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Incontri

NOI DUE, QUELLA SERA

GUIDO BONOLDI - 22/07/2016

nizzaHo raccolto in questi giorni la testimonianza di due amici, che hanno vissuto da vicino i tragici fatti di Nizza e desidero comunicarla ai lettori di RMFonline, riportando alcuni brani del loro racconto. Renzo e Grazia Vanetti hanno una casa proprio sulla Promenade des Anglais e la sera del 14 luglio erano lì, come ogni anno, sul balcone a godersi, insieme ad una famiglia di amici, la grande festa nazionale con i celeberrimi fuochi d’artificio, la musica, il lungo mare affollato di gente festante.

Erano soliti, gli anni precedenti, dopo la cena sul balcone, scendere in strada, ma proprio quest’anno, per un singolare caso del destino, avevano deciso di rimanere a guardare la festa dall’alto, rimandando a più tardi la passeggiata notturna sulla Promenade.

“I fuochi iniziarono alle 22, puntuali. Il solito grande spettacolo che finì fra gli applausi alle 22:25, come da programma. La gente a quel punto si riversò sulla Promenade, sia sulla parte pedonale che su quella carrozzabile, chiusa al traffico, chi con i bambini per tornare a casa, chi per andare ad ascoltare la musica che sarebbe cominciata a minuti. Noi eravamo sul balcone: i bimbi, con Grazia e le nonne, rientrarono gioiosi in casa per bere qualcosa. Io ed il mio amico ci fermammo sul balcone a vedere un incredibile flusso di gente che si muoveva nelle due direzioni e a commentare lo spettacolo appena visto. Tante famiglie con bambini, mamme, papà, che tornavano felici verso casa. Tante coppie di giovani che, tenendosi per mano, andavano verso i luoghi della musica.

Improvvisamente una serie di spari proprio sotto il nostro balcone. Automaticamente dissi al mio amico: ecco adesso come tutti gli anni inizieranno a sparare petardi sulla spiaggia per festeggiare il 14 luglio. Poi subito dopo gli spari, vidi la coda di un camion bianco che si allontanava verso il centro della città: urla, gente che cadeva come birilli in un grande bowling, il panico assoluto. Tutti scappavano correndo chi verso la spiaggia, chi si buttava in mare, chi correva verso le case della Promenade per passare oltre verso l’interno, chi cadeva e veniva calpestato, chi spingeva passeggini che si rovesciavano, chi perdeva le ciabatte, chi lasciava borse ed altri effetti personali per fuggire. I volti della gioia si erano trasformati in volti del terrore. E chi rimaneva lì disteso per terra, era ferito o morto.

Ma cosa stava succedendo? Gli spari continuavano anche in lontananza verso il centro della Promenade, la gente continuava a scappare terrorizzata urlando. Poi improvvisamente un silenzio spettrale, e dopo pochi minuti, solo sirene, elicotteri, polizia, ambulanze a decine. La strage si era compiuta. Non riuscivamo ad immaginarne l’entità ma doveva essere qualcosa di grosso, visto il numero di ambulanze che passavano, sotto il nostro balcone dove giacevano per terra una quindicina di persone.

Nel frattempo era arrivata un ambulanza e un medico sotto casa nostra: mentre io parlavo con nostra figlia Susanna al telefono per tranquillizzarla e dirle che stavamo bene, stavano facendo un massaggio cardiaco alla bimba con i capelli biondi, ricci, di circa tre anni, Lauren, che avevo visto poco prima cadere sotto i colpi di pistola. Proprio mentre salutavo mia figlia, il medico prese dall’ambulanza un lenzuolo che la mamma della bimba mise sul corpicino ormai immobile, sedendosi poi di fianco con la testa fra le mani. La piccola era morta. Anche altre cinque persone di fianco alla piccola Lauren furono in breve coperti da lenzuola bianche: erano tutte morte e noi stavamo vivendo in prima persona la disperazione dei loro parenti o amici. Io e Grazia ci guardammo e cominciammo a pregare: in momenti come questi solo la preghiera ti da conforto.

