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Urbi et Orbi

IL “DISASTRO CAPITALE”

PAOLO CREMONESI - 09/06/2016

disastroTra una settimana conosceremo il nuovo sindaco di Roma. La rosa si è ristretta a Raggi e Giachetti e la politica suicida del centrodestra divisa in tre tronconi ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Ma al di là delle previsioni sul nome del nuovo inquilino in Campidoglio, da alcune settimane serpeggia nella capitale una inquietante domanda: “È possibile governare Roma?”.

L’interrogativo non è accademico. Da mesi ormai il tracollo della città è sotto gli occhi di tutti: spazzatura per le strade, buche, metrò in panne, scioperi, auto in terza fila, bancarelle abusive e selvagge, periferie degradate, parchi trascurati. E poi: bande criminali, violenza quotidiana, impressionante corruzione dell’amministrazione pubblica. Ma anche tasse alle stelle, infrastrutture ferme, mancanza da anni di un qualunque progetto urbanistico. Non sarà certo una diversa fascia tricolore a risolvere quello che è stato definito “Disastro capitale”.

Come farà Londra (8 milioni di abitanti e 17 milioni di turisti l’anno) a tenere i giardini pubblici così tirati a lucido? È possibile che a Parigi (7 milioni nell’area urbana e 15 milioni di visitatori, il doppio che a Roma) la domenica mattina i rifiuti siano già scomparsi? Come mai a Berlino (3 milioni e mezzo di abitanti) le quindici linee ferroviarie urbane, le dieci della metro e le ventidue di tram rispettano orari e decoro? Com’è che a Madrid hanno organizzato in un anno un servizio con oltre duemila biciclette a pedalata assistita e a Budapest  160 km di piste ciclabili?

Sono domande che Nicola Pini ha posto sul giornale Avvenire. Girando per una qualunque grande capitale europea si notano le differenze.

Oggi le grandi metropoli sono considerate nuovi poli dello sviluppo. All’estero sono oggetto di un’attenzione strategica da parte dei governi. A Roma invece si cerca affannosamente di sfangare la giornata. E le pochi grandi opere – come la metropolitana C o la Città dello sport – restano incompiute e dissanguano le casse pubbliche.

Qualunque sindaco dovrà affrontare prima di tutto il problema del debito.  L’handicap dei conti ha radici lontane. In decenni di spese allegre si sono accumulate passività per oltre 20 miliardi. Nel 2008 il debito pregresso è stato parcheggiato fuori bilancio: oggi restano da pagare 13 miliardi che impegneranno i contribuenti romani a versare maxi-rate da 500 milioni di euro l’anno per un altro ventennio, se basterà.

Le due grandi municipalizzate Atac (trasporti) e Ama (rifiuti) hanno a loro volta debiti miliardari, che alimentano il ‘rosso’ del Campidoglio. Il gigantismo dell’apparato comunale (25mila dipendenti diretti, oltre il doppio con le partecipate) e l’enorme estensione territoriale poi sono problemi in più.

Del resto in Europa nessuna grande città è organizzata come Roma. A Londra il sindaco si occupa delle scelte di ampio respiro ma l’amministrazione di base (scuole primarie, rifiuti, servizi sociali) è assicurata dai 33 boroughs. Berlino simile come popolazione alla capitale è anche un Land, una città-stato. Parigi è un Comune-distretto molto compatto, centro di una recente città metropolitana con 130 comuni limitrofi.

Mario Ajello acuto osservatore del Messaggero osserva: “Qui i partiti sono al collasso, ridotti a crocevia di interessi clientelari, la grande borghesia e gli investitori in fuga… senza una rifondazione civile della popolazione e un ripristinato controllo di legalità non si può ripartire”

Sì ma come? Non bastano certo generosi ma generici appelli all’etica. Come s’è già avuto modo di raccontare quello che colpisce di più nella città è la scarsa responsabilizzazione a tutti i livelli. Qui si passa la gran parte del tempo nell’arte di un mugugno che sguazza nel proprio esistere, ci si autoassolve e non si costruisce.

Una proposta interessante è offerta proprio dall’Anno Santo della Misericordia in corso a Roma. Scrive Papa Francesco: “Viviamo in una società che ci abitua sempre meno a riconoscere le nostre responsabilità e a farcene carico:  le colpe infatti sono sempre degli altri”. Invece di incolpare il vicino, il capo, il partito, il sindaco, lo Stato, la grande questione non sarà un personale rapporto con il “Tu”?

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