Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

LO SPUMANTE DI VIGGIÙ

SERGIO REDAELLI - 30/09/2016

Selene e Valentino davanti al vigneto di Viggiù

Selene e Valentino davanti al vigneto di Viggiù

Non lontano dalle asparagiaie di Cantello rinomate fin dai tempi di Giulio Cesare, due giovani vitivinicoltori scommettono soldi e speranze su un grande sogno: fare dell’azienda agricola Ca’ dell’Orsa in località Baraggiola Vecchia a Viggiù una piccola maison dello spumante italiano. Valentino Bresciani, 33 anni, gestore della bella proprietà paterna di trentamila metri quadrati tra vigne, prati e boschi ben esposti al sole, ci sta lavorando con la fidanzata Selene Arioli, 31 anni, laureata in lingue e letteratura stranieri, segretaria in un’azienda di Lugano che tratta acciaio. Entrambi con le passioni del vino e della terra.

Anche lui si guadagna da vivere in Svizzera, professione macellaio, ma progetta il futuro sui terreni di famiglia in via delle Torbiere. La bucolica frazione di una quarantina d’anime e poche case coloniche, rustici e casali si distende ai piedi del monte Orsa, zona di millenari reperti fossili e di trincee fatte costruire dal generale Cadorna in vista della Grande Guerra, fortunatamente mai utilizzate: “Vuole saperlo? La nostra speranza è di poter affinare gli spumanti nelle fresche gallerie scavate allora”, confessa il giovane produttore. Per ora è fantasia, in futuro chi lo sa?

L’idea è ambiziosa: produrre bollicine a Viggiù con il metodo della rifermentazione in bottiglia inventato dai monaci francesi. Secondo gli esperti dell’università di Milano, i colli intorno al lago di Varese hanno un clima più caldo e favorevole perfino di quello di Reims, la patria dello Champagne. Lo assicura Roberto Comolli, di Bisuschio, ricercatore del Dipartimento di scienze dell’ambiente e del territorio all’Università degli studi di Milano Bicocca. Perché non provarci in Valceresio? Già lo fanno i produttori di Morazzone e Angera, c’è sicuramente spazio anche per la coppia di Viggiù.

Due vigneti sono già in attività a 400 metri d’altitudine, in un’area verde incontaminata segnata dalle impronte di cervi e cinghiali. Furono acquistati dal nonno di Valentino quasi mezzo secolo fa, tenuti ad erba da fieno. Si estendono su una superficie di 7.800 metri quadrati, 3 mila nel vigneto alto e 4.800 del vigneto basso. In mezzo verdeggiano delle balze che saranno presto coltivate a vite. Sono filari storici. Figuravano nel catasto teresiano del 1750 come terreno aratorio vitato e, più tardi, nel cessato catasto del 1877. Terreno sabbioso che conferisce eleganza e finezza al vino, argilla che gli dà struttura e corpo.

Valentino e Selene hanno messo a dimora 3850 barbatelle di chardonnay e pinot bianco, un vitigno consigliato dall’Istituto sperimentale di viticoltura di Friburgo perché meno soggetto ai danni della pioggia, che è frequente nell’alto Varesotto. “Sono uve base per spumanti – spiega Valentino – Nel 2018 prevediamo la prima vendemmia utile, al terzo anno di vita delle vigne e una produzione stimata di 5-6 mila bottiglie. Affinamento non meno di diciotto mesi in bottiglia e le prime vendite a fine 2020. Lo spumante si beve a tutto pasto e mi piacerebbe abbinarlo agli asparagi”.

Manca ancora la cantina, che sarà costruita entro il 2018 nell’area prospiciente il vigneto, in parte sotto terra per conservare le bottiglie al fresco naturale. Perché lo spumante e non il classico Merlot coltivato con successo pochi chilometri più in là, oltre la rete di confine? “Abbiamo scelto le uve secondo noi più idonee alla sopravvivenza in questo ambiente – sorride Selene – l’idea ci è venuta ammirando la fioritura delle vigne in territorio svizzero e ci siamo chiesti: perché loro si e noi no?”. Una domanda che tradisce un pizzico d’orgoglio italiano. E l’Italia è il paese del vino.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login