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Opinioni

GALLARATE, TRESSETTE A PERDERE

VINCENZO CIARAFFA - 09/06/2016

Spoglio delle schede a Gallarate

Spoglio delle schede a Gallarate

Parlando di referendum, alcune settimane fa abbiamo scritto che il nostro Paese ha degli ordinamenti civili malati e, tuttavia, avremmo cambiato idea volentieri se Renzi non si fosse messo di buzzo buono a dimostrarci che avevamo ragione. Il nostro presidente del Consiglio, infatti, ha recentemente dichiarato di non aver fatto iniziare la campagna elettorale per il referendum di ottobre anzitempo, allo scopo di oscurare il responso delle elezioni amministrative, che si ventilava non sarebbero state brillanti per il PD né a Roma, né a Milano. E, siccome al premier oltre alla modestia manca anche il senso della storia, ha tenuto a precisare inoltre che «Le elezioni amministrative decideranno chi dovrà aggiustare le buche della strade; quelle di ottobre, invece, chi dovrà governare il Paese».

Come precisazione, oltre che arrogante, ci è sembrata, in verità, anche un po’ singolare (eufemismo), perché i sindaci italiani – poveretti – con una disponibilità finanziaria autarchica e di pura sussistenza mantengono ancora in piedi il Paese, mentre lui non riesce a far arretrare di un centesimo il debito pubblico. Altro che buche! E poi, che razza di democrazia è quella dove, in un modo o in un altro, le cariche istituzionali tentano sempre di condizionare il voto degli elettori? Ma, temiamo, non passerà molto tempo che la storia darà la sua risposta.

Ma Renzi non è stato il solo, nel corso delle elezioni, a muoversi sopra le righe. Anche in alcune competizioni locali, infatti, si è oltrepassato il senso della misura: a Gallarate, un capolista ha chiuso la campagna elettorale vestito da Gatto Silvestro, in compagnia di un Pluto che indossava la fascia tricolore da sindaco. Ma tant’è. Comunque, fatta la tara sulle goliardate improduttive, bisogna senz’altro lodare il senso civile e della tolleranza degli elettori gallaratesi. Il 3 giugno, la chiusura della campagna elettorale dei maggiori partiti in lizza (come il Partito Democratico, la Lega e “La nostra Gallarate 9.9.”,) è avvenuta in un’area ristretta, molto ristretta della città, tra Piazza Garibaldi e Piazza della Libertà, dove i simpatizzanti dei principali partiti in lizza si sono trovati praticamente gomito a gomito in pochi metri, senza che accadesse il minimo incidente.

Alla fine, al caffè sotto i portici, v’è stata la foto ricordo dei seguaci di Rocco Longobardi, i soliti slogan di alcuni leghisti – del tipo “Padania Libera!” – in piazza Garibaldi, e il lancio di palloncini dei seguaci del sindaco uscente. Insomma una kermesse che, complessivamente, stava a metà strada tra i raduni sul pratone di Pontida e le vecchie feste dell’Unità.  Poi è arrivato il responso delle urne a raccontare una storia meno folclorica, perché fatta di algidi numeri.

A Gallarate vanno al ballottaggio Guenzani, candidato del centrosinistra, e Cassani, il candidato di Lega e Forza Italia, che ha distaccato il sindaco uscente di quasi 12 punti percentuali. La partita per l’uscente, però, potrebbe non essere ancora chiusa viste le molte liste in cerca di accasamento, tra cui “La nostra Gallarate 9.9.”, il cui leader, Rocco Longobardi – fin dalla sua discesa in campo – si è detto disposto ad appoggiare chiunque. Ma questo potrebbe non bastare all’architetto Guenzani, se non interverranno anche altri accordi.

Quella di Gallarate è stata, in verità, una partita elettorale giocata con le regole del tressette a perdere, nel senso che pur avendo buone carte in mano tutti giocatori si sono impegnati a giocarle scriteriatamente. Guenzani, ad esempio, non ha saputo mettere a profitto quel fisiologico 15 % di vantaggio che la statistica assegna ad ogni sindaco uscente. Ma, forse, le cose non fatte dalla sua amministrazione erano troppe per poter essere bilanciate da quella favorevole contingenza, col valore aggiunto che i transfughi del centrodestra e della Lega si erano schierati in ordine sparso.

L’elettore, che certe cose le capisce prima e meglio di quanto i politici non credano, ha infatti punito la costellazione dei piccoli partiti scissionisti assegnando loro percentuali da prefisso telefonico che, peraltro, potrebbero non servire a nessuno dei contendenti il prossimo 19 giugno. Al ballottaggio, infatti, Guenzani potrebbe perdere anche con l’appoggio di qualcuno di essi, e Cassani invece potrebbe vincere anche senza di loro. Ma c’è un partito che a Gallarate ha fatto incetta di voti, un bel 44,75 %, e che nessuno sta prendendo in considerazione: quello degli astensionisti, cioè di quelli che si sono schifati della politica.

Più sobria, invece, è stata la chiusura della campagna elettorale a Busto Arsizio, dove i diversi partititi e movimenti hanno saputo serrare le fila intorno ai loro candidati o a quelli della coalizione, come i sette partiti che, superando le iniziali fibrillazioni, hanno portato Antonelli alla vittoria al primo turno.

Non v’è stata storia, allora? E invece sì, perché a Busto alla percentuale di renitenti al voto, che è pressoché uguale a quella di Gallarate, bisogna aggiungere l’11,35 % raccolto dalla lista del M5S, una lista di volenterosi dilettanti improvvisata all’ultimo momento. Ebbene, se la percentuale di voti raccolta dal M5S, che è un movimento para rivoluzionario (sennò non farebbe così paura all’establishment…) va ad assommarsi alla percentuale dei renitenti delle urne, significa che la maggioranza dei bustocchi butterebbe tranquillamente a mare quella classe dirigente che neppure si è ancora insediata in Comune. Converrete che come viatico per una serena legislatura non è proprio il massimo!

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