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Pensare il Futuro

COMBATTERE LA VIOLENZA

MARIO AGOSTINELLI - 02/06/2016

khurram

Khurram Zaki

Questa settimana riprendo le testimonianze accorate dell’amico Enzo Dell’Ollio

TURCHIA

Nei giorni scorsi ci aveva fatto inorridire la notizia apparsa sul quotidiano turco Birgun: 30 minorenni, tra gli 8 e i 12 anni, violentati da un pedofilo nel campo profughi di Nizip, a Gaziantep. Le violenze sono state confessate da un ventinovenne addetto alle pulizie e sono proseguite per tre mesi. Bambini che, con le loro famiglie, cercavano un posto sicuro fuori dalla guerra e dalla violenza! Oggi leggo l’altra notizia: moltissimi rifugiati siriani minorenni finiscono in fabbriche turche a lavorare come schiavi. Lavorano 12 ore al giorno e guadagnano 160 dollari al mese. Considerate che dei 2,8 milioni di rifugiati in Turchia più della metà sono minorenni e diventano manodopera a buon mercato per i laboratori che producono scarpe e vestiti per grandi marche che acquistiamo noi. Peraltro ai profughi siriani in Turchia è vietato ottenere un visto di lavoro. Insomma profughi che non riescono ad emergere dalla morsa infernale della violenza. Ma anche sciacalli che lucrano sulla miseria altrui. Indignarsi e denunciare è il minimo che dovremmo fare ma l’Europa ha deciso di eleggere la Turchia al rango di cane da guardia della propria fortezza e su queste situazioni sembra preferire voltare la testa dall’altra parte.

 

PAKISTAN

Tutte le notizie in rete su Khurram Zaki, sono in lingua straniera (inglese, arabo…). Segno che in Italia se ne è parlato praticamente per niente. Eppure sarebbe stato importante perché quest’uomo, sconosciuto da noi, è stato significativo per il mondo islamico più aperto e disponibile al dialogo. Prima che giornalista, blogger e attivista dei diritti umani, Zaki è stato un testimone autentico del dialogo. Il suo ultimo messaggio su Facebook è stato il commento per l’elezione di Sadiq Khan a sindaco di Londra: “Potremo mai in Pakistan eleggere un ahmadi, un indù o un cristiano? Dimenticatevelo”. Che fosse nel mirino dei fanatici, Zaki lo sapeva benissimo. Soprattutto da quando, nel 2014, si era fatto fotografare con un crocifisso in mano per solidarizzare con i cristiani di Lahore le cui chiese erano state distrutte da attentati di matrice fondamentalista. Il 7 maggio scorso Khurram Zaki è stato ucciso da un commando talebano (Hakemullah) mentre era seduto a un tavolo all’aperto di un ristorante di Karachi. Un martire della tolleranza, del rispetto, dell’incontro. Intanto il suo sito “Let us build Pakistan” (Lasciateci costruire il Pakistan) prosegue le sue attività come palestra di dialogo interreligioso.

 

INDIA

Contadini musulmani che contribuiscono ad una raccolta fondi per la costruzione di una chiesa cattolica. È il grande gesto di generosità di cui sono protagonisti gli abitanti di Khalsabad, chak (villaggio in lingua urdu) del Punjab, situato vicino a Gojra. Lì le famiglie cristiane sono solo otto, e la cappella di fango che usavano come luogo di culto è stata distrutta dalle piogge monsoniche dell’ultimo anno. Costretti a pregare in casa, i cattolici hanno deciso di fondare una nuova chiesa e hanno chiesto aiuto alla cittadinanza. “Ho saputo di questo progetto in un incontro comunitario il mese scorso – afferma Dilawar Hussain, negoziante musulmano –. Anche una chiesa è una casa di Allah, la preghiera è ciò che conta. Noi veneriamo lo stesso Dio”. Hussain ha donato diecimila rupie (95 dollari) per la costruzione del nuovo luogo di culto, mentre un uomo d’affari locale ha deciso di devolvere trentamila rupie alla commissione del villaggio che si occupa dei lavori. Per ora sono stati eretti i muri esterni della struttura. “Questo è dialogo della vita”, afferma p. Aftab James Paul commentando le donazioni. Il sacerdote è assistente parroco della chiesa di San Fedele a Khushpur e Khalsabad è uno dei 56 villaggi a cui fa visite pastorali: “Un altro fedele musulmano ha donato duemila rupie la domenica di Pasqua”, fa sapere. P. Paul, che per nove anni ha guidato la commissione della diocesi di Faisalabad per il dialogo interreligioso, afferma che non è la prima volta in cui i musulmani aiutano la costruzione di un luogo di culto cattolici.

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