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Zic & Zac

L’ACQUA CHE DIVIDE

MARCO ZACCHERA - 21/10/2016

Il lago Maggiore dal traghetto Laveno-Verbania

Il lago Maggiore dal traghetto Laveno-Verbania

Se prendete una carta geografica, il lago Maggiore vi apparirà come un largo fiume lungo quasi 65 chilometri che dovrebbe riunire – ma spesso in realtà divide – due nazioni, due regioni oltre a tre moribonde province.

Sarebbe interessante una statistica per sapere quante persone di Arona siano mai state a Luino, quanti abitanti di Maccagno abbiano visitato i giardini di Villa Taranto a Pallanza o quelli dell’Isola Bella oppure quanti verbanesi siano mai stati sul lungolago di Angera.

In realtà, pur “vedendosi” vis à vis ogni giorno, quella striscia di lago ora grigia ora azzurra è un confine tra le persone più che una vicinanza e perfino le montagne, i panorami, i venti appaiono radicalmente diversi.

Da quando – correva il 14 settembre 1743 – il trattato di Worms smembrò il Ducato di Milano allora sotto il controllo austriaco ad unire le sponde è rimasto solo il dialetto che è più o meno identico, anche se a parlarlo  sono sempre di meno – quasi nessuno delle nuove generazioni – mentre i “piemontesi” della sponda occidentale  si sentono comunque sempre un  po’ orfani di Milano.

Forse anche per questo,  periodicamente,  esce qualche richiamo per riunirsi alla Lombardia, ma con la consapevolezza che questo ritorno alle origini non verrà mai, così come ipotetico è un eventuale  aggancio alla Svizzera.

È un po’ come il giardino del vicino che è giudicato sempre più verde, in realtà se mai anche il VCO passasse con  Milano sarebbe comunque una propaggine periferica. D’altronde il richiamo del capoluogo lombardo e del suo hinterland è nella realtà delle cose: comunicazioni, università, ospedali. Per andare in treno a Torino, per esempio, chi abita a Domodossola, Stresa  o  Verbania deve per forza passare per Milano dopo la cancellazione delle linee interne piemontesi.

Praticamente nessuno parla comunque di spostamenti territoriali o amministrativi,  ma almeno di una integrazione operativa tra aree teoricamente simili ed omogenee che sarebbe cosa assolutamente logica.  Nella realtà tutto si inaridisce nonostante le buone intenzioni della “Regio Insubrica” che invano cerca di non affogare tra le sempre più strette maglie dei magri bilanci provinciali.

L’aggancio con Milano si chiama Sempione ovvero ieri una strada napoleonica ed oggi una autostrada che più ancora che una ferrovia hanno rinsaldato i vincoli con il capoluogo lombardo e tagliando fuori – un altro esempio – le ferrovie Nord.

I nostri nonni avevano progettato un sistema di trasporti pubblici integrato che, complice l’auto, ora non c’è più e così potevi andare da Milano a Varese a Laveno in treno e traghetto e al porto c’era pronta una ferrovia (dismessa nei primi anni ’60) per Premeno e un’altra per Pallanza-Fondotoce-Omegna (cancellata nel 1949) con innesto alle linee del Sempione e per Novara.

Il lago oggi viene aggirato ma sempre più raramente attraversato visto che dopo l’inaugurazione della A26 c’è stato un calo netto nell’uso dei traghetti mentre pochi usano i battelli per spostarsi.

Lo fanno solo gli studenti per raggiungere il “Cobianchi” di Intra provenendo dalla riva lombarda e all’opposto chi dal VCO viene a Varese a studiare oltre ai passaggi settimanali per i principali mercati di Intra, Cannobio e Luino.

Così di fatto si è creata una barriera rinforzata dalle autonomie regionali con regolamenti e leggi a volte diversi. E pensare che nel 1833 quando “Il Verbano” solcò le acque del lago Maggiore come primo battello a vapore la linea Magadino-Sesto Calende toccava alternativamente le due sponde con una corsa al giorno, corsa oggi praticamente soppressa dalla Navigazione Lago Maggiore che taglia fuori molte località costiere.

Nulla di nuovo e tutto di vecchio, però dispiace con la consapevolezza che si stanno perdendo riferimenti preziosi.

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