I corpi della bimba e delle altre persone morte, coperti da lenzuola e nascosti da paratie bianche, installate ad hoc, vegliate dai parenti seduti per terra al loro fianco, sono rimasti lì fino alle 9 della mattina del 15 luglio, quando è intervenuta la polizia scientifica, mentre per tutta la notte è stato un viavai di ambulanze ed elicotteri che portavano i feriti nei vari ospedali dopo gli interventi di primo soccorso effettuati in un piccolo ospedale da campo costituito a tempo di record nella hall dell’hotel Negresco, di fianco a casa nostra.

Il giorno seguente la Promenade era un insieme di macchie di sangue e di oggetti abbandonati, testimoni muti di ciò che era accaduto. Vicino a dove era morta Lauren era rimasto il suo passeggino, poco più avanti scarpe, borsette, qualche trolley abbandonato, biciclette legate e ormai senza più padrone. Il day after della desolazione, e della impotenza: ci sarà mai qualcuno che potrà fermare questi barbari attentati?

La sera di sabato 16 luglio si è tenuta la veglia: fiori, foto, lumini, ricordi, in tutti i punti dove erano cadute delle persone, dove c’erano le macchie di sangue. Gente che piangeva, gente che pregava, gente che si abbracciava, gente in ginocchio che ricordava i suoi cari. La Promenade era diventata un cimitero sotto le stelle, un cimitero lungo quasi 2 chilometri, perché i morti e i feriti erano sparsi per tutta la sua lunghezza. E la commozione più grande era per i bambini: Lauren di 4 anni, Milan di 2 anni, Ivan di 8 anni, e tanti altri, che venivano ricordati
con giochi, pupazzi, fiori, foto, per testimoniare il dolore e la rabbia.
Ma perché i bambini? Perché il sangue di innocenti? Perché Gesù non era lì a deviare le pallottole?
Noi non possiamo comprendere. Oggi sicuramente la Madonna piange con noi questi bimbi morti. Continuerà per noi ad essere un mistero perché il buon Dio permetta che questi fatti avvengano.

Con la nostra fede e la nostra preghiera dobbiamo recuperare la certezza che il Signore, con tempi che non sono umani, senz’altro fermerà questi scempi contro l’uomo e contro i cristiani. Io e Grazia abbiamo visto in poche ore dolore, disperazione, angoscia, pietà, rabbia. Abbiamo visto tanta gente che pregava, perché l’animo umano di fronte a questi fatti si rifugia sempre nella preghiera, unico strumento che consola. Abbiamo vissuto in prima persona il disagio dell’impotenza, cioè l’incapacità di poter fare qualcosa per gli altri. Oltre a pregare, l’unica cosa che siamo riusciti a fare, è stata quella di abbracciare i parenti di Lauren, quasi che con quell’abbraccio avessimo voluto dire anche a noi stessi che qualcosa eravamo riusciti a fare anche noi per alleviare quella disperazione, che è un sentimento troppo umano e che solo il Signore può lenire
.

Ora la vita a Nizza e sulla Promenade, in mezzo ai fiori, sta riprendendo, ma essa non è più la stessa. Un giorno passeranno il senso di terrore e il dolore che tutt’ora si respira nell’aria. Non c’è neppure un filo di vento che possa disperdere la tristezza che sta in ogni mazzo di fiori, in ogni lumino, in ogni macchia di sangue, in ogni lacrima che ha bagnato quella passeggiata, lacrime che non potranno mai essere asciugate.
Anche per noi le immagini di ciò che abbiamo vissuto non potranno essere mai rimosse né cancellate dalla nostra mente: il loro ricordo ci farà fare memoria del male che ci circonda e della speranza in un futuro più sereno, nella certezza della infinita misericordia di Dio”.

Post scriptum:
 “Camminando sulla Promenade in mezzo ai fiori e ai lumini, abbiamo trovato due signore che suonavano con arpa e violoncello, l’Ave Maria di Schubert per le vittime.
 Sullo sfondo una luna piena stupenda rifletteva la luce sul mare facendolo diventare d’argento. Ecco, il bene e la bellezza vinceranno sempre sul male e la malvagità”.

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