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Politica

REFERENDUM/4 UTOPISMO REALISTICO

MASSIMO LODI - 25/11/2016

Leopolda 6 Terra degli uominiChi gliel’ha fatto fare a Renzi d’inguaiarsi col referendum costituzionale? Nessuno. Che cosa ci guadagna la sua premiership a scendere su un campo così scivoloso e impervio? Nulla. Perché ha voluto rischiare un intero capitale politico quando, come ogni governante da settant’anni a questa parte, poteva tirare avanti, tirare a campare, tirare la corda per non tirare le cuoia? Già, perché?

Non certo -ne han già scritto altri/altre firme su questo giornale- a motivo di sorda presunzione, temeraria arroganza, smisurato ego. Volendo dar retta a tali richiami, il presidente del Consiglio e segretario del Pd si sarebbe comportato all’opposto. E allora? Buttiamola lì, sapendo d’incontrare obiezioni, ironie, sarcasmi: e se Renzi fosse semplicemente un idealista, uno che crede nel pensare in grande, un tipo non estraneo alla fiducia/fede nell’utopia?

Forse potrebbe trattarsi proprio e incredibilmente di questo, nel Paese dove dettano legge comportamenti di segno contrario: che Renzi non sia colpevole d’inseguire un interesse proprio, particolare, egoistico e sia invece tifoso della convenienza generale, popolare, democratica e non demagogica. Viene alla mente la celebre frase di Bertrand Russell, filosofo, pacifista, sostenitore del socialismo riformatore: “Gli innocenti non sapevano che il progetto che volevano realizzare era impossibile. E proprio per questo lo realizzarono”.

E perciò, remando controcorrente nel mare conformista, Renzi ha dato (dà) la sensazione di non sapere -e se lo sa, di far finta di non saperlo- che sia inattuabile nella diffidente, prevenuta, scettica Italia una revisione d’alcuni articoli costituzionali capace di ridurre il numero dei parlamentari, i costi per lo Stato, la complicazione/lentezza dei processi legislativi e altro ancora di cui non è qui il caso di dar conto. E giusto in virtù di ciò, lasciando perdere mero calcolo e quieto vivere, s’è dedicato (si dedica) alla stupefacente avventura.

Non è esagerato, l’uso d’un simile aggettivo. È invece realistico, qui tra di noi. Dove l’antico motto latino, ad impossibilia nemo tenetur, rappresenta l’unica preghiera quotidiana silenziosamente recitata dentro di sé dalla moltitudine degli avversi a un purchessia cambiamento, dagli ostili a privilegiare la conservazione invece del progresso, dai renitenti a puntare verso l’alto, dai tenaci a rifiutare il più timido fremito di coraggio, dagli ostinati a non credere, fortissimamente non credere, nella più sopra citata utopia. Come se fosse qualcosa di vago e irraggiungibile e non l’unica cosa in grado di rendere concreta e conseguibile qualunque altra. Specie se contraddittoria, paradossale, perfino scandalistica rispetto al grigiore della mugugnante consuetudine.

Ps/1. A proposito di mugugni. Il presidente del comitato del no che annunzia ricorso in caso di vittoria del sì, ma non nell’ipotesi contraria, perché il voto degli italiani all’estero non sarebbe garantito da segretezza, non ha bisogno di commenti. Ha bisogno solo di misericordia, anche se l’anno giubilare è terminato.

Ps/2. A proposito di mugugni. L’insulto cronico di Grillo a Renzi (serial killer, scrofa ferita, eccetera) non ha bisogno di commenti. Ha bisogno solo di misericordia, anche se l’anno giubilare è terminato.

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