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Attualità

GRAZIA E GRAZIE

MASSIMO LODI - 25/07/2016

cache_24537195L’addio a Maria Vittoria Provera Bignardi, nella chiesa di San Carlo a Bizzozero, non è stato solo quello d’un gran numero di amici. E’ stato quello d’una comunità estesa. Possiamo dire, senza esagerare, dell’intera comunità varesina. Perché Maria Vittoria era esponente,  punto di riferimento, simbolo d’una tale comunità.

Donna speciale/esemplare/unica (1). Moglie dell’ex direttore sanitario dell’Ospedale di Circolo, Giorgio Bignardi, ha trascorso una lunghissima vita -chiudendola a novantasei anni- spendendosi per il prossimo suo invece che per se stessa. Altruista, generosa, prodigale di sentimenti e opere. Capace di cogliere e praticare i valori importanti della vita: la fede, le relazioni con gli altri, la carità, l’amore per la bellezza. Quattro pilastri di un’esistenza umile/straordinaria, ricordati dalla magistrale predica tenuta da don Massimo -voce di Radio Maria e interlocutore spirituale da molto tempo di Maria Vittoria- a una platea religiosa e laica gremita.

Donna umile/mite/straordinaria (2). Ha incarnato la migliore umanità possibile. Credeva fortemente -pur tra debolezze di convincimento che sollecitava i preti sodali a sciogliere- e dava corso nei fatti alle certezze cristiane verso il soprannaturale; immaginava, realizzandolo nella pratica, il mondo come un mosaico di parole comprensive, sorrisi indulgenti, partecipazione vera; era sempre disponibile a capire, aiutare, assistere chiunque glielo domandasse e anche chi non osava, e però lei intuiva che avrebbe meritato un gesto misericordioso; era infine un’appassionata cultrice del bello, inteso non nella sua banale esteriorità e invece nel significato, profondo e alto insieme, di fascino/fascinazione interiore. Ciò che suo marito -raffinato scrittore oltre che ottimo medico- aveva espresso per il mezzo di un’eccellente vena narrativa, certo non estranea all’influenza di Maria Vittoria. Forse musa inconsapevole, forse no.

La ricorderemo come una varesina degna di figurare nell’albo dei migliori/delle migliori della città. Testimoniano della bontà dell’inserimento nell’aeropago bosino i poveri, i malati, i carcerati e chiunque abbia ricevuto da lei consolazione morale e sostegno materiale. Rassegnati alla loro sorte, intravedevano nella piccola candela accesa dalla loro benefattrice la luce sufficiente a non maledire l’oscurità. Se, come diceva Bernanos, tutto è grazia, una quota importante di questo tutto Maria Vittoria ce lo ha insegnato e trasmesso, vivendo come se nessun gesto/comportamento fosse un miracolo, e allo stesso modo come se ciascuno lo fosse. L’ultimo è stata la donazione delle cornee: ci sarà chi continuerà a vedere con i suoi occhi.

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