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Cultura

UNA STORIA DELLA FOLLIA

LIVIO GHIRINGHELLI - 02/12/2016

foucaultAllievo di Jean Hyppolite all’École Normale Supérieure, Michel Foucault (1926-1984) si dedica a studi approfonditi di storia, filosofia e psicologia in Germania, Polonia, Svezia. Dal 1970 insegnerà Storia dei sistemi di pensiero presso il Collège de France.

Sua preoccupazione quella di sostituire alla storia delle scoperte e delle invenzioni teoriche quella delle trasformazioni della comprensione su due versanti problematici: indagare le condizioni a partire dalle sue regole di formazione e indagare i modi e i dispositivi capaci di produrre in un individuo una conquista nuova e inedita.

I saperi vanno collocati all’interno delle altre pratiche umane, non si deve fare ricorso a un soggetto postulato come trascendente o esterno al campo stesso, in quanto il soggetto si costituisce come interno al campo problematico di un sapere ed è prodotto dall’intreccio fra determinate tecnologie e determinate formazioni discorsive. Concetti chiave l’episteme e la formazione discorsiva (gruppi di enunciati caratterizzati dall’identità e dalla persistenza di determinati temi). La centralità del soggetto, che prende avvio col Rinascimento per culminare nelle scienze umane del nostro secolo, comporta che il soggetto sia concepito come un dato immediatamente positivo, nel tragitto continuo e lineare della storia intesa come l’esito della progettualità umana.

Di grande interesse per Foucault è la storiografia delle Annales, attenta alla storia solo apparentemente minore, rivolta agli aspetti collettivi e ai fenomeni di lunga durata, per indagare la storia segreta del potere nelle sue vaste e infinite ramificazioni.

Foucault pubblica nel 1961 il memorabile saggio Storia della follia in età classica, intesa come trasformazione della percezione sociale dell’alienato mentale dal XV al XVIII secolo (età classica). L’Hopital Général di Parigi, istituito nel 1656, inizialmente contenitivo e rieducativo, è divenuto istituzione ospedaliera nel senso attuale del termine, comportando la reclusione in un anno di 4000-5000 persone. Nel pieno Rinascimento il folle circolava ancora liberamente per la città (la follia non è che il rovescio oscuro della ragione,un doppio speculare).

Nel Medio Evo poi il malato mentale continuava a vivere all’interno della comunità, venendo solo più tardi rinchiuso e isolato. Il potere si è allora presentato come razionalità, che ha bisogno della figura del pazzo, dell’antagonista per delimitarsi e imporsi. In epoca moderna il folle diviene un oggetto scientifico sottoposto allo sguardo medico e il discorso medico si articola con quello pedagogico e con quello giuridico.

Nella Nascita della clinica (1963) col nuovo sguardo medico lo spazio percettivo si è ristrutturato, le forme della razionalità medica si immergono nel meraviglioso spessore della percezione, lo spazio dell’esperienza sembra identificarsi col dominio dello sguardo attento della vigilanza empirica, aperta all’evidenza dei soli contenuti visibili: l’occhio diventa il depositario e la fonte della chiarezza. Alla fine del XVIII secolo l’applicazione dello sguardo volta a volta desterà qualità, colore ecc. e li farà valere su uno sfondo di oggettività.

Del 1966 è l’opera Le parole e le cose: l’archeologia delle scienze umane si articola per Rinascimento, età classica, età moderna: genealogia del concetto d’uomo e tendenziale dissoluzione. Diversi i tipi di episteme che si configurano quali sistemi di concettualizzazione e di valori, per cui un’epoca rappresenta a se stessa le proprie produzioni culturali. Le fratture epistemologiche possono essere descritte e registrate, ma non spiegate, perché il loro prodursi è estraneo al sistema di autorappresentazione, che caratterizza ogni singola episteme.

In evidenza è il rapporto parole-cose, quale dissoluzione del legame naturale tra esse (di analogia nel Rinascimento, mentre nell’età classica l’esattezza del procedimento matematico caratterizza l’attività del soggetto rappresentativo; nell’età moderna, a seguito della nascita delle scienze umane, l’uomo da soggetto della rappresentazione diviene oggetto di un complesso di saperi (triedrio delle scienze umane), in cui si trova decentrato e infine liquidato. Del 1969 è Archeologia del sapere, esplicitazione dei presupposti metodologici di questa storiografia antiumanistica, in cui i dati storici figurano come reperti archeologici, escludendo il riferimento all’uomo, che conferisce una fittizia continuità alla storia.

L’ultimo decennio della speculazione di Foucault segna il passaggio dall’analisi delle procedure di trasformazione degli esseri umani in oggetti a quella della loro trasformazione in soggetti.

In Sorvegliare e punire (1975) e nella Volontà di sapere (1976) è affrontata l’analisi di una microfisica del potere, in cui questo non viene concepito come un’istanza centralizzante, ma come un insieme pluralizzato di relazioni, che trae forza, più che dalla repressione diretta, da meccanismi di censura e di gratificazione, che si valgono della complicità dei sottoposti e si identificano con lo stesso prodursi storico-sociale della verità. Il potere sorveglia, punisce, segrega, criminalizza, non irradiandosi da un’unica testa, ma lavorando al dettaglio, in modo microfisico; non è sopra, ma dentro la società, si insinua attraverso la disciplina e la sessualità nel corpo dei singoli; non è basato sulla pura repressione, sulla proibizione, sull’ideologia e sulla falsa coscienza; la verità non è al di fuori del potere, né senza potere ogni società ha il suo regime di verità. Nel XVIII secolo si verifica la sostituzione progressiva di una pena incorporea, che agisca più sull’anima rispetto alla somministrazione del dolore (tortura, forme del supplizio). Nell’economia dei diritti sospesi tutto un esercito di tecnici danno cambio al boia. Il carcerario naturalizza il potere legale di punire, come legalizza il potere tecnico di disciplinare.

Il Panopticon è una macchina per dissociare la coppia vedere-essere visti: alla periferia sta una costruzione ad anello, al centro una torre tagliata da larghe finestre; nell’anello periferico si è totalmente visti, senza mai vedere; nella torre centrale si vede tutto, senza mai essere visti. Nella Volontà di sapere il potere elettrizza il corpo e lo trasforma in un problema continuamente discusso. Il corpo è avvolto nelle spirali perpetue del potere e del piacere.

Nell’Uso dei piaceri e la cura di sé (1984) si presenta l’articolazione che si produce tra repressione del comportamento sessuale e confessione. Nel mondo antico pagano e cristiano il singolo ricorreva alla cura di sé, come legislatore della propria vita (ideale del saggio stoico d’età romana), in una specie di estetica dell’esistenza. Era un lavoro condotto da ciascuno su di sé, anche nel godimento dei piaceri. Col monachesimo si sviluppò un corpo di tecniche per costringere la carne a confessare i suoi peccati. IL cristiano ha la necessità di sondarsi per sapere chi è, dicendo agli altri gli errori porta testimonianza contro di sé. Postumo esce nel 1988 Tecnologie del sé, quale studio dei dispositivi teologici e giuridici incentrati sul rituale della confessione.

Lezione finale: il potere è oggi onnipervasivo, opera sui particolari, onde la necessità di scardinarlo; è una battaglia sul terreno accidentato e discontinuo dei focolai di insubordinazione, quella che si svolge, una guerra silenziosa che pervade il corpo sociale.

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