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Storia

IL TRICOLORE PADANO

VINCENZO CIARAFFA - 11/02/2012

La bandiera della Repubblica Cispadana

Il 7 gennaio scorso, dal direttore di un TG Mediaset, abbiamo appreso che Mario Monti era andato a Reggio Emilia per celebrare i 150 anni del Tricolore e da un inviato dello stesso TG, di seguito, che Monti si trovava nel capoluogo emiliano per i 315 anni di quel medesimo Tricolore: che inaccettabile confusione da parte di chi si picca di informare gli italiani!

Tale superficialità, purtroppo, proviene da molto lontano. “I tempi sono oggimai sconsolati di bellezza e d’idealità: direbbesi che manchi nelle generazioni crescenti la coscienza nazionale, da poi che troppo i reggitori hanno mostrato di non curare la nazionale educazione. I volghi affollantisi intorno ai baccani e agli scandali, dirò così officiali, dimenticano, anzi ignorano, i giorni delle glorie; nomi e fatti dimenticano della grande istoria recente, mercé dei quali essi divennero, o dovevano divenire, un popolo: ignora il popolo e trascura, o solo se ne ricordano per i loro interessi i partiti”.

Queste parole, che sembrano state scritte l’altro ieri, in realtà le pronunziò Giosuè Carducci a Reggio Emilia, il 7 gennaio 1897, in occasione del primo centenario (ufficiale) della nostra Bandiera. Per chi volesse approfondire l’argomento, segnaliamo il libro “Due secoli di Tricolore”, edito dallo Stato Maggiore dell’Esercito nel 1996, a firma del Generale Oreste Bovio. L’autore nel libro ha ripercorso tutte le tappe della nostra Bandiera, da quando essa nacque come vessillo militare, a quando divenne emblema dell’effimera Repubblica Cispadana e, poi, dell’Italia unificata. Dal libro emerge, in tutta chiarezza, che l’idea di un tricolore italiano sul modello di quello francese venne a Napoleone Bonaparte tanto è vero che, l’11 ottobre del 1796, in qualità di comandante dell’Armata d’Italia, egli informò il Direttorio che allora governava la Francia della costituzione di una «Légion Lombarde. Les couleurs nationales qu’ils ont adoptés son le vert, le blanc et le rouge».

Il 6 novembre successivo, quindi all’incirca un anno prima del 7 gennaio 1797, nel corso di una solenne cerimonia pubblica nella piazza del Duomo di Milano, la neo-costituita Legione Lombarda (cui era stata assegnata una divisa dal colore verde) ricevette il Tricolore proprio dalle mani di Napoleone. Con tale precedente era fatale che il Parlamento della Repubblica Cispadana, riunito a Reggio Emilia, adottasse il Tricolore verde, bianco e rosso come propria bandiera.

Pur volendo soggiacere al sottile distinguo tra vessillo militare e bandiera statale che opera Bovio nel libro, possiamo sostenere che – documenti alla mano – la data di nascita ufficiale del nostro Tricolore è stata alterata! La verità è che la passione risorgimentale non poteva accettare l’idea che il simbolo del nostro riscatto nazionale ci fosse stato regalato da uno straniero: il vessillo doveva nascere ad opera d’italiani il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, invece che a Milano! Fin qui nulla di nuovo sotto il sole, perché gli episodi e le tappe che contrassegnano l’emancipazione politica – militare di un popolo e la nascita di una nazione sono destinati a diventare funzionali alla loro storia ufficiale e, pertanto, qualche “ritocchino” qua e la è, in qualche modo, comprensibile. Le giovani nazioni, però, poi dovrebbero diventare adulte e smettere di perpetuare le bugie dell’infanzia per cui, a 151 anni dall’Unità, sarebbe il caso che incominciassimo a inquadrare la storia del nostro Paese in termini più oggettivi o, se vogliamo, più sinceri. Ossia, spiegare agli italiani che la loro bandiera nazionale è indiretta conseguenza di quell’evento che segnò la nascita dell’Età Moderna: la Rivoluzione Francese.

Pertanto, se chi incarna le Istituzioni o la cultura ritrovasse il rispetto per il reale decorso della storia e, con altrettanto rispetto, curasse di farla tramandare nelle scuole, aiuterebbe i giovani a capire la differenza che intercorre tra bandiera e vessillo, tra la storia e la sua rappresentazione funzionale. Una ritrovata onestà intellettuale delle istituzioni interessate consentirebbe, peraltro, di dimostrare anche la documentata infondatezza dell’asserzione di chi ritiene che il Tricolore sia un simbolo estraneo alla cultura e alle tradizioni della Padania, buono al massimo come accessorio per il wc. Per carità, il proprio cesso ognuno è libero di arredarlo come meglio crede e, tuttavia, una precisazione s’impone. Napoleone, con la scelta del verde per le uniformi della Legione Lombarda e della banda del Tricolore, volle rendere omaggio visibile alla preesistente Milizia Urbana milanese, la cui divisa era di colore verde. La sua gratitudine nei confronti della Milizia era scaturita dal fatto che questa aveva retto in suo nome la città di Milano e poi, dopo la fuga del presidio militare austriaco e la dissoluzione dei pubblici poteri, l’aveva graziosamente consegnata nelle sue mani. Possiamo affermare, pertanto, che nel nostro Paese non esiste nulla di più padano del Tricolore! Piaccia o no, questa è la documentata vicissitudine della nostra bella Bandiera, perciò docenti, giornalisti e politici, in perenne lite con l’oggettività della storia, inizino a raccontarla giusta alle nuove generazioni. Anche perché, secondo alcuni, la storia è maestra di vita. A patto, però, che essa si studi.

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