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Editoriale

L’AMICIZIA

EMILIO CORBETTA - 29/04/2016

amiciziaParole fragili ti attraversano la mente. Non è un casuale susseguirsi di vocaboli. C’è il filo di un pensiero che le guida. Si forma una specie di collana: ogni parola è una perla di vetro e il filo del pensiero le guida. Fragili le perle, fragile il filo. Ma quale pensiero? Sono tanti e possono intrecciarsi, anzi si intrecciano. Devi dipanarli. Ora un pensiero prevale sugli altri.

Il pensiero ti chiede: ma l’amicizia c’è? Domanda plurimillenaria come la risposta che viene da lontano nel tempo: l’amico vero si riconosce nella fortuna avversa. Ma allora è la sfortuna, è il dolore che rivela l’amicizia, che filtra l’amicizia?

L’altra sera occasionalmente ero accanto ad un politico varesino in fieri di future fortune. Un gruppo di persone quasi urlava l’amicizia nei suoi confronti con sonori “ciao Angelo, ciao!” (il nome è simbolico). La persona in auge, il fortunato ha tanti amici. Io invece non ero salutato da nessuno. La mia personalità non è coronata da positività, anzi è il chiaro esempio che fa capo al detto: “Se la fortuna è cieca, la sfortuna invece ci vede benissimo. È sempre qui!”. Mi stavo avviando verso casa, quando mi ha raggiunto uno che mi dice: “Senti, so che tu hai bisogno …” Un sussulto, ecco l’umile, sincero, disinteressato amico.

L’amicizia vera non appare. È silenziosa e sa vedere le tue debolezze, i tuoi bisogni. Non è ricca ma sa aiutarti ugualmente nel momento opportuno. È forte nella sua sincerità, non nella sua potenza. Ha un grande difetto: è piuttosto rara, essendo inversamente proporzionale alla fortuna.

È un sentimento sempre uguale in tutta la vita? È gioiosa nell’infanzia. Forte ed un poco passionale nell’adolescenza. Più rara, molto più rara nel periodo degli eccessi ormonali, quando la competitività della vita ti incrudelisce. Sempre rara ma forse più profonda con la maturità. Velata da malinconia nella vecchiaia, ma capace di indorare il tramonto nella scoperta di quanti sono stati e quanto sinceri gli amici che ancora ti circondano, oltre quelli già scomparsi. E sono amici che non urlano sonori “ciao”, ma solo sussurrano il loro amore, il loro affetto con uno sguardo.

Un motivo che rende rara l’amicizia è il narcisismo, non quello legato all’innamoramento della propria persona studiato da Freud, ma quello invece che con crudele razionalità lavora all’innalzamento della tua persona nella “carriera” professionale o politica, che ti spinge a sfruttare gli “amici”, a calpestarli, a macinarli. Ma non puoi più chiamarli amici; sono come mattoni su cui tu innalzi te stesso, usando fini strategie, intelligente perversa furbizia, ammantata da insincera apparente sincerità.

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