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Cultura

IL BARONE GENEROSO

PAOLA VIOTTO - 22/09/2016

baroffioNel settembre 1936, durante le celebrazioni del Congresso Eucaristico Diocesano che si stava svolgendo a Varese, l’Arcivescovo Schuster salì a Santa Maria del Monte. Come riportò la Cronaca Prealpina, dopo aver pregato nel Santuario, benedì il neonato Museo Baroffio, sorto “in un luogo ove natura, religione e arte si fondono armoniosamente, e in misura altissima nella luce e nell’amore di Dio”.

Iniziava così la storia di una istituzione museale singolare, che è ancor oggi una delle realtà più vivaci e interessanti del panorama culturale varesino. Nasceva sotto il segno di due personalità molto diverse, da un lato il pittore e scultore Lodovico Pogliaghi, che aveva dedicato larga parte della sua attività professionale al Sacro Monte, e dall’altra il barone Giuseppe Baroffio dall’Aglio, che al Sacro Monte in vita non abitò mai, anche se volle esservi sepolto.

Diplomatico e amministratore pubblico, per quarant’anni era stato sindaco di Lissago, di cui fu generoso benefattore, in particolare impegnandosi per la costruzione dell’asilo, che ancor oggi porta il nome suo e della moglie Anna Maria. Nel corso degli anni aveva incrementato la collezione di famiglia, fatta soprattutto di dipinti italiani e fiamminghi, ma anche di porcellane, mobili e argenti. Alla sua morte nel 1929 ne lasciò erede il Santuario, insieme con una cospicua somma che servisse alla realizzazione di un museo, al suo mantenimento e all’acquisto di nuove opere.

La struttura architettonica e le scelte espositive furono opera del Pogliaghi, che sfruttò gli spazi immediatamente a valle del Santuario, a ridosso delle dimore quattrocentesche dei canonici. Nel nuovo edificio trovarono posto anche le opere del precedente Museo del Santuario, che lo steso Pogliaghi aveva voluto nel 1905. Vi erano raccolti soprattutto oggetti e frammenti di sculture provenienti “dalle più antiche costruzioni della chiesa”, tra cui la bellissima Madonna con il Bambino oggi attribuita a Domenico e Lanfranco da Ligurno che costituisce il logo del Museo.

Il nuovo Museo nacque così con una doppia fisionomia: luogo di ricovero e salvaguardia degli arredi antichi del Santuario, dagli stalli del coro ai paliotti ricamati, ma anche del mitico coccodrillo impagliato, e nel contempo scrigno di una collezione privata che porta i segni delle preferenze del suo creatore e del gusto eclettico della sua epoca. A questo nucleo iniziale si è aggiunta negli anni una collezione di arte moderna a tema mariano voluta da Monsignor Macchi.

Oggi, dopo un lungo restauro e la riapertura nel 2002, il Museo Baroffio svolge una vivace attività didattica rivolgendo una particolare attenzione alle famiglie e ai bambini. Tra le ultime iniziative un libro nato in collaborazione con la Parrocchia di S. Maria del Monte che riprende lo spirito delle parole pronunciate ottant’anni fa dal Cardinal Schuster. Intitolato “Arte per la fede”, illustra un’opera del museo per ogni settimana liturgica, con le riflessioni dell’arciprete monsignor Erminio Villa e le note iconografiche della conservatrice Laura Marazzi.

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