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Editoriale

QUARESIMA

ROMITE AMBROSIANE - 26/02/2016

Dal “monte delle beatitudini” il lago di Tiberiade

Dal “monte delle beatitudini” il lago di Tiberiade

Il cammino inizia su di un monte ed abbraccia con lo sguardo la meta; chi pensa al tempo quaresimale come ad un tempo di mestizia sbaglia e la liturgia ce lo dice chiaramente iniziando nelle letture feriali della messa con il discorso della montagna; così riceviamo le ceneri con l’invito a convertirci e a credere al Vangelo dopo aver ascoltato per nove volte “beati…”.

Siamo portati su di un monte, un monte da cui ci è indicata la via o, forse di più: ci è indicata la terra promessa che altro non è che la beatitudine. Sediamoci su questo monte ed ascoltiamo: forse proprio questa è la conversione in questo cammino verso la Pasqua nell’anno giubilare della misericordia, sedersi ed ascoltare per lasciarci riconciliare con noi stessi, con la nostra vita, con il mondo; sedersi ed ascoltare per accogliere una misericordia inattesa.

Già non è poca cosa sedersi, darsi tempo semplicemente per guardarsi intorno, pensare od ascoltare. Sedersi su un monte con quella giusta distanza dalla piana della quotidianità che permette di vedere dove stiamo andando, con chi, come… le corse di ogni giorno ci possono da lassù sembrare frenetiche e un po’ insensate; ci si può stupire con gratitudine della bellezza dei legami, porto sicuro e caldo focolare che rasserena e riscalda il cuore; ci si può dolere di scelte sbagliate, di desideri incompiuti, di motivazioni egoistiche, di un senso perduto… Ma ecco, in quel tempo così inutile ed inefficiente passato seduti su un monte, uno sguardo segue il nostro e una parola autorevole descrive con un’altra angolatura quanto noi da lassù vediamo: no, non siamo soli, Qualcuno seduto accanto a noi, con noi guarda, per noi mostra la meta e nomina il desiderio taciuto del nostro cuore: “Beati” e vede proprio quanto noi vediamo… “Beati” ed ha percorso le nostre strade… “Beati” ed ha condiviso le nostre lacrime… “Beati” ed è seduto accanto a noi.

“Beati i poveri in spirito” quelli che sanno di non bastare a se stessi e sempre cercano, domandano, accolgono; beati come quell’umile carpentiere che va mosso dallo Spirito ed obbediente al Padre, va cercando ogni uomo, domandando la ricchezza della comunione con tutti e ciascuno.

“Beati quelli che sono nel pianto” – e quanti sono! – quelli che non si vergognano delle proprie lacrime, della propria debolezza ed anche dei propri errori; quelli che sanno piangere perché non si accontentano di una vita piena di dolore e fatiche, ma ancora sanno sperare un domani senza lacrime perché, nonostante tutto, amano la vita; beati come Gesù, l’Amico, che di fronte al sepolcro dell’amico Lazzaro scoppiò in pianto, rese grazie, operò il miracolo non rinunciando, anche di fronte ad una pietra tombale, ad amare, sperare e credere. Quel pianto di compassione causò la sua condanna a morte, ma Lui anche nelle lacrime continuò ad amare, credere e sperare.

“Beati i miti” incapaci di violenza alcuna, desiderosi della pace con tutti, ma non per comodo quieto vivere: sanno che quanto sperano e desiderano verrà solo da una libera risposta d’amore del prossimo; beati come l’onnipotente Figlio di Dio che si fa arrestare, condannare ed uccidere perché solo degli uomini liberi possono comprendere la profondità del suo amore che arriva fino al fondo dell’abisso del male.

“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia” e si nutrono di desideri condivisi con i fratelli come il Rabbì di Nazaret che mai si stancava di insegnare che ogni giustizia ed ogni legge sono fatte per l’uomo tutto intero e per tutti gli uomini così che una giustizia che voleva difendere un popolo fatto di pochi lo condannò a morte (cfr. Gv 11, 50).

“Beati i misericordiosi” che hanno il cuore rivolto ad ogni miseria e sono mossi dalla compassione così che non conoscono la solitudine; beati come Gesù di Nazaret uomo potente in opere e parole che con miracoli ha salvato tanti, ma sulla croce non ha salvato se stesso per raggiungere così la miseria estrema, quella della morte.

“Beati i puri di cuore” il cui occhio è rischiarato dalla luce della fiducia, dalla speranza, dall’amore e possono così vedere ciò che quanti già sanno non scorgono; beati come il Signore che esultò nello spirito e rese grazie perché ai piccoli sono rivelati i segreti del Regno di Dio (cfr. Mt 11, 25).

“Beati gli operatori di pace” che portano avanti l’opera creatrice di Dio perché tutto e tutti risplendano nella propria bellezza, nella propria bontà; beati come il Messia che annuncia il compimento di ogni promessa a prezzo della sua stessa vita schiacciata sotto il peso di tutte le contraddizioni, le malvagità, le pusillanimità, le mediocrità…

“Beati i perseguitati per la giustizia… per causa mia…” quelli che saranno inseguiti, scacciati, uccisi per aver seguito con tenacia una realtà che non è di questo mondo, ma che è più forte e vera di questo mondo; beati come Gesù, il Cristo, che risorto da morte vive per sempre ed è per noi Via, Verità e Vita.

Tutto questo è forse un sogno? È forse realtà astratta che mai farà presa sulla nostra quotidianità? Sta a noi deciderlo e scegliere di lasciarci riconciliare con Cristo accogliendo la sua vita – vita sempre nuova, sempre eccedente, vita divina – in noi. Buona Quaresima, cammino da ogni nostra morte verso la beatitudine della Vita.

 

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