Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Politica

REFERENDUM/1 SULLA BILANCIA

GIANFRANCO FABI - 25/11/2016

bilanciaPer il referendum costituzionale è stata una campagna elettorale fin troppo lunga, certamente intesa, ricca anche di occasioni perdute. Ma ancora pochi giorni e verrà il momento della scheda nell’urna.

Di buono c’è stata sicuramente la partecipazione e l’interesse che un tema così complesso, come la riforma costituzionale, ha saputo suscitare tra la gente. Lo ha dimostrato la partecipazione alla serata organizzata da Rmf a fine ottobre, così come il successo di vendite che hanno avuto i libri che hanno affrontato l’argomento dalle diverse prospettive.

Di meno buono c’è stata l’eccessiva politicizzazione di questo evento, il fatto di aver portato a considerare questa riforma come un voto di fiducia (o di sfiducia) al Governo. Il primo responsabile di questa deriva è stato lo stesso presidente del Consiglio che ha fin dall’inizio sottolineato come in caso di esito negativo avrebbe lasciato la politica. Una promessa ripetuta a più riprese e su cui sono saltati con impareggiabile opportunismo tutti gli oppositori del Governo Renzi, al di là del giudizio di merito sulla riforma.

Di buono c’è stato comunque il fatto che, nonostante tutto, i cittadini hanno potuto avvicinarsi ai valori di partecipazione civile, alla conoscenza dei meccanismi della politica, all’approfondimento delle caratteristiche delle istituzioni democratiche. È stata l’occasione anche per ricordare vicende, come quelle della fine della guerra e della Costituente, che ormai dopo settant’anni appartengono ad una storia che dovrebbe essere ancora maestra di vita.

Di meno buono ci sono stati i passi falsi, le polemiche strumentali, i pregiudizi ostentati come verità. A questo ha certamente contribuito anche la complessità della riforma, il fatto che sarà necessario rispondere con un sì o con un no ad elementi diversi, alcuni peraltro ancora tutti da chiarire come il sistema di elezione dei nuovi senatori scelti tra consiglieri comunale e sindaci. Allo stesso modo non è stato un elemento costruttivo il tira e molla sulla legge elettorale, il cosiddetto Italicum, prima considerato dal Governo un passo irrinunciabile verso la governabilità e poi rinnegato con la promessa di modificare la legge dopo il voto. Senza dimenticare che l’effetto congiunto (i giuristi lo chiamano “combinato disposto”) di superamento del bicameralismo paritario e riforma elettorale rischierebbe di dare un grande potere ad un partito che non necessariamente potrebbe rappresentare la maggioranza dei cittadini.

Di buono c’è stato il riconoscimento che la politica è comunque in grado di ammettere i propri errori e cercare di rimediarvi. Una parte della riforma non è infatti che la profonda revisione della riforma costituzionale sulle autonomie locali varata dalla maggioranza di centro-sinistra nel 2001.

Di meno buono c’è stata la superficialità di molte posizioni. Del sì difeso solo perché “dobbiamo dimostrare di saper cambiare”, del no sostenuto dalla volontà di “mandare a casa Renzi”. Dell’esaltare la scelta degli inglesi che hanno detto “no” all’Europa fino al coinvolgere per qualche strana analogia il presidente americano eletto.

***

La scelta è stata caricata da troppe attese. Non basterà certo un ritocco alla Costituzione a rimettere in marcia l’Italia se i comportamenti dei politici e dei cittadini continueranno ad essere ispirati da una superficialità che è peggio degli interessi personali. Così come non basterà mettersi di traverso al Governo per avviare una stagione di prosperità.

Il fronte del “no” peraltro è quanto di più composito e variegato si sia presentato nella recente storia italiana: dall’estrema destra all’estrema sinistra, passando dal populismo al qualunquismo, dagli autonomisti agli statalisti, da gruppi di cattolici a esponenti del sindacato e dei partigiani. In caso di vittoria del no saranno in molti a correre per mettere il proprio cappello sul risultato, magari sperando di prendere l’onda giusta per vincere in qualche modo alle prossime elezioni.

La realtà è che se il no ha qualche fondamento nelle numerose e innegabili lacune della riforma, è anche vero questa riforma presenta molti punti positivi. E la sconfitta del Governo aprirebbe la strada ad un periodo di instabilità e di incertezze politiche.

È questa realtà da mettere sui due piatti della bilancia. Oltre alla volontà dopo il 4 dicembre, qualunque sarà il risultato, di rimboccarsi le maniche e cercare nel nuovo scenario che si creerà tutte le strade possibili per il bene del Paese.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login