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Urbi et Orbi

SUI LUOGHI DI FRANCESCO

PAOLO CREMONESI - 19/02/2016

GreccioA Padre Alfredo Silvestri, guardiano del santuario di Greccio, l’emozione non è ancora passata. Erano le 15 e 20 del 5 gennaio quando un confratello che si trovava nelle vicinanze con alcuni amici lo ha chiamato trafelato: “Vieni, sta arrivando il Papa!”. Il tempo di aprire il cancelletto del santuario dove c’erano al momento cinque, sei persone e Bergoglio si è affacciato, accompagnato dal vescovo di Rieti, Monsignor Pompili, a bordo della solita Ford Focus blu. È entrato nella grotta scavata nella roccia in cui San Francesco allestì il primo presepe e si è raccolto in preghiera. Colloquio silenzioso tra… ‘Franceschi’. Prima di andarsene il Papa ha salutato i religiosi ed alcune decine di giovani entusiasti e increduli che stavano partecipando ad un incontro in diocesi. Sul libro del Santuario si può leggere, a distanza di poco più di un mese, il suo saluto autografo: “Ringrazio il Signore per questa gioia e gli chiedo di benedire la Chiesa, il vescovo, i frati, i fedeli, e aiutarci tutti a scoprire la stella e cercare il Bambino”.

Siamo a pochi chilometri da Rieti, ad un’ora e mezza circa di macchina dalla capitale. Qui in un anfiteatro naturale dalla forma quasi circolare, chiusa lungo il perimetro da colline e monti, come il Terminillo si apre una grande valle solcata dal fiume Velino. Ai quattro angoli i santuari francescani, idealmente disposti alle estremità di una croce: Poggio Bustone, Fontecolombo, La Foresta e appunto Greccio.

Querce, faggi, castagni, elci, larici, agrifogli e a quote più alte gli abeti delineano il panorama. In basso la piana durante l’estate si trasforma in un mare giallo di grano.

Ed è ciò che San Francesco vede, raggiungendo questi luoghi per la prima volta nel luglio del 1208. Sono sette frati partiti da Assisi e alla ricerca di totale solitudine. Poveri, sconosciuti, probabilmente anche osteggiati per la radicalità della loro scelta. La prima meta è Poggio Bustone, abbarbicata sulla costa rocciosa di una montagna. Il Santo vi giunge con in bocca un semplice saluto: “Buon giorno, buona gente !”. La frase, ricordata nell’attuale eremo dove vivono tre religiosi, genera l’accoglienza da parte di pastori, agricoltori e poveri artigiani di un paese che era l’emblema della miseria, tormentato dal rigore del clima, dal vento persistente, confortato solo dal grandioso panorama che si apre sulla Valle. Oggi Poggio Bustone non ha perso la sua caratteristica di borgo ‘ruvido’ ma ospitale. Vi si ricorda la casa dove è nato Lucio Battisti ma molto di più la presenza dei luoghi (il santuario, il Sacro Speco) dove Francesco riceve il conforto e la conferma della sua missione insieme alla visione di una moltitudine di frati itineranti.

Al lato opposto della valle, Greccio. Stesso scenario ma con una diversa vegetazione. Francesco vi giunge per la prima volta nel 1209. Ma vi ritorna più volte affascinato dal luogo. Qui in un santuario costruito sotto la roccia si ricorda la celebre notte di Natale del 1223. Ansioso di far toccare con mano l’esperienza fatta dal Figlio di Dio, mette in atto una rappresentazione, raccontata nelle biografie del Santo sia da Tommaso da Celano che da Bonaventura da Bagnoregio. Nel Mistero dell’Incarnazione il Santo riconosce l’umiltà e la povertà della nascita del Messia: Francesco vede rinnovare l’azione di Dio nel sacramento dell’Eucarestia, dove Gesù discende ogni giorno attraverso le mani del sacerdote. In quella notte prepara la Santa Messa chiedendo aiuto al suo amico Giovanni Velita “per vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per mancanza delle cose necessarie a un neonato” come disse lui stesso. Si reca così in una grotta dove Velita aveva portato una mangiatoia, un asino e un bue. Dopo “alcune dolci parole” predicate da Francesco, ecco la visione del Bambino Gesù che giace sul fieno. L’evento miracoloso scuote gli animi e i cuori dei più, toccati dall’esperienza fatta.

Silenzio, alberi, acqua, rocce, eremi, preghiera: il cammino nella valle reatina attraverso i luoghi di Francesco è un libro aperto sul tredicesimo secolo ma che parla all’oggi.

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