di dollari.

Preoccupa per la pace che l’accordo di Parigi escluda le emissioni generate dalla attività militare come l’aviazione e il trasporto marittimo, privilegiando soprattutto gli interessi strategici e commerciali dei paesi industrializzati. Se si raffronta il consumo di petrolio con il consumo totale per paese, solamente 35 paesi superano la quantità di petrolio consumato dal Dipartimento della difesa degli USA. Le trattative sul riscaldamento globale hanno rimandato nel tempo l’impegno dei paesi industrializzati a fornire 100 miliardi di $ ai PVS, in cui vi è l’80% dell’umanità, per sostenere il loro contributo limitare l’innalzamento della temperatura del pianeta. Eppure, secondo il SIPRI la spesa militare globale è superiore a 1.700 miliardi $ ogni anno. Solo gli Stati Uniti superano i 650 miliardi e l’Europa i 450 miliardi.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), che sono stati approvati dai leader di tutto il mondo, comprendono lo sradicamento della fame e della povertà entro il 2030. Tuttavia, l’impatto devastante che i cambiamenti climatici avranno sulle persone più povere potrebbero vanificare gli obiettivi più ambiziosi, giacché gli impatti delle colture al diminuire delle precipitazioni, l’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari a seguito di eventi meteorologici estremi, e una maggiore incidenza di malattie dopo ondate di calore e inondazioni porterebbero a cifre fino a 100 milioni l’aumento dell’indigenza.

In definitiva “è impossibile porre fine alla povertà, se non prendiamo una forte iniziativa per ridurre la minaccia del cambiamento climatico” ha affermato il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim. In effetti, la Banca Mondiale ha una storia lunga e dubbia per forzare i paesi in via di sviluppo a ridurre la spesa pubblica al fine di fornire i servizi di base e di fornire protezione sociale per le popolazioni economicamente svantaggiate.

Ma se accanto agli aiuti promessi si garantiscono i servizi di base, tra cui acqua potabile e servizi igienici, si aiutano le comunità a recuperare più rapidamente a fronte di catastrofi naturali e a mutamenti climatici. Sapendo che i governi nazionali hanno bisogno di più supporto nella progettazione e nella realizzazione di progetti per contribuire a sradicare la povertà che, a sua volta, impedisce la resilienza delle comunità ai cambiamenti climatici.

C’è ancora molta strada da fare per un futuro in cui giustizia climatica (decarbonizzazione) e sociale (sradicamento della povertà) si compenetrino l’un l’altra.

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