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Opinioni

AD EXCLUDENDUM GRILLUM

VINCENZO CIARAFFA - 09/12/2016

Grillo con responsabilità di governo?

Grillo con responsabilità di governo?

La sconfitta di Renzi è stata anche la sconfitta di gente come Giorgio Napolitano, regista occulto, e di Maria Elena Boschi, relatrice della proposta di modifica costituzionale, la quale in verità, ogni qualvolta apriva bocca sull’argomento, portava voti alla causa del fronte opposto. Per quanto i molti che fino a ieri hanno evocato scenari da Armaggedon in caso di vittoria del no, provano oggi a smarcarsi dal premier dimissionario, il risultato delle urne ha sconfitto Confindustria, i sindacati, le banche e l’Unione Europea, che per bocca di Martin Schulz si è consolata con la risicata vittoria degli europeisti in Austria. Grandi sconfitti sono invece i media che, per la terza volta in pochi mesi, non l’hanno imbroccata e, salvo rare eccezioni, si erano appiattiti sulla vittoria del si.

E’ presto per evocare futuri scenari politici, tant’è che, dopo aver ricevuto il dimissionario Renzi il giorno dopo le elezioni, il presidente Mattarella non è andato oltre un asettico comunicato che, in verità, sembra più un trattatello di galateo politico che non la dichiarazione di un capo di Stato dopo un avvenimento politico tipo Brexit: «L’alta affluenza al voto registratasi nel referendum è la testimonianza di una democrazia solida, di un Paese appassionato, capace di partecipazione attiva. L’Italia è un grande Paese con tante energie positive al suo interno. Anche per questo occorre che il clima politico, pur nella necessaria dialettica, sia improntato a serenità e rispetto reciproco. Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte». La ragione di tanta prudenza è, in una certa misura, capibile, anche se ci preoccupa un passo del comunicato: «… le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte». Beh, noi auspichiamo proprio di no, perché dopo l’esito elettorale quel “in ogni caso” suonerebbe come un beffardo “nonostante la volontà espressa dal popolo”!

Il guaio di Mattarella, comunque, è che il referendum gli ha consegnato un risultato che non si presta a equivoci, ma purtroppo non si presta neppure a facili soluzioni e immaginiamo che lui, piuttosto che affidare ai grillini l’incarico di formare un governo, si dimetterebbe.

Nel centrodestra, poi, le cose stanno all’incirca così. Berlusconi, per dovere di firma, ha condotto una scialba campagna elettorale a favore del no, mentre le sue televisioni facevano, invece, una sfacciata propaganda elettorale pro Renzi. Pochi giorni prima del voto, addirittura, l’ex Cavaliere ha definito questi come unico leader possibile in Italia e, poche ore prima del voto, ha aggiunto che se fosse stato in ancora in vigore il patto del Nazareno avrebbe perfino votato per il sì. E adesso ritiene che spetti al Pd formare un nuovo governo.

Matteo Salvini non riesce a uscire dal dilemma «Mi sposto su posizioni nazionaliste per conquistare gli elettori di centrodestra e perdo un pezzo della Lega, o mi accontento di fare il capo di un movimento locale?». L’indecisione di Salvini, peraltro, è stata la causa (non la sola in verità) della perdita della roccaforte varesina alle ultime amministrative. Questo stare in mezzo al guado dell’attuale segretario federale l’ha capito anche un sorprendente Bossi: «A me non piace la direzione che ha preso la Lega Nord e, per la verità, non ho nemmeno capito bene che direzione abbia preso». Al contrario di Berlusconi, Salvini è per andare subito a elezioni con qualsiasi legge elettorale.

Giorgia Meloni, presidente di “Fratelli d’Italia”, è anch’essa in mezzo al guado, non sapendo decidere se dar vita a una destra veramente moderna e liberale o, come spesso fa, continuare a imitare gli atteggiamenti risoluti della leader del Fronte Nazionale francese, Marine le Pen. La similitudine tra le due donne, però, è la stessa che esiste tra un gattino e la tigre dai denti a sciabola. Comunque anche la Meloni è per andare subito a elezioni.

Riassumendo, tra Berlusconi che pensa a una riedizione del Patto del Nazareno e Salvini e Giorgia Meloni che puntano, invece, a subitanee elezioni, nel centrodestra non esiste una visione univoca sulla risoluzione della crisi innescata dalle dimissioni del capo del governo.

Dopo Renzi che, probabilmente, si dimetterà materialmente soltanto dopo l’approvazione della legge di bilancio, in mano al Presidente della Repubblica restano cinque o sei carte da giocare che, però, non sono degli assi: Franceschini, Padoan, Grasso, Delrio, Gentiloni e – roba che farebbe arrabbiare tutti, destra, sinistra e centro – Romano Prodi. Domanda: sarebbe davvero così brutto chiamare i grillini, che pure rappresentano il 25% dell’elettorato, a condividere responsabilità di governo?

Per aumentare la “ammuina” ci mancava soltanto Clemente Mastella che, da Benevento, ha annunciato che «… di sicuro faremo qualcosa, assieme a qualcun altro, a livello nazionale. Per rispondere allo sfarinamento che si sta registrando, il momento richiede a chiunque di dare il suo contributo».

Povero Mattarella, non vorremmo essere nei suoi panni in questi giorni.

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