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Parole

GENITORI CAPOVOLTI

MARGHERITA GIROMINI - 26/02/2016

Una mamma all’ospedale di Saint Eloi

Una mamma all’ospedale di Saint Eloi

Vorrei saper accogliere con maggiore razionalità le tante notizie che ricevo al mattino dalla radio. Mi colpisce la quantità di nuove tendenze, una prodotta da un sondaggio in America, l’altra da una ricerca scientifica realizzata chissà dove. Spesso mi riesce difficile orientarmi nel mare degli avvenimenti di cui ascolto il racconto: una maestra di scuola materna che maltratta i suoi piccoli alunni, una professoressa che incita i suoi ragazzi a compiere atti di bullismo verso un compagno debole, una ragazza che tenta il suicidio perché “bullizzata” (orribile parola!).

Giorni fa ecco una notizia quasi tragicomica. Nel sud della Francia i genitori vittime dei figli tiranni trovano aiuto specialistico in un nuovo centro ospedaliero, aperto a Montpellier proprio per loro. Ne avevano parlato alla radio, ma l’informazione mi era scivolata via. Poi l’ho ritrovata su un quotidiano e mi sono decisa a ragionarci su. Poco importa che la vicenda sia nata lontano da noi e riguardi i francesi questa volta, o gli americani ieri, o i finlandesi l’altro ieri.

All’ospedale Saint-Eloi di Montpellier ci si prende cura dei genitori che, smarrita l’autorità genitoriale, si trovano spiazzati di fronte alle continue vessazioni inflitte loro dai figli. A finire in terapia è un gruppetto di mamme e papà maltrattati dai propri pargoli che hanno un’età compresa tra i cinque e i quindici anni, incontenibili nelle azioni di disturbo ripetuto, sordi ad ogni richiamo e ad ogni punizione comminata dagli adulti. Che hanno accettato di fare da cavie nella speranza di uscire da una situazione insostenibile.

L’equipe di psicologi e psichiatri inizia la terapia con l’analisi di alcuni casi eclatanti. Eccone uno: a Parigi un bambino di cinque anni, stanco del noioso trantran domestico, decide di movimentare la cena rubando al fratello maggiore il coltello, lo lancia contro il muro, sfiorando le teste dei familiari. Per fortuna non colpisce nessuno. Intorno a questa breve storia prende il via il lavoro di analisi dei partecipanti. Gli esperti chiederanno loro di individuare le possibili reazioni degli adulti. Mi immagino che esista una scheda su cui annotare le soluzioni pensate per il caso sopra citato. Ma come si affronta un problema del genere? Come lo si risolve? Con una sculacciata, con gli schiaffoni che spesso vengono invocati come soluzione, con il salto della cena, con la sospensione dei programmi TV preferiti?

Forse è giunto il momento dell’addio al libertario Benjamin Spock e alla psicoanalista Françoise Dolto? Che hanno impiegato decenni a convincere i genitori degli anni Settanta e Ottanta della necessità di trattare i bambini come persone a cui carpire il segreto di comportamenti così diversi dalle modalità adulte; che insieme con altri studiosi ci hanno fornito gli strumenti per comprendere il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.

Arriverà presto anche in Italia la richiesta di centri ospedalieri specializzati dove sostenere i poveri genitori di figli capricciosi e dispostici? L’idea che esistano bambini tiranni di qua e adulti disarmati di là genera una certa preoccupazione. Ma se mi interrogo sulle reali dimensioni del fenomeno, mi rispondo che i casi disperati non possono essere così numerosi. Sorge il sospetto che qualcuno abbia interesse a ingigantire alcune situazioni di particolare disagio per creare dei bisogni, per poter dare il via a specializzazioni nuove che richiederanno manuali ad hoc e nuovi formatori per la gestione del fenomeno. Si scoprirà che serve un lessico psicologico aggiornato. Come è nato un esperto che si chiama adolescentologo, così domani avremo bisogno di altri neologismi per inquadrare le ultime problematiche. La risposta che ci arriva dalla Francia, una terapia per i genitori vittime dei bambini tiranni, a mio parere evidenzia la tendenza a medicalizzare molti nostri comportamenti. Troppi.

Ma alla fine mi lascio prendere da un sussulto di ottimismo. Gli operatori di Montpellier seguono le teorie dello psicologo israeliano Haim Omer, esperto della Non Violent Resistance, una resistenza non violenta, applicabile sia al campo della politica sia alle dinamiche familiari. Costui garantisce che la risposta più efficace è indurre il cambiamento negli altri cominciando da se stessi. Se i figli sono refrattari alle spiegazioni e alle punizioni, la risposta è “Se noi cambiamo, anche gli altri modificano i loro comportamenti”.

Staremo a vedere.

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