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Opinioni

EUROPA, CRISI, FUTURO

EDOARDO ZIN - 30/09/2016

L'Europa vista da Louis Raemaekers al tempo della Prima Guerra Mondiale

L’Europa vista da Louis Raemaekers al tempo della Prima Guerra Mondiale

“…Forse avevate bisogno di qualcuno che venga di fuori, qualcuno che non sia europeo, per ricordarvi la grandezza di quello che avete realizzato… Perciò vi dico, popoli d’Europa: non dimenticate chi siete. Siete gli eredi delle battaglie per la libertà. Siete quelli che vi siete sollevati dalle vecchie divisioni per imboccare la strada dell’unità”: così Obama all’inaugurazione della fiera di Hannover nell’aprile scorso.

Ci voleva il Presidente di un grande e amico Paese per richiamarci la nostra identità, la libertà conquistata dai nostri padri, il valore dell’unitaria entità politica in un momento in cui la crisi economica, il dramma del terrorismo, il fenomeno delle migrazioni minacciano il senso del nostro stare assieme.

L’essere uniti oggi è più che mai necessario per rispondere alle sfide del terrorismo e della globalizzazione, che non è solo rimedio ad un intralcio, ma una visione nuova per una prospettiva sociale e l’ipotesi di una nuova qualità di vita.. La libertà, da Maratona alla Resistenza, è tensione a neutralizzare ogni costrizione illegittima, è possibilità di criticare, è fratellanza tra uomini che fuggono da ogni dispotismo.

I sei paesi fondatori dell’attuale UE si sono riuniti più volte per “ravvivare lo spirito dei padri fondatori”. In febbraio a Roma, dopo la Brexit a Berlino. A Ventotene i sei sono diventati tre: Hollande, Merkel, Renzi; dopo il vertice informale di Bratislava i tre sono diventati due più uno: mentre frau Merkel e monsieur Hollande illustravano i risultati dell’incontro, Renzi decideva di procedere da solo per protestare contro il mancato accordo sulla flessibilità e sull’ immigrazione. Il nostro Presidente del Consiglio, oltre a compiere uno sgarbo istituzionale (e non è il primo!), ha dimostrato ancora una volta che il suo impulsivo attivismo è superiore alla sua tanto esaltata passione europeistica. Anziché stizzirsi per il mancato comune accordo, il nostro presidente avrebbe fatto bene partecipare alla stessa conferenza stampa con Merkel e Hollande, pur spiegando i motivi del suo dissenso.

Parlare oggi di rilancio e di rinnovamento dell’Europa senza spiegare ai cittadini i motivi della divergenza e alzare la voce per raggranellare qualche voto in più producono solo ulteriore euroscetticismo e populismo, di cui proprio non si sente il bisogno.

Per rilanciare la coscienza europea occorre, ad esempio, convincere i cittadini dei paesi dell’eurozona che l’euro che hanno in tasca non è frutto del loro lavoro e di quello dei loro connazionali, ma è prodotto dal lavoro dei cittadini europei i cui paesi hanno aderito alla moneta unica.

Occorre loro dire, inoltre, che alcuni governi, lungi dal porre mano alle imprescindibili riforme strutturali, si sono cullati nell’inerzia di non contenere il debito, espandendo la spesa pubblica e ricorrendo a nuovi debiti. Da qui la necessità di porre vincoli di bilancio uguali per tutti e rispettati da tutti coloro che hanno deciso di entrare nella casa comune, se vogliono continuare a viverci assieme.

Al contrario si nota che nel nostro paese il debito pubblico è vertiginosamente aumentato. Il presidente Renzi chiede ora all’Europa maggiore “flessibilità”. L’anno scorso l’Italia ha potuto godere di uno “sforamento” di 14 miliardi. Allo stato attuale penso che l’Europa sia propensa a non calcolare nel patto di stabilità la spesa di circa 4 miliardi per la ricostruzione delle zone terremotate e le spese che l’Italia si addossa per la prima emergenza e l’assistenza agli immigrati. Il presidente del Consiglio, però, non si accontenta, pur sapendo che la nostra economia si scontra con una contrazione.

Abbiamo bisogno di dimostrare agli altri paesi che amministriamo con oculatezza la moneta comune ponendo mano ad ulteriori operazioni straordinarie di finanza pubblica e non sperperando “a pioggia” le poche risorse disponibili. Renzi, anziché accusare i paesi “virtuosi” di nascondere la verità sui loro bilanci, farebbe bene prendere carta e penna e presentare le sue ragioni alla Corte di Giustizia di Lussemburgo che deve redimere le cause tra un paese e l’altro.

Non fatico a dire che il presidente Renzi ha ragione nell’ esigere che l’Unione si prenda a carico le spese che quotidianamente l’Italia affronta per l’emergenza, l’assistenza e l’inclusione delle migliaia di profughi e migranti. I paesi del Nord devono comprendere che il confine meridionale dell’Unione è rappresentato dal Mediterraneo e i nuovi paesi dell’est non devono temere di perdere la loro forte identità nazionale, già messa a dura prova durante l’impero austro-ungarico, dalla dominazione nazista prima e sovietica poi, accogliendo donne e uomini che fuggono dalle terribili dittature che essi stessi hanno provato.

“Verso una riforma del sistema europeo dell’asilo e il rafforzamento dei percorsi legali per entrare in Europa”: così si chiama il testo di una comunicazione inviata dalla Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo. In esso si propone l’ acquisizione dei dati segnaletici, di trasferimento dei migranti in paesi membri, di ricollocazione nei paesi d’origine, di istituzione di una guardia costiera europea e così via. Alcuni paesi hanno risposto a questa proposta innalzando muri e stendendo fili spinati: perché l’Italia non appoggia la proposta lussemburghese di sospendere per un certo periodo l’adesione dell’Ungheria all’UE, dopo le dichiarazioni xenofobe di Orbàn?

È questa la vera emergenza dell’Europa: l’assenza di una politica europea coesa e lungimirante sostenuta da personalità politiche del calibro dei padri fondatori, i cui epigoni non solo hanno corroso le democrazie nazionali, ma stanno smantellando lo spirito europeo che molti a parole decantano, ma che nel contempo contribuiscono ad affievolire.

È urgente, essenziale per il bene dell’Europa (e dell’Italia) recuperare rapporti di fiducia con gli altri stati membri mediante comportamenti corretti e credibili.

Come l’Europa è nata dopo una guerra e a causa di una guerra, allo stesso modo l’unione politica non può rinascere che dalla crisi attuale. Senza forti iniziative per rafforzare nelle opinioni pubbliche la condivisione di questo progetto che ci ha assicurato quasi settanta anni di pace, il rischio più incombente è che l’identità europea si faccia, ma contro l’Europa.

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