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Cara Varese

RIPARTIRE DA ZERO

PIERFAUSTO VEDANI - 30/09/2016

L’area di Masnago utilizzabile per spettacoli all’aperto

L’area di Masnago utilizzabile per spettacoli all’aperto

La voglia di fare, se non addirittura di strafare, indubbiamente c’è. A provocarla, a stuzzicarla, ma forse sarebbe più corretto dire a risvegliarla dal lungo sonno leghista, sono state fioriture di progetti e anche ipotesi di finanziamento di opere importanti accostate ad abbozzi di progetto da parte di esperti. In questo caso la voglia di giocarsi reputazione e qualche soldino si può dire che sia affiorata in un capitale giovane, arrembante.

Ad avere idee e propositi, spacciati per traguardi luminosi, ci sono stati però anche dei vecchi gambadelegn di un datato e modesto affarismo che affonda le radici in una altrettanto superata insensibilità politica.

Dove approderà tanto fervore? Le direttrici principali di queste colonne d’assalto sembrano tre: una Varese recuperata alle glorie del vecchio turismo d’èlite, una città di nuovo regina del lavoro e magari ancora alla ribalta almeno di una disciplina sportiva, infine una comunità che attraverso recuperi edilizi e nuovi e moderni impegni culturali possa essere diventare almeno un riferimento interregionale. E meta quindi di un turismo solido, di crescita e maturazione individuali.

Chi negli ultimi anni ha creduto allo slogan Varese terra del turismo alla fine è rimasto deluso. Le risorse non erano sufficienti, inoltre, diciamo anche per fortuna, l’assenza di spazi e caratteristiche da grandi stazioni climatiche hanno ridimensionato le velleità. Programmare e vendere oggi un turismo sostenibile e intelligente non è facile, trovare la chiave attrattiva è davvero un’impresa in un mondo nel quale l’idea un secondo soggiorno in Polinesia o in Patagonia non rappresenta il massimo.

Varese ha il vantaggio di ripartire da zero o quasi nella risalita di un mercato turistico che un tempo l’aveva vista apprezzata protagonista. Una Varese che con simpatia ogni tanto recuperiamo grazie ai cultori delle nostre memorie: davvero ci piace sempre ascoltare e immaginare come era la città apprezzata dagli europei nell’800 e all’inizio del 900. Una Varese bella e ben organizzata, dai profili degni di miniature, dispensatrice di serenità e pace per gli ospiti che non erano masse ineducate e potevano viverla come dono della natura e di una popolazione mite e ospitale.

Ma in un ambiente così sereno mentre languivano gli ultimi fuochi della belle époque spuntavano capannoni e ciminiere che non uccidevano il paesaggio, ne entravano anzi a fa parte con una certa delicatezza sfruttandone alcune caratteristiche, come i laghi che diventavano piste per aerei da primato mondiale ed erano pur sempre macchioline grigie in un oceano di verde.

La civiltà del lavoro, l’innata cultura della laboriosità avrebbero illuminato ancora di più la nostra vicenda umana regalandoci ribalte impensabili. Accadde per qualche decennio del secolo scorso e fu una base solida, non fragile come il turismo elitario o quello velleitario, che ancora oggi ci tiene a galla.

Ai giorni nostri il turismo può indubbiamente essere di nuovo una risorsa, ma richiede idee, mezzi e una irrinunciabile cultura dell’ambiente, che si deve fondare su un rigido controllo di nuove colate di cemento.

Il settore dell’edilizia è una componente importante anche della nostra economia, non può essere affossato. Oggi la città non ha bisogno di folli progetti come la Varese Verticale e appare depressa per i mancati interventi per spostare gli ospedali in periferia, una scelta che aveva lo scopo di diminuire la tremenda pressione urbanistica nel cuore della città. È pur vero che moltissimo ci sarebbe da fare con i recuperi edilizi ridando dignità ed efficienza a quartieri, rioni e castellanze. Aldo Montoli aveva dato un segnale molto positivo con interventi a Biumo Inferiore.

Il recupero edilizio e un severo controllo delle reali necessità del “nuovo” devono accompagnare la rinascita turistica che non può non prescindere da una programmazione intelligente da parte della mano pubblica per quanto riguarda l’attività culturale che ha il vantaggio di poter usufruire di strutture naturali e scenari di rara bellezza.

Aiuto e collaborazione devono essere dati alle associazioni culturali tenuto conto del livello del loro impegno, ma lo sforzo più importante deve essere fatto nel coinvolgere l’Università dell’Insubria nel nostro futuro. La Varese della cultura non potrà andare lontano senza avere al fianco l’ateneo. Il rapporto c’è, deve essere ulteriormente valorizzato.

Vedremo che cosa deciderà il Palazzo, al quale mi permetto di dare un suggerimento. Vero che non tutte le estati bosine saranno lunghe e belle come quella che sta chiudendo i battenti, ma costerebbe poco dotare la città di un impianto per spettacoli serali all’aperto o incontri un po’ più comodo di quello, privato, della Schiranna.

A Masnago, dove globalmente potrebbe parcheggiare mezza città, il retro – oggi adibito a parcheggio – del seminario può accogliere le strutture mobili di un teatro, di un cinema all’aperto, di un dancing.

Basta uno sponsor intelligente per creare un punto di incontro che si farebbe preferire a molti altri e offrirebbe alla città un grande servizio popolare.

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