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Editoriale

REALISMO

GIAMPAOLO COTTINI - 15/04/2016

elezioniL’approssimarsi del momento elettorale è occasione propizia per interrogarsi sul senso stesso della politica e sul valore del voto per la costruzione del bene comune. In particolare, i cattolici dovrebbero sentirsi ancora più impegnati a cercare le ragioni profonde della loro presenza pubblica nella società anche come testimonianza.

Constatiamo però che negli ultimi anni è andata progressivamente scemando la prospettiva ideale della scelta politica: il voto sembra perdere il valore di una scelta di campo antropologica e culturale (chi oggi porrebbe seriamente la questione ideologica se sia più giusto militare nella destra o nella sinistra?), e dalla prospettiva di appartenenza ideologica, che giustifica scelte e prospettive legate ad una visione ultima, stiamo scivolando in un pragmatismo che affronta l’immediata concretezza, lasciando poco spazio a discussioni etiche, tanto che alla fine i profili dei candidati sembrano quasi sovrapponibili per intenzioni e contenuti.

È difficile quindi orientarsi nella scelta elettorale, anche perché venendo meno i grandi principi ideali fondati su una visione totalizzante, tutto sembra pressoché identico e la stessa scelta sembra quasi indifferente e poco incidente sulla coscienza del credente.

È difficile quindi riconoscere negli schieramenti contrapposti scelte ispirate ai valori propri della tradizione cattolica, per cui spesso il credente si sente confuso ed orfano della passata unità politica dei cattolici riconoscibile anche in una militanza unica di partito; ma questo sembra che non potrà più tornare, sia perché non spetta alla Chiesa dare indicazioni concrete di candidati e schieramenti; sia perché è ormai assolutamente chiaro che la responsabilità politica non può mai essere attribuita alla Chiesa in quanto tale, anche se qualcosa la Chiesa è pur chiamata a dire.

La chiesa di Milano, in un recente documento del consiglio episcopale milanese, dà il suo contributo su come vivere il confronto elettorale, suggerendo il metodo dialogico come strumento di un processo insieme di riflessione e di valutazione atto a restituire alla città il volto della sua tradizione. Queste elezioni decideranno di fatto come verranno governate alcune importanti città italiane in un delicato frangente della nostra vita comune. Ciò chiede un confronto franco, leale, onesto in luoghi che consentano quel discernimento necessario per poter scegliere oculatamente. Il primo criterio proposto dal documento della Diocesi è dunque che il dialogo non coinvolga solo fazioni politiche contrapposte, ma metta a confronto esperienze fiorite all’interno della comunità concreta per il bene di tutti, creando quel tessuto di buone relazioni di amicizia civica che dovrebbe essere l’obiettivo del governo di una città.

Certo, bisogna riconoscere che la situazione del mondo è molto cambiata, che la crisi economica morde nella vita concreta delle persone distogliendole da un dibattito magari di alto profilo ideale ma distante dai problemi reali. Perciò il realismo del puntare su quanto è fattibile evita la fuga nell’utopia dell’impossibile, anche se pare condurre alla rinuncia del “pensare” la politica, creando quelli che anni fa venivano chiamati “laboratori politici” in cui sperimentare nuove formule ed alleanze in un confronto concettuale tra concezioni diverse della vita personale e sociale.

Oggi sembra più opportuno identificare degli elementi pragmatici utili per risolvere le questioni della quotidianità, senza preoccuparsi dei principi su cui sarebbe difficile trovare convergenze anche all’interno dello stesso mondo cattolico, ma bisogna ricordare che evitare un confronto aperto anche sulle grandi questioni etico-antropologiche che incidono maggiormente sul costume della gente sarebbe alla lunga un percorso miope.

Si pensi al dibattito sulla famiglia che rimane il luogo essenziale del vivere, o ai temi della libertà di educazione, o alla questione dell’immigrazione che richiede un solido impianto culturale per favorire un’integrazione non conflittuale. Sono temi da affrontare senza pregiudiziali, cercando di ricreare una cultura politica capace di mediare i grandi principi universali nelle decisioni quotidiane. E una fatica del genere non può essere evitata né delegata a nessuno, neppure alla Chiesa come tale, che non può avere formule magiche.

Perciò occorre recuperare una sana laicità che riconsegni a tutti la responsabilità di decisioni che competono a tutti in quanto riguardano il bene di tutti, cercando i necessari punti di mediazione ed anche i fattori di un nobile compromesso che non sia al ribasso nella tutela dell’umano e non pretenda di imporsi in modo ideologico.

È il lavoro che ci aspetta nelle prossime settimane per giungere consapevolmente alla scelta elettorale, in un contesto che privilegia la presenza di liste civiche intorno a cui si aggregano i tradizionali partiti, dopo aver constatato la difficoltà di riaggregare in modo univoco quello che veniva definito “mondo cattolico”, e che oggi si presenta come una costellazione di gruppi ed aggregazioni diversificate per opzioni diverse.

Oggi è il momento di una riflessione responsabile sui cambiamenti in atto e di una valutazione della posta in gioco presente anche nella gestione delle politiche amministrative. Senza la presunzione di costruire un’improbabile “politica cattolica” di cui non sarebbero sempre chiari i contenuti, la Chiesa invita al confronto su cose reali, senza azzerare le differenze, ma evitando anche puntigliosi distinguo di principio che non tengano in debito conto la realtà concreta.

